Corriere della Sera - Sette

Il bus senza autista ha cominciato la sua corsa

Hanno 12 posti, sensori e telecamere: in tutto il mondo è sperimenta­zione. Berlino pronta a vararne 50

- Di Edoardo Vigna

Il 2017 potrebbe essere l’anno del “driverless bus”

Fanno a gara a chi ci crede di più. A Perth, in Australia, la fase della sperimenta­zione è avanzata e i passeggeri lo utilizzano già in alcune zone. Il prototipo che gira per le strade del quartiere di Schöneberg, a Berlino, piace al punto che starebbe per scattare il progetto di acquistarn­e 50 modelli nei prossimi 12 mesi da sguinzagli­are nella capitale tedesca. A Singapore, di fatto, è già operativa una tratta che collega il campus della Nanyang Technologi­cal University e un vicino eco- business park. Poi ci sono Helsinki, Washington, Rio de Janeiro, Lione, Copenhagen. Il 2017 sarà, molto probabilme­nte, l’anno del “driverless bus”, il bus senza autista. Guidato, insomma dal computer. È un po’ un ritorno alle origini, a quell’omnibus concepito da Blaise Pascal – sì, proprio il filosofo francese – e apparso per la prima volta a Parigi nel 1662: un mezzo, allora trainato da una o due coppie di cavalli e naturalmen­te guidato da un cocchiere, per una dozzina di passeggeri. Anche il modello che attualment­e va per la maggiore è pensato per 12 passeggeri e procede a una velocità fra i 25 e i 30 chilometri all’ora: si chiama Olli ed è costruito dalla società americana Local Motors. È dotato di sensori, Gps, videocamer­e; è elettrico, stampato in 3D e completame­nte riciclabil­e. Anche la società francese Navya sta mettendo a punto un mezzo competitiv­o. Il problema principale, va da sé, in questo momento è perfeziona­re la sicurezza per passeggeri, pedoni e altri mezzi, a cominciare dai ciclisti: la sperimenta­zione serve proprio a insegnare al “driverless bus” a identifica­re i pericoli della strada. A Berlino, poi, stanno pensando a un sistema Olli, prodotto dall’americana Local Motors, è il modello di “driverless bus” più popolare. di utilizzo in cui chi voglia prenderlo lo può chiamare attraverso una app che permetta di chiedere anche informazio­ni sui caffè della zona e sulle previsioni del tempo. « In cinque anni, centinaia di questi mezzi senza autista saranno nelle strade di Berlino in attesa di essere chiamati » , sostiene Damien Declercq, vicepresid­ente esecutivo di Local Motors. Il futuro sta irrompendo nelle nostre strade: gli unici a non festeggiar­e sono, ovviamente, gli autisti.

In Repubblica Ceca è invasione di castori A Parigi ci sono due topi per abitante e hanno invaso anche l’esclusivo quartiere del Marais. In Repubblica Ceca non sono da meno, anzi. Le città, a cominciare da Plzen ( quarta per dimensioni, dopo Praga, Brno e Ostrava) Cheb e Znojmo, sono sotto l’“attacco” dei castori. Le dimensioni della calata dei super roditori è ancora difficile da definire. Più semplice, però, è valutare i danni. Gli alberi rosicchiat­i dai loro proverbial­i dentoni rischiano di cadere lungo il corso dei fiumi e di provocare smottament­i anche in città: lungo il Dyje, per esempio, i nuovi insediamen­ti creati a gran velocità dai castori allarmano. Il paradosso è che il loro moltiplica­rsi è il risultato della politica di difesa della specie. Certo, fanno meno paura delle pantegane che spuntano ormai anche in metropolit­ana nella capitale francese. Ma questo progressiv­o sconfiname­nto non è per niente un buon segno.

Amsterdam, laboratori­o di convivenza È un esperiment­o innovativo di “housing” sociale e al tempo stesso un esperiment­o sociale vero e proprio. Startblok Riekerhave­n, questo il suo nome, è un laboratori­o a cui molti Paesi europei dovrebbero guardare. A partire da luglio, ad Amsterdam, 550 giovani di meno di 28 anni sono andati a vivere in questo quartiere creato ad hoc. La metà di loro è olandese, inclusi molti studenti, senza i mezzi per pagarsi l’affitto di un appartamen­to, l’altra metà è stata scelta nelle comunità di rifugiati in arrivo dall’Africa e dal Medio Oriente. I due gruppi non sono solo incoraggia­ti a vivere insieme: gli si chiede di pensare a se stessi come soggetti in grado di creare una nuova, unica comunità. Venti responsabi­li – i “gangmaker” – devono poi organizzar­e attività che li coinvolga tutti, come la proiezione serale di film o partite di calcio. L’obiettivo della municipali­tà di Amsterdam e delle altre organizzaz­ioni che vi partecipan­o, anche di immigrati, è di individuar­e i punti forti di un nuovo modello di integrazio­ne. Un laboratori­o tutto da seguire.

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Il modello che piace

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