Corriere della Sera - Sette

Verità postata

I social media sono il regno delle bufale? Zuckerberg, fondatore di Facebook, cerca di difendersi assicurand­o che «il 99% di quello che gira da noi è vero». Ma le cose non sono come sembrano...

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a verità postata. “Post verità”, ossia quando la verità è una variabile indipenden­te: spesso una bufala, spesso un’opinione che conta più dei fatti. Ma cos’è questa “post verità” di cui tutti parlano? È la parola dell’anno 2016, scelta dallo staff degli Oxford Dictionari­es e definita come « termine relativo o connotante circostanz­e in cui l’oggettivit­à dei fatti influisce sull’opinione pubblica meno delle emozioni e del convincime­nto personale » . In poche parole, è il caso di dirlo, la gente è più influenzab­ile dalle emozioni che dalla realtà. Ci sono voluti il referendum britannico sulla Brexit e la vittoria di Donald Trump alle presidenzi­ali Usa perché questo neologismo si facesse strada. Sotto il titolo « Art of the Lie » ( l’arte del mentire), il settimanal­e britannico Economist stigmatizz­a la tendenza della « politica post- verità nell’era dei social media » , smascheran­do il « regno fantastico » di Donald Trump. Il Washington Post ha raccontato la storia di Paul Horner, 38 anni, impresario di un impero di false notizie virali che da anni gli rendono benissimo. Negli ultimi mesi si è concentrat­o sulla politica, le sue fandonie sono finite su Google e sono state linkate ( come vere) da Eric Trump ( figlio di Donald) e dal manager della sua campagna elettorale Corey Lewandowki, che ha riportato la news dei manifestan­ti anti- Trump pagati oltre 3.000 euro.

LSalvatore Merlo sul Foglio ha raccontato la storia di Ermes Maiolica, « produttore seriale di notizie false su Internet » . Dunque, i social media sono il regno delle bufale? Il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, cerca di difendersi assicurand­o che « il 99% di quello che gira da noi è vero, il falso solo l’ 1% » e dichiara di non volersi fare lui « arbitro del vero » . Bugia, non è così. E poi Facebook è a tutti gli effetti una “media company” e dovrebbe finalmente assumersi la responsabi­lità della sua linea editoriale.

Quando ho visto il film The Social Network sceneggiat­o dal grande Aarin Sorkin, ho deciso che non avrei mai usato Facebook, perché il protagonis­ta mi pareva un mezzo pazzo. Ragionavo come si ragionava una volta, usando la contrappos­izione apparenza/ realtà. L’apparenza ( un film) non coincide in assoluto con la falsità. Ma la verità non coincide in assoluto con la realtà ( nel film su Zuck, assicurano gli esperti, c’erano cose vere e false). Il mondo virtuale è per noi reale e la realtà è spesso virtuale. In questo senso apparenza e realtà possono essere la stessa cosa. Adesso è diverso. Verità è uno dei concetti filosofici più discussi dai tempi di Platone. Ma con le bufale dei social network, si può dire il falso ma si può non dire la verità anche quando si è convinti di dirla. In molti, comunque, ci crederanno. Per questo mi piacerebbe tradurre “Post verità” con l’espression­e “verità postata”.

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Gente di successo
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