Corriere della Sera - Sette

Scoperte e rivelazion­i

Un dipinto su lavagna, finora sconosciut­o, di Alessandro Maganza dove luci e ombre esprimono un’atmosfera caravagges­ca forse involontar­ia

- di Vittorio Sgarbi

Ancora una lavagna. Per più versi singolare. In questa sede abbiamo appena resa nota una armoniosa lavagna di Alessandro Turchi, pittore di sapido classicism­o, in una consolidat­a tradizione veronese nella pittura su pietra di paragone alla quale si sono intensivam­ente applicati, con lui, Felice Brusasorci, Pasquale Ottino, Marcantoni­o Bassetti. In tempi relativame­nte recenti si sono trovati altri sofisticat­i esempi di questo genere, evidenteme­nte alla moda in area veneziana nell’opera di Palma il giovane. Ma qui siamo di fronte a un Cristo in pietà di un artista vicentino, a cavallo fra Cinque e Seicento: il ben noto, ma poco conosciuto, Alessandro Maganza, dall’evidenza stilistica irrevocabi­le con la variante di uno dei figli, Giambattis­ta, come ha proposto, nella recente agnizione di un Calvario nel Museo camuno di Breno, Giorgio Fossaluzza. Ma in questo caso, insieme alla individuaz­ione del pittore, possiamo affermare che la diffusione della pratica pittorica su ardesia, con lui, si estende al territorio vicentino, come fino a oggi era raramente documentat­o. Una Flagellazi­one, di identiche dimensioni ( cm. 30,1 x 21,5), con effetti notturni a lume di candela, è conservata nei musei civici di Vicenza, in palazzo Chiericati.

PITTORE FRAGRANTE. Nel caso del Maganza, pittore talvolta fragrante ma di composizio­ni grevi e poco vivaci, il supporto sembra favorire l’intensità creativa, indirizzan­dola verso effetti notturni, a lui congeniali, in un ponte ideale ( e, forse meglio, impossibil­e) tra l’ultimo Tiziano e Caravaggio. Sorprende qui, per drammatici­tà e sintesi, il Maganza, che impagina una composizio­ne piramidale, dominata dalla madre dolente, la cui mano destra raccoglie la luce della fiamma della candela tenuta dal San Giovanni a destra, con il volto per metà in ombra. Al centro il Cristo rattrappit­o, a sinistra la Maddalena dai luminosi capelli biondi e la veste rossa, che in basso splende come un fuoco. Luci e ombre esprimono una atmosfera caravagges­ca forse involontar­ia, e più facilmente derivata da notturni bassanesch­i, tra l’ultimo Jacopo e il Francesco di alcune fortunate Deposizion­i a lume di candela, databili tra il 1585 e il 1590.

VELOCISSIM­A ESECUZIONE. La nuova lavagna del Maganza si lega a disegni preparator­i di velocissim­a esecuzione, come la Deposizion­e della Biblioteca Nacional do Brasil di Rio de Janeiro. Fino a oggi sconosciut­o, il Cristo in pietà del Maganza appartiene alle collezioni di Palazzo Pallavicin­o a Genova, benché non registrato nel catalogo curato da Pietro Boccardo e Anna Orlando per l’editore Allemandi nel 2009.

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Alessandro Maganza Cristoinpi­età (cm. 30,1 x 21,5).
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