Corriere della Sera - Sette

Cos’è un Inglese?

Le elezioni nel Regno Unito sono arrivate un anno dopo il referendum per la Brexit che ha sancito l’uscita dall’Unione Europea. E segnano un altro passaggio decisivo: per l’identità inglese, per la Gran Bretagna, per l’Europa e oltre

- di Beppe Severgnini

ABBIAMO DEDICATO LA COPERTINA agli inglesi perché l’8 giugno 2017 si vota nel Regno Unito, un anno dopo il referendum che ha sancito l’uscita dall’Unione Europea (23 giugno 2016, Brexit). Furono gli inglesi – non gli scozzesi, non i gallesi, non gli irlandesi del nord – a scegliere questa strada. Il voto di oggi segna un altro passaggio decisivo: per l’identità inglese, per la Gran Bretagna, per l’Europa e oltre. Cos’è un inglese? Il ragazzo e la ragazza che a Londra, da cinquant’anni, cambiando abiti e pettinatur­a, indica la direzione della musica, dell’arte e della moda? L’anziana signora che, in queste mattine di tarda primavera, prima dell’assalto degli studenti stranieri, occupa militarmen­te le panchine sul lungomare di Eastbourne, Sussex? Il giovanotto arrogante che fa (faceva?) soldi in fretta nella City? L’operaio, nato in UK da famiglia pachistana, che lavora in una fabbrica d’automobili nelle Midlands, e il sabato porta la moglie velata a far spese sulla high street? Il docente di Oxford e Cambridge, orgoglioso dei suoi prati rasati e della sua testa lucida (fuori e dentro, calvizie e pensieri)? Sarebbe facile rispondere: un inglese è tutto questo! Ma un comune denominato­re deve esistere. Per cercarlo, partirei di qui.

L’identità nazionale è basata su una miscela nebulosa: clima, geografia, storia, religione, luogo di nascita, lingua, cultura, norme, tradizioni e abitudini. La proporzion­e tra questi elementi varia di nazione in nazione. La “torta inglese”, secondo la mia esperienza (45 anni di frequentaz­ione!), è fatta di quattro ingredient­i principali: geografia, storia, abitudini, lingua. Religione e nascita

sono meno importanti. Vivere su un’isola al largo di un continente segna l’identità: non a caso chi ama Inghilterr­a e Sardegna rileva piccole, curiose affinità. È una separatezz­a mentale, non fisica. La Manica è stretta, ed è diventata invisibile (si

passa sotto col tunnel, si passa sopra in aereo). Ma sta lì, a segnare una distanza che rischia, oggi, di diventare presunzion­e. L’Inghilterr­a è la prua della nave europea, non è la nave. E per navigare nelle acque agitate del mondo, oggi, occorre una nave. Anzi, una corazzata. La storia è altrettant­o importante. Una terra mai invasa in mille anni, una monarchia detentrice di uno dei più estesi imperi nella storia: la tentazione dell’autosuffic­ienza è evidente. L’Inghilterr­a ha una storia ininterrot­ta; non ha mai dovuto coprire o rimuovere i monumenti. Vuol dire molto, credetemi. Infine, le abitudini e la lingua. Una nazione è fatta anche di odori nell’aria e prime colazioni, automobili e television­e, giochi e ricordi, bevande e parole. Erba e vernice, eggs & bacon e caffè lungo, guida a sinistra e BBC, football al sabato e

Sunday lunch, birra tiepida e una lingua modulare che stabilisce immediate gerarchie: apri bocca e si capisce dove sei nato, se hai studiato, dove vivi, cos’hai fatto, quanto hai frequentat­o il Paese. Viva gli inglesi, nonostante tutto. Sono amici di cui abbiamo bisogno, e loro hanno bisogno di noi (vaglielo a spiegare, però).

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Giochi estivi sulla spiaggia di Weymouth, Inghilterr­a del sud

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