Pierluigi Panza
Fisici contorti, saffici: per fermare l’istante in cui avveniva un movimento. L’artista francese ha mescolato mitologia e allegoria nelle oltre 200 opere ora esposte al Grand Palais
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Lavorare con la natura, lavorare con i propri occhi » diceva quell’architetto del corpo umano che fu Auguste Rodin del quale quest’anno, la Francia, celebra i cent’anni dalla morte. Si servì dei corpi umani, specie quelli delle donne, manipolandoli, trasformandoli attraverso una ginnastica sospesa tra “sadomaso” e spiritualità arcaica. L’architettura classica dei suoi torsi si fonde con quella gotica dei muscoli sino a modellare un sogno in pietra o in bronzo. Nel suo studio lavorava a lume di candela, drammatizzava la scena dei corpi quando gli amici andavano a trovarlo. Corpi contorti, corpi saffici, un’imbarazzante Maddalena sul corpo di Cristo: sono forme di un amore che vola via. Questo era Rodin: fermare l’istante. Una mostra al Grand Palais, Rodin L’exposition du centenaire ( dal 22 marzo al 31 luglio, prodotta da Musée Rodin e Réunion des musées nationaux, allestimento di Didier Blin), altre minori nel Paese, almeno quattro libri ( Rodin. Le livre du centenaire di Catherine Chevillot e Antoinette Le Normand- Romain; Rodin. L’album du centenaire di Wassili Joseph; Tout autour de Rodin - livre jeunesse di Marie Sellier e Hélène Pinet; Rodin. L’invention permanente, di Catherine Chevillot) ricordano questo padre della scultura del ‘ 900, maltrattato dall’accademia ( manco a dirlo) che mise a punto la sua vocazione tra Bruxelles e la Ciociaria, due universi così lontani che si fondano quando Anna Abbruzzese inizia a posare per La toletta e la Nascita di Venere. Ossessionato nel scegliere e spogliare modelle, annoverò tra le sue avventure quella con Camille Claudel: un bronzo di Rodin raffigura lei e uno di Camille lui. Ne uscì pazza, la giovane, e non tanto meglio Rose Beuret, una vita insieme all’artista ma sposata due settimane prima della di lei morte. La mitologia e l’allegoria, filtrate dall’idea A sinistra, un’opera in bronzo realizzata in un lungo arco di tempo, quasi venticinque anni, tra il 1880 e il 1904.