EDITORIA A PAGAMENTO
Qualsiasi manoscritto può trasformarsi in libro di carta. Come? Facendo ricorso alla “vanity press”. Un sistema legale fondato sulla lusinga degli aspiranti autori. Abbiamo fatto una prova inviando poesie create ad hoc. La risposta? Entusiasta. Purché si
Pubblicano il mio libro? :-) Ma quanto mi costa? :-(
IN TANTI SCRIVIAMO, in pochi leggiamo, in troppi pubblichiamo. Anche grazie agli editori a pagamento, abili a vendere il presunto valore di un’opera in cambio di un contributo economico, in genere l’acquisto preventivo di tot copie. Vale per romanzi, saggi e soprattutto per la poesia: mercato debole, velleità forti. Il contributo però può arrivare a dieci volte il costo materiale del libro che spesso finisce abbandonato a se stesso. Chiariamo: nulla di illegale, perché secondo la legge vigente (ferma al 1941) l’editore deve pubblicare a sue spese “salvo diversi accordi”: non sono previste sanzioni, ogni autore è libero di buttare i soldi come vuole facendo l’APS, l’Autore a proprie spese (definizione di Umberto Eco). Il termine inglese per l’Editoria a pagamento (EAP) va dritto al cuore della questione: vanity press. Più che editori sono stampatori che impastano il prezzo con il lievito della vanità. Da non confondersi con il self publishing, inteso come autopubblicazione tramite una tipografia o un sito (Amazon o Lulu) che trasforma un manoscritto o un file del computer in un libro cartaceo o elettronico, con tanto di codice Isbn: qui il costo è basso, meramente tecnico, non c’è promessa di visibilità o gloria; si resta inoltre titolari dei diritti d’autore, mentre le vanity press più ingorde bloccano i diritti per opere future.
I LOVE WALT WHITMAN
Da ragazzo pensavo fosse triste pubblicare poesie a proprie spese, ammiravo i contemporanei che, da vivi, finivano in collane prestigiose; poi ho letto contemporanei deludenti e scoperto che molti grandi autori si sono auto-pubblicati, da Walt Whitman, che fece anche il tipografo, a Italo Svevo, Alberto Moravia... Così il punto di vista s’è capovolto: trovavo affascinante che un autore affermato si fosse prima pubblicato da solo, magari a sue spese, un libro in poche copie, subito clandestino, già mitico. Un malinteso romantico, confermato da rarissime eccezioni.
I FIASCHI DANNO ALLA TESTA?
Eccone una. Francesco Targhetta (Treviso, 1980), prima di pubblicare da ISBN il romanzo in versi Perciò veniamo
bene nelle fotografie, bello e fortunato, s’era fatto notare con un libretto a pagamento: Fiaschi (ExCogita, 2009). «Spesi 2mila euro» racconta, «per comprare 250 delle mille copie di tiratura, tutte esaurite! Per la poesia è inevitabile il contributo dell’autore, i critici non orientano più, gli editori non scommettono, l’editoria non fa filtro». Da Mondadori, nel 2018, uscirà un suo romanzo in prosa. Si adatta bene l’aforisma di Flaiano: i fiaschi gli han dato alla testa.
LA LISTA È LUNGA, MA INTANTO…
Proviamo anche noi. Ma con chi? La lista degli editori a pagamento è lunga. Ci sono siti che li censiscono e testano, come “writer’s dream” e “software paradiso”: riportano recenti proposte con richiesta di contributo ricevute da Altromondo, Carabba, Fermento, Caramella, Città del Sole, Caosfera, Croce, Dellisanti, Genesi, Gangemi, Sigismundus, Yorick. Alcuni editori già sul sito, o nei bandi, prospettano la necessità di un contributo economico dell’autore: il Gruppo Albatros il Filo, Aletti, Europa, Vertigo, Cicogna, Giovannelli, Joker, La Bancarella, Limina Mentis, Nicolò Caleri, Tracce, Urso... Scegliamo Limina Mentis, tra le più attive nella ricerca di esordienti. IL MIO INEDITO (SPERIAMO RESTI TALE) Per farmi adescare, uso un’esca infallibile: Istanti
ricorrenti, una raccolta di poesie studiatamente brutte, scritte da Errico Buonanno (autore per Einaudi del bellissimo saggio sui fake della storia dell’umanità:
Sarà vero) che 10 anni fa fece un esperimento analogo. Ha scritto 30 versi in un’ora, ispirandosi ora all’Ikea, tra Verdi e Montale, per La donna è mobile, «Sognata basculante, / sotto il poggio del meriggio», ora ai classici antichi per Fantasia latina, dove ha infilato un motto che letto in romanesco suona goliardico (“olim orta accidisti fide nam ignota”, ovvero “oh! li mortacci…” continuate voi); una filastrocca per ipo-udenti (“La vispa Teresa.../ Ti ricordi, Marisa? / “La vispaaaaa” dicevi / “Teresaaaaaa”, cantavi”) e liriche-zombie: «Notte d’oblio / in cui l’onda s’infrange / marcescente / sul passato del domani» ( Morte apparente).
