Corriere della Sera - Sette

ControVers­o

«Mi libro fra l’alto, fra il basso,/ felice di quello che vedo,/ di fronte ai colori mi rianimo,/ nell’azzurro mi ricreo. […]// Memento mori! S’incontrano di frequente,/ non voglio continuare a dirle:/ perché dovrei, in una vita così breve,/ tormentart­i c

- di Nuccio Ordine

Frutto della straordina­ria amicizia tra il regnante Karl August e Goethe, sono un gruppo di poesie concepite per il cinquantes­imo giubileo del governo del duca di Weimar nel 1825. Per l’occasione, il grande poeta espone nella sua casa di Frauenplan alcuni quadri simbolici da lui ispirati ( pubblicati poi, assieme ai relativi commenti, in appendice al volume commemorat­ivo « Weimars Jubelfest am 3ten September 1825 » ) . Si tratta di un esperiment­o fondato sul cortocircu­ito iconatesto che ricorda il genere degli “emblemi” ( nato nel Cinquecent­o per opera di Andrea Alciato e che ebbe una grande diffusione europea), in cui un’immagine allegorica ( il corpo), un motto ( l’anima) e, talvolta, dei versi concorrono a costituire un’unica entità. Tra le rappresent­azioni weimariane, spicca anche quella di un giovinetto alato ( genio) che, in alto, indica con la mano sinistra elevata il cielo e con la destra, verso il basso, la Terra. Oltre al commento, Goethe dedica a questa figura tre brevi componimen­ti datati 1826. Nel primo, è descritta la gioiosa ascesa del genio ( « Mi libro fra l’alto e il basso,/ felice di quello che vedo » ) che esprime la sua commozione per le stupende visioni di cui gode ( « di fronte ai colori mi rianimo,/ nell’azzurro mi ricreo » ) : di giorno è attratto dal fascino delle montagne ( « E se di giorno il lontano/ d’aerei monti mi attrae » ) e di notte dalla meraviglio­sa bellezza delle stelle ( « di notte sopra il mio capo/ arde una splendida folla di stelle » ) . Il sublime spettacolo naturale ci aiuta a liberarci dagli angusti spazi terreni e dalle misere preoccupaz­ioni quotidiane per dare un senso etico alla nostra esistenza: « ogni giorno e ogni notte il destino/ dell’uomo continuo a lodare,/ se per sempre pensa al bene,/ sarà per sempre bello e grande » . Contemplan­do la grandiosit­à del cosmo e pensando noi stessi come una piccola parte del tutto, è possibile capire che la vita può avere senso solo se prendiamo coscienza della responsabi­lità morale che ci lega alla natura e all’umanità intera. Ma la riflession­e di Goethe non ha nulla di mistico. Al contrario: ci incoraggia ad agire in questo mondo, senza lasciarsi distrarre dalla promessa di altre vite altrove. Nel secondo componimen­to, come ha ricordato magistralm­ente Pierre Hadot, il poeta rovescia un secolare punto di vista: non possiamo vivere all’insegna del « memento mori » ( ricordati che devi morire). Il volo del genio verso l’alto, invece, è un monito al « memento vivere » : l’afflato tra umanità e universo, l’esperienza del sublime nella natura, non solo ci liberano dalla paura della finitudine ( « perché dovrei in una vita così breve,/ tormentart­i con il tuo limite? » ) , ma ci fanno capire che la dignità umana coincide con il prendersi cura dei nostri simili. L’esistenza merita di essere vissuta di per sé. Basta un attimo eccezional­e, un’occasione insperata, per capire che le cose terrene possono essere fonte di un’intensa felicità, incitando l’io ad andare oltre se stesso per mettersi al servizio degli altri. Un inno alla vita e alla solidariet­à, contro gli egoismi che oggi dominano l’Europa e il mondo.

 ??  ?? Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), Poesie su quadri simbolici, in Tutte le poesie, edizione diretta da Roberto Fertonani, con la collaboraz­ione di Enrico Ganni, premessa di R. Fertonani, Mondadori, v. II, t. I, p. 843.
Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), Poesie su quadri simbolici, in Tutte le poesie, edizione diretta da Roberto Fertonani, con la collaboraz­ione di Enrico Ganni, premessa di R. Fertonani, Mondadori, v. II, t. I, p. 843.
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