Milano all’altezza del C.
Il punto di vista di una persona in sedia a rotelle. Sarete proiettati al livello del lato B delle persone che camminano su due gambe
MI PRESENTO PER CHI NON MI CONOSCESSE. Sono un giornalista, scrivo per il settimanale femminile del Corriere
della Sera, Io donna, e firmo il blog che parla di disabilità, Invisibili.corriere.it. Sono un marito e un padre, affidatario, di una ragazza orfana di 21 anni di origine ucraina. Sono anche un disabile, per cortesia dimentichiamo i termini handicappato, un po’ troppo rude, o diversamente abile, perché guardandomi intorno spesso mi domando abile diversamente da chi? Sono diventato disabile “grazie” a un pirata della strada che non rispettando uno stop mi ha falciato in moto 15 anni fa. Sono uno dei 1.500 giovani all’anno che per un incidente, per un tuffo in acque troppo basse o una malattia, è diventato paraplegico, ovvero non muove gambe e parte del tronco perché ha lesionato la spina dorsale. In pochi secondi sono passato da un’altezza di 185 a 130 centimetri. Una bella discesa… agli inferi. Ed è da questa caratteristica che prende il via l’idea di corriere.it di inserire me tra i personaggi da“riprendere” in soggettiva. Come? Adesso spiego.
UN PAIO DI TELEFONATE. UN PAIO di sopralluoghi. un’oretta per vestire l’imbragatura, tre ore per girare varie clip in giro per Milano con un caschetto costellato di videocamere Go pro che hanno ripreso ciascuna un“angolo” del percorso prescelto. Ogni angolo è stato unito agli altri per formare un video navigabile a 360°. L’itinerario? Prima tappa al Castello Sforzesco, poi via Dante, la galleria Vittorio Emanuele, piazza Duomo, una rapida visita del Museo del Novecento. La tipica passeggiata mordi e fuggi del turista con poco tempo e tanta voglia di vedere i siti più importanti di Milano. Un percorso che per una
La galleria Vittorio Emanuele: un giro alla scoperta di una città diversa
persona con disabilità presenta poche difficoltà. Una scelta non casuale. Non si volevano denunciare i casi di barriere architettoniche, che comunque abbiamo incontrato, ma concentrare l’emozione del “visualizzatore” sull’esperienza. Già, perché da qui giù si gode, si fa per dire, un panorama molto differente.
IN UNA CITTÀ ITALIANA, COME MILANO, tutto è pen
sato per chi cammina: dal bancomat al bar. Immaginatemi accanto a un bancone che mi sovrasta mentre prendo
una tazzina di caffè per colazione – sempre che si riesca ad entrare nel bar superando la classica soglia d’ingresso rialzata di 15 o 20 cm: sembro uno di quei bambini che si sollevano in punta di piedi e raggiungono l’oggetto del desiderio. Poco male, non potendo entrare in moltissimi negozi, risparmio. Si vede che i negozianti, che si lamentano del fiorire di centri commerciali (spesso i luoghi più accessibili delle città), non hanno bisogno del denaro di alcuni dei 2,6 milioni di disabili italiani, per la precisione quasi 800 mila “ruotanti”, altrimenti una pedana asportabile in legno (per i più green) o un lamierino avrebbero già fatto la loro comparsa. In periferia come nel centro cittadino, in via Rizzoli dove c’è la sede della Rcs Periodici come nella centralissima via Dante o in galleria Vittorio Emanuele, non c’è differenza. Perché quando si vive all’altezza del culo delle persone (sorry) le cattive sorprese sono all’ordine del giorno. Sembra di essere Neo, Keanu Reeves, nel film Matrix quando le persone gli si fanno incontro quasi non lo vedessero e gli sbattono addosso. Sorprendendosi, nel mio caso, di aver urtato qualcosa di basso oppure scostandosi all’ultimo momento indecisi su quale direzione prendere per non essere investiti da quell’oggetto non identificato con quattro ruote (le ruote sono quattro anche se in molti non vedono quelle più piccole davanti). Perché, non so se avete mai riflettuto, è la società e l’ambiente che fanno la disabilità: in un luogo accessibile e in una società dove le diversità non sono additate od occhieggiate con diffidenza, le differenze si annullano. E basta un gesto.
RICORDATE IL DETTO:“Milano ti accoglie con il cuore in mano”? È vero, ben al di là della figura del Milanese imbruttito che tanto successo ha sui social e che prende in giro i vezzi snob degli abitanti dentro e fuori i bastioni, nel capoluogo meneghino il mondo del volontariato e dell’associazionismo è molto sviluppato. Ma perché quando sono in difficoltà o per salire un gradino che per me è una barriera insormontabile, gli unici che mi chiedono se ho bisogno di una mano sono i migranti? Non ci credete? Guardate qui: http://video.corriere.it/video360/.