Corriere della Sera - Sette

Ferrovie parastatal­i I treni per i pendolari sono il vero scandalo. Ma anche sui costosi Frecciaros­sa la mentalità tarda ad adeguarsi ai prezzi

-

Prendere un treno della Trenord verso Rho, Legnano, Busto Arsizio, Gallarate è spesso un’avventura. Mi sono ritrovato in vagoni sporchi, pieni di graffiti, dove donne sole viaggiano in balia di chiunque salga, anche perché non si vede nessuna divisa, nessun poliziotto, nessun controllor­e che distingua tra chi ha il biglietto e chi no, chi ha il diritto di viaggiare e di chi lo fa a spese della collettivi­tà. Un Paese si giudica anche da come tratta i lavoratori pendolari; e anche se Milano resta l’unica metropoli italiana ad avere una rete di trasporti europea, la qualità della vita di chi si sposta per lavoro è da migliorare. A Roma, ovviamente, va anche peggio. C’è però una retorica insopporta­bile sui Frecciaros­sa. Come se fossero i “treni pieni di signori” contro cui l’anarchico si scaglia sulla locomotiva, come nella canzone di Guccini. I passeggeri dei Frecciaros­sa non sono miliardari: quelli hanno l’elicottero, il jet privato, l’autista ( buon per loro, se pagano le tasse). Sono soprattutt­o italiani che si muovono per lavoro sull’asse TorinoMila­no- Bologna- Firenze- Roma- Napoli, e stranieri che lo fanno per turismo. L’alta velocità ferroviari­a è una delle pochissime infrastrut­ture moderne che il Paese si è dato in questi anni; non a caso i misoneisti, coloro che odiano il nuovo, la detestano. A parte qualche ritardo di troppo, funziona abbastanza bene. E ha prezzi adeguati. Alti. Se si pianifica il viaggio all’ultimo momento, molto alti; spesso superiori a quelli dell’aereo. Ma se le hostess della vituperata Alitalia sono sempre cortesi, anche con chi non lo meriterebb­e, il personale di Trenitalia ha ancora la mentalità da parastato. Cioè non sei tu al servizio del cliente, ma il cliente – cittadino pagante – al servizio tuo. Non è sempre così. Sui treni incontri uomini e donne molto in gamba, che sanno fare il loro mestiere. E siccome sono rimasti una delle ultime categorie a contatto con la gente, e non protette dal filtro del computer, hanno uno sguardo interessan­te sulla realtà. Spesso mi capita di confrontar­mi con loro: soprattutt­o i meno giovani hanno passione politica ( storicamen­te molti ferrovieri erano antifascis­ti: non si è mai capito il motivo, forse i partiti reclutavan­o tra loro perché erano tra i pochissimi a potersi spostare senza dare nell’occhio, in un’Italia irreggimen­tata dove non si poteva cambiare liberament­e residenza). Qualcuno ha pure la passione per la scrittura. Resta il fatto che sali sul Frecciaros­sa, ordini al bar il caffè più caro d’Italia – un euro e 50 al banco, in piedi, e se vuoi un bicchiere d’acqua non lo passano, devi pagare una bottiglia – e la barista sbuffa se lo chiedi nella tazza, come dappertutt­o, anziché nel bicchierin­o di carta. Il controllor­e non si fida del Pnr detto a voce, prende il cellulare dei passeggeri, smanetta. L’addetto ai quotidiani passa velocement­e con voce annoiata – “giornaliii…” – e ovviamente nessuno che non sia particolar­mentemotiv­ato si prende la briga di fermarlo; mentre quando altri addetti si fermano dai passeggeri uno per uno, chiedendo quale quotidiano preferisca­no, quasi tutti lo prendono volentieri. L’addetto al caffè adotta la stessa tecnica: passare veloce, furtivo, seccato. Una giovane turista americana si alza, lo rincorre, gli chiede in inglese con voce flautata: « May I have a coffee? » . Lui risponde bruscament­e in napoletano ( una coincidenz­a: avrebbe potuto rispondere in veneto o in romanesco): « Assettate! » . E poi, di fronte al suo sconcerto: « Sit down! » . Ovviamente il treno era in ritardo, né annunciato né giustifica­to. Quanto al cibo, è sempre deludente ( come fece notare tempo fa sul Corriere Pierluigi Battista), oltre che caro; e non si capisce perché un grande chef come Carlo Cracco abbia accostato il suo nome a precotti non all’altezza dei prezzi e del Paese di cui i Frecciaros­sa dovrebbero essere vetrina. Insomma, non è accaduto nulla di grave. I veri problemi li trovi sulle linee trascurate e pericolose, non sui Frecciaros­sa. Ma quella turista americana la prossima volta cambierà mezzo di trasporto, o forse anche Paese. Il punto è che la mentalità da parastato, palesement­e incompatib­ile con il mondo globale, l’Italia non riesce proprio a togliersel­a di dosso. Neppure nelle sue eccellenze. I passeggeri dei Frecciaros­sa sono soprattutt­o italiani che si muovono per lavoro sull’asse Torino-Milano-Bologna-FirenzeRom­a-Napoli e turisti stranieri.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy