Milano mette leCene insieme tutte ispirate da Leonardo
Il fu una rivoluzione. Fece parlare D’Annunzio, conquistò i reali inglesi e convinse Warhol a farne una copia monumentale
Appuntamento al Castello e al Museo del Novecento
La copia della copia della copia, una “serialità” che è valsa a salvaguardare, nei secoli e nella memoria collettiva, un capolavoro come il Cenacolo ( 1498). Fin da subito, i contemporanei di Leonardo lo vedevano fragilissimo, temendone lo svanimento. Già nel 1517 si parla di quanto l’umidità del muro danneggi la pittura e, un anno dopo la morte del genio da Vinci ( 1519), Cesare Magni dipinge su tavola la scena leonardesca. Su tutte le icone che il mondo contemporaneo ha prodotto e spesso ridotto a gadget, svettano proprio due opere di Leonardo, il Cenacolo e la Gioconda. La fortuna anche popolare della prima icona nasce già con Leonardo vivente. Gli artisti del tempo si rendono conto che è un’opera da proteggere, e perciò la copiano ancor prima del deterioramento. Ludovi- co il Moro scucì cinquanta scudi per quel lavoro definito “il miracoloso Cenacolo di Cristo alle Grazie”. Vasari si spinse a dire che essa era venerata dai milanesi, ma non tacque la sua apprensione per il degrado, “una macchia abbagliata” la definì. Nel 1901 anche Gabriele D’Annunzio si pronunciò solennemente con un’ode funebre, preoccupato dell’avanzare del degrado. « Da sempre il Cenacolo fu percepito come un’icona, un’immagine miracolosa, generatrice fors’anche di prodigi, data la vicinanza con il santuario tuttora esistente delle Grazie che custodisce l’immagine della Vergine Maria » , dice Pietro C. Marani che, con Giovanna Mori, cura al Castello Sforzesco di Milano la mostra Archeologia del Cenacolo, ricostruzione e diffusione dell’icona leonardesca: disegni, incisioni, fotografia ( dall’ 1/ 04 al 25/ 06). Il suo dipinto