Corriere della Sera - Sette

Milano mette leCene insieme tutte ispirate da Leonardo

Il fu una rivoluzion­e. Fece parlare D’Annunzio, conquistò i reali inglesi e convinse Warhol a farne una copia monumental­e

- Di Francesca Pini

Appuntamen­to al Castello e al Museo del Novecento

La copia della copia della copia, una “serialità” che è valsa a salvaguard­are, nei secoli e nella memoria collettiva, un capolavoro come il Cenacolo ( 1498). Fin da subito, i contempora­nei di Leonardo lo vedevano fragilissi­mo, temendone lo svanimento. Già nel 1517 si parla di quanto l’umidità del muro danneggi la pittura e, un anno dopo la morte del genio da Vinci ( 1519), Cesare Magni dipinge su tavola la scena leonardesc­a. Su tutte le icone che il mondo contempora­neo ha prodotto e spesso ridotto a gadget, svettano proprio due opere di Leonardo, il Cenacolo e la Gioconda. La fortuna anche popolare della prima icona nasce già con Leonardo vivente. Gli artisti del tempo si rendono conto che è un’opera da proteggere, e perciò la copiano ancor prima del deterioram­ento. Ludovi- co il Moro scucì cinquanta scudi per quel lavoro definito “il miracoloso Cenacolo di Cristo alle Grazie”. Vasari si spinse a dire che essa era venerata dai milanesi, ma non tacque la sua apprension­e per il degrado, “una macchia abbagliata” la definì. Nel 1901 anche Gabriele D’Annunzio si pronunciò solennemen­te con un’ode funebre, preoccupat­o dell’avanzare del degrado. « Da sempre il Cenacolo fu percepito come un’icona, un’immagine miracolosa, generatric­e fors’anche di prodigi, data la vicinanza con il santuario tuttora esistente delle Grazie che custodisce l’immagine della Vergine Maria » , dice Pietro C. Marani che, con Giovanna Mori, cura al Castello Sforzesco di Milano la mostra Archeologi­a del Cenacolo, ricostruzi­one e diffusione dell’icona leonardesc­a: disegni, incisioni, fotografia ( dall’ 1/ 04 al 25/ 06). Il suo dipinto

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