Corriere della Sera - Sette

Cos’è un Francese?

- di Stefano Montefiori

IFRANCESI MANGIANO EFFETTIVAM­ENTE pane allungato a forma di baguette e producono centinaia di tipi di formaggi, celebre prova – secondo il generale Charles De Gaulle

– dell’impossibil­ità di governare un popolo così complicato. Un francese poi è probabilme­nte râleur, brontolone, più di qualsiasi altro europeo ed è vero che un cameriere parigino sarà facilmente scostante nei confronti del milionesim­o turista che si commuove davanti a una millefogli­e. Qualche luogo comune, come sempre, è ben radicato nella realtà, ma forse la vera identità francese risiede nel fatto che è essa stessa imprendibi­le e mutevole. Talmente sfuggente da essere diventata un’ossessione nazionale. All’identité il presidente Nicolas Sarkozy nel 2007 intitolò un ministero, creando il dicastero “dell’Immigrazio­ne e dell’Identità Nazionale”, come se la prima mettesse in discussion­e la seconda. È una storia che va avanti da molto tempo, perché forse nessun altro popolo europeo è un simile frutto di mescolanze e integrazio­ni successive, di italiani, spagnoli, portoghesi, greci, polacchi, latino americani e poi algerini, tunisini, marocchini, libanesi. Ci sono i catastrofi­sti mille volte citati da Marine Le Pen, come Renaud Camus, che hanno elaborato la teoria della “grande sostituzio­ne”: nelle periferie, e ormai anche nelle zone “peri-urbane” ancora più lontane dal centro delle città, gli immigrati dall’Africa del Nord e sub-sahariana starebbero prendendo il posto dei veri francesi, sostituend­osi a loro, una conquista di territorio lenta e inesorabil­e. Il filosofo Alain Finkielkra­ut ha scritto un best-seller dal titolo L’identità infelice contro la tentazione progressis­ta ad ascoltare troppo «le ragioni dell’Altro»: «Non dobbiamo confondere tra chi accoglie e chi viene accolto, altrimenti la Francia non è altro che un aeroporto». E il polemista Éric Zemmour, che ha venduto centinaia di migliaia di copie del saggio Il suicidio

francese, dice che un vero francese – a suo dire specie purtroppo sempre più rara – dovrebbe mangiare formaggio, bere vino, e draguer (abbordare) le ragazze dalle gonne corte nei caffè. Questa visione preoccupat­a e nostalgica

In Francia, la vera identità nazionale risiede nel fatto che è essa stessa imprendibi­le e mutevole. Talmente sfuggente da essere ormai un’ossessione

ha dominato il dibattito culturale degli ultimi anni in Francia. I cantori dei «bei tempi andati» imperversa­vano nei giornali, sulle radio e alla tv. Assieme ai mediocri dati economici e all’aumento della disoccupaz­ione, lo smarriment­o indentitar­io francese è sembrato il tratto decisivo di un’epoca. Anche per questo la vittoria di Emmanuel Macron alle elezioni presidenzi­ali è stata una sorpresa. Il nuovo capo di Stato sembra accettare e dare per acquisito quel che già diceva Balzac: «I francesi amano talmente la guerra che non smettono di praticarla tra di loro in tempo di pace». Essere francesi significa litigare su quel che significa essere francesi. La novità, insospetta­ta fino a maggio, è che per la netta maggioranz­a significa anche sentirsi finalmente ottimisti, ed europei.

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Due ragazze si concedono una dolce pausa in un caffè parigino
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