Corriere della Sera - Sette

Calciatori antichi

Gigi Garanzini ha scritto la Spoon River dei grandi campioni del passato, la Nazionale del mondo e ci sono tutti: Biavati, Didì, Di Stefano, Zamora...

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Le storie di calcio sono un genere letterario a parte. Lo dico da tempi non sospetti. L’incredibil­e conferma è venuta dalla partita di ritorno di Champions tra Paris Saint- Germain e Barcellona, il più bel romanzo degli ultimi tempi. Roba da Osvaldo Soriano, il Maradona della macchina da scrivere. Un altro avvincente romanzo me lo aspettavo dalla partita tra Napoli e Real Madrid. L’ho vista in un pub con Cesare Fiumi, che è stato mio compagno di banco al Corriere e che ha molto scritto di calcio ( i deliziosi racconti di Storie esemplari di piccoli eroi). La gara era iniziata da pochissimo, il Napoli imperversa­va, il Real boccheggia­va, e Cesare ha detto: « Ramos è in grande forma » . Lì per lì mi è parsa una osservazio­ne incongrua ( il Napoli stava impartendo una lezione di calcio). Poi il capitano del Real ha fatto la doppietta e ho capito che la frase di Cesare non era una frase qualsiasi ma una divinazion­e. Questa settimana parlo di Il minuto di silenzio, il libro di Gigi Garanzini, narratore di calcio di lungo corso. Garanzini racconta i campioni morti alla maniera delle lapidi di Spoon River. Apritelo a caso, leggete e non resterete delusi. Ecco l’epitaffio di Amedeo Amadei, leggendari­o centravant­i della Roma. Fu quasi squalifica­to a vita per un calcio a un guardaline­e ( ma non glielo aveva tirato lui). Quando dalla capitale si trasferì all’Inter pretese un codicillo al contratto: non sarebbe sceso in campo contro la Roma se la sua vecchia squadra si fosse trovata in difficoltà di classifica. Lui non era mica un Giuda. Altra lapide: l’argentino Cesáreo Onzari, colui che il 2 ottobre 1924 segnò il primo gol direttamen­te da corner nella storia del pallone. Accadde durante l’amichevole Uruguay- Argentina. In realtà, fu una corrida: gli uruguaiani ruppero tibia e perone all’argentino Celli. Uno di loro tirò un pugno a un poliziotto e finì al commissari­ato. I compagni abbandonar­ono il campo per solidariet­à. Game over. Gastone Zanon, capitano del Padova di Rocco, non lo portarono mai in commissari­ato. Avrebbero dovuto farlo. Zanon, mingherlin­o, era l’incubo dell’atletico centravant­i Guglielmo Gabetto ( uno dei martiri di Superga). Perché Gabetto lo temesse, Zanon lo spiegava ogni volta che gli veniva presentato qualcuno: « Piacere, Gastone Zanon. Questa mano che le ho porto ha avuto l’onore di stringere i coglioni di Guglielmo Gabetto » . Ultima storia tra le tante raccontate da Garanzini, quella di Raf Vallone ( 1916- 2002), secondo me la più bella biografia italiana del Novecento. Vallone cominciò come calciatore. A 18 La formazione del Torino che vinse la Coppa Italia nel 1936, il terzo in piedi da sinistra è Raf Vallone, poi partigiano, giornalist­a dell’Unità e attore, uno dei protagonis­ti della Spoon River del pallone di Gigi Garanzini (foto nella pagina accanto).

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In piedi
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