Cos’è un Francese?
IFRANCESI MANGIANO EFFETTIVAMENTE pane allungato a forma di baguette e producono centinaia di tipi di formaggi, celebre prova – secondo il generale Charles De Gaulle
– dell’impossibilità di governare un popolo così complicato. Un francese poi è probabilmente râleur, brontolone, più di qualsiasi altro europeo ed è vero che un cameriere parigino sarà facilmente scostante nei confronti del milionesimo turista che si commuove davanti a una millefoglie. Qualche luogo comune, come sempre, è ben radicato nella realtà, ma forse la vera identità francese risiede nel fatto che è essa stessa imprendibile e mutevole. Talmente sfuggente da essere diventata un’ossessione nazionale. All’identité il presidente Nicolas Sarkozy nel 2007 intitolò un ministero, creando il dicastero “dell’Immigrazione e dell’Identità Nazionale”, come se la prima mettesse in discussione la seconda. È una storia che va avanti da molto tempo, perché forse nessun altro popolo europeo è un simile frutto di mescolanze e integrazioni successive, di italiani, spagnoli, portoghesi, greci, polacchi, latino americani e poi algerini, tunisini, marocchini, libanesi. Ci sono i catastrofisti mille volte citati da Marine Le Pen, come Renaud Camus, che hanno elaborato la teoria della “grande sostituzione”: nelle periferie, e ormai anche nelle zone “peri-urbane” ancora più lontane dal centro delle città, gli immigrati dall’Africa del Nord e sub-sahariana starebbero prendendo il posto dei veri francesi, sostituendosi a loro, una conquista di territorio lenta e inesorabile. Il filosofo Alain Finkielkraut ha scritto un best-seller dal titolo L’identità infelice contro la tentazione progressista ad ascoltare troppo «le ragioni dell’Altro»: «Non dobbiamo confondere tra chi accoglie e chi viene accolto, altrimenti la Francia non è altro che un aeroporto». E il polemista Éric Zemmour, che ha venduto centinaia di migliaia di copie del saggio Il suicidio
francese, dice che un vero francese – a suo dire specie purtroppo sempre più rara – dovrebbe mangiare formaggio, bere vino, e draguer (abbordare) le ragazze dalle gonne corte nei caffè. Questa visione preoccupata e nostalgica
In Francia, la vera identità nazionale risiede nel fatto che è essa stessa imprendibile e mutevole. Talmente sfuggente da essere ormai un’ossessione
ha dominato il dibattito culturale degli ultimi anni in Francia. I cantori dei «bei tempi andati» imperversavano nei giornali, sulle radio e alla tv. Assieme ai mediocri dati economici e all’aumento della disoccupazione, lo smarrimento indentitario francese è sembrato il tratto decisivo di un’epoca. Anche per questo la vittoria di Emmanuel Macron alle elezioni presidenziali è stata una sorpresa. Il nuovo capo di Stato sembra accettare e dare per acquisito quel che già diceva Balzac: «I francesi amano talmente la guerra che non smettono di praticarla tra di loro in tempo di pace». Essere francesi significa litigare su quel che significa essere francesi. La novità, insospettata fino a maggio, è che per la netta maggioranza significa anche sentirsi finalmente ottimisti, ed europei.