Corriere della Sera - Sette

Un uomo che parla alla folla di un paese impaurito

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La piazza di un paese della Sicilia, la macchina da presa sorvola lentamente le teste di una folla di cittadini radunati davanti al comizio del loro sindaco. Siamo tornati in dietro negli anni o forse ad un tempo che non è mai passato. È una carrellata lenta in avanti, accompagna­ta da una musica drammatica che cresce e diventa sempre più intensa. L’uomo che parla sul palco è attorniato da un piccolo plotone di individui di malaffare. Hanno tutti un sorriso falso stampato sul volto e curano con gli occhi le persone sottostant­i come le iene in attesa dei loro avanzi. Più ci avviciniam­o a lui e più lo vediamo trasfigura­re. La sua aria paciosa si trasforma in tracotanza, il tono della voce s’inaspri- sce diventando arrogante e infine minaccioso. La gente attorno sembra pietrifica­ta. L’inquadratu­ra dal basso lo fa sembrare quasi satanico. Le sue parole amichevoli contrastan­o con il fare aggressivo e il sangue che irrora i suoi occhi è dello stesso colore di quello che ha macchiato le vesti di tante vittime innocenti. Tornano gli spettri delle dittature, riaffiora la violenza, si palesa una minaccia che è sopravviss­uta alle guerre, alle invasioni, alle liberazion­i, all’omertà, al coraggio, alla paura, all’amore, all’odio e che ancora oggi tormenta la nostra terra.

- La soluzione a pag. 121

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