SONO UN VALIDISSIMO ARTISTA
Mando via mail Istanti ricorrenti a Limina mentis, calandomi con imbarazzante naturalezza nei panni di un poetastro nascente, con pseudonimo patetico. Rispondono dopo pochi minuti, specificano di non considerarsi una vanity press, ma una start up socialista in lotta contro il mercato e il narcisismo, per questo chiedono i soldi all’autore, è una specie di crowdfunding. Dopo lettura incrociata della silloge, entro 24 ore mi diranno se interessa; ma intanto arriva una proposta per un’antologia: forza, con tre copie a 50 euro posso entrare nell’antologia del loro decennale (ma non era una start up?). Conviene, no? A loro sì. Ci sono altri sessanta autori, quindi 60 per 50 euro a testa fanno 3mila euro: ecco il crowdfunding. Perché mi hanno scelto? La donna è mobile ha palesato il mio talento, sono valentissimo artista. Il comitato promuove anche la silloge all’unanimità (hurrah!). Il costo? Minimo 550 euro, per 50 copie, pagamento anticipato e libri in mano,
Gli editori rispondono subito, anche se arriva loro un romanzo di 500 pagine, lo leggono in un lampo. Fanno proposte sempre di corsa e si raccomandano: firmi in fretta!
Il giudizio di questi editori sul manoscritto è positivo, a tratti superlativo, ma generico: lo “stile è innovativo”, “hai le carte in regola” per una “prestigiosa antologia”
ma senza esagerare con gli ordini, dicono provando a frenare il mio entusiasmo, alle stelle. Sogno le mie copie in Feltrinelli, un canale che rivendicano. È possibile? Non rispondono. Forse perché non c’è un solo libro Limina Mentis nei punti vendita Feltrinelli.
MILLE COPIE? DIECIMILA EURO
Dieci anni prima, a Buonanno avevano proposto lo stesso prezzo solidale: 200 copie a 2.400 euro. Sono 10 euro a copia di un libretto di 20 pagine (di poesie assurde), che in una tipografia normale costerebbe 2 o 3 euro. Mille copie? Con una vanity press si aggiunge uno zero, sono 10mila euro! Ma allora non è cambiato nulla in dieci anni? In realtà sì, in meglio e in peggio, racconta Carolina Cutolo, scrittrice ( Romanticidio, 2012, Fandango) e animatrice d iscritto rin causa.blog spot. it che dal 2010 offre consulenza gratuita agli autori: «Oggi c’è più consapevolezza, ci si fa le domande prima di firmare un contratto, però con il web aumentano grafomania, vanità e canali di adescamento di editori che sono abili a cambiare il linguaggio, ma non la sostanza». La formula della vanity press resta la stessa: FLC. Fretta, più Lusinga, più Crisi.
CHI TI CREDI DI ESSERE, FOSCOLO?
Fretta. Gli editori a pagamento in genere rispondono subito, anche se gli arriva un romanzo di 500 pagine, lo leggono in un lampo e fanno proposte sempre di corsa, bisogna affrettarsi a firmare, telefonate (chiedono il telefono), come per le offerte televisive eternamente “valide solo per oggi”. Lusinga. Il giudizio è sempre positivo, a tratti superlativo, ma generico: lo “stile è innovativo”, “hai le carte in regola” per la “prestigiosa antologia che stiamo per chiudere” (capolavoro di Lusinga più Fretta). Crisi. I soldi all’autore vengono chiesti perché c’è Crisi, non perché il testo è scadente. Però se poi chiedete di non pagare, dalla Lusinga si passa al Rifiuto: «Chi ti credi di essere… Foscolo?». È la prova del nove che era una vanity press.
LA VANITÀ IN FIERA
C’è anche il “doppio binario”: case editrici normali che per i settori più deboli a volte chiedono un contributo agli autori. Lo fa Manni, che in catalogo ha autori come Franco Fortini ed Edoardo Sanguineti (e rivendica il lavoro di selezione e cura editoriale), non lo fa più, da almeno cinque anni, LietoColle. Ma il fenomeno è in crescita, per la crisi – che è vera –, e non facilmente censibile. Un quadro d’insieme arriva dalle fiere, fondamentali anche per le vanity press che così si accreditano e intercettano aspiranti esordienti. Carolina Cutolo ha sommato la presenza di editori EAP e a “doppio binario” alle kermesse editoriali del 2017: alla fiera di Firenze sono l’8,7% degli editori presenti (13 su 148), a Torino il 7% (54 su 768), a Milano il 6% (33 su 550). A dicembre si vedrà la fiera di Roma, dove la percentuale può salire perché non ci sono grandi marchi; il fondatore poi, Enrico Iacometti, non è contrario alla EAP: pratica il “doppio binario” con la saggistica accademica della sua Armando editore e giustifica in termini di crisi sistemica le poesie a spese degli autori del marchio Sovera, della figlia.
MA ALLORA MEGLIO FACEBOOK
E il web? Favorisce la circonvenzione dell’aspirante esordiente, ma anche la produzione di anticorpi, con la condivisione di informazioni utili e brutte esperienze. Come quella capitata a Edoardo De Martinis, classe ’93, che su Facebook ha raccontato il colloquio telefonico con un EAP: «Lei è bravo, ci piace, ma non siamo