Cos’è uno Scandinavo?
I danesi amano l’aringa alla ciliegia, gli svedesi la fricassea d’alce e i norvegesi il merluzzo alla soda
IIN FINLANDESE, AMORE si dice rakkaus. In norvegese, kjaerlieghet. In islandese, àst. In svedese, karlek. In groenlandese, asannissuseq. Almeno sui dizionari, non c’è granché in comune fra le genti del Nord. E così in cucina: i danesi adorano l’aringa alla ciliegia, gli svedesi l’aig grytta, la fricassea d’alce, e i norvegesi il lutefisk, il merluzzo marinato nella soda, specialità di un paesino nelle isole Lofoten che si chiama Ä e basta. Vale anche per cose più gravi: i finlandesi si sono tuffati nell’Unione Europea, i norvegesi e gli islandesi restano fuori, i danesi seguono l’esempio del loro Amleto e stanno con un piede sulla soglia, europei ma non troppo. Ma per il resto, le radici comuni ci sono, eccome: dagli avi vichinghi – che non sono paccottiglia folk, schiere di professori li studiano ancora – alle classifiche mondiali del benessere, che da sempre vedono in testa quelle nazioni. Alla pianta della (social) democrazia e del welfare evoluto in flexisecurity (ti possono licenziare, ma poi lo Stato ti aiuta) che lassù ancora fiorisce. A Oslo come a Reykjavik, si vota in massa per il Parlamento come per il circolo della caccia del più sperduto villaggio: «libertà e partecipazione», Gaber lo diceva cantando e sarà banale, ma proprio questo sta nel cuore di ogni scandinavo. E se esistesse un Trump nordico malvisto da molti, non verrebbe mai eletto perché non avrebbe l’appoggio trasversale degli astensionisti, come invece accaduto negli Usa. Il nome Scandinavia spetta storicamente solo a Norvegia, Svezia e parte della Finlandia. Ma oggi comprende anche Danimarca, Islanda e Groenlandia. Viene, sembra, dalla dea Skadi, patrona di neve e foreste. La neve sta però sparendo con il riscaldamento del clima, che Trump ci creda o no: così lapponi e renne salgono al Nord, e gli occhiuti sommergibili russi guardano a Sud con sempre più affettuosa attenzione. Questo, i vichinghi non lo avevano previsto. Ma il ruolo delle donne, sì: già nel 975 , dicono le saghe, la signora Hallgerour Hoskuldsdòttir rifiutava di salvare la vita al marito perché anni prima lui le aveva appioppato uno schiaffo. L’Islanda – prima al mondo per l’uguaglianza uomo-donna – ha avuto una premier donna e lesbica, Jòhanna Sigurdardottir, come è donna e lesbica il vescovo luterano di Stoccolma, Eva Brunne, madre di un bambino condiviso con la sua compagna sacerdote. La Scandinavia è odor di pini e di stoccafisso, aurore boreali e cupe ombre: in Norvegia, bastione di democrazia, vive Anders Breivik, nazista che nel 2011 ammazzò 77 persone; e la Svezia ancora non sa chi uccise nel 1986 il premier Olof Palme. I norvegesi dicono pudicamente di “pescare” le balene e cuccioli di foche che massacrano a colpi di ramponi e piccozze. Nell’anima danese, la dolce sirenetta di Andersen sta accanto a Timore e tremore o Il concetto
dell’angoscia di Kierkegaard. E l’urlo di Munch si leva dal paradiso dei fiordi norvegesi. Lassù, anche lassù, qualcuno si tormenta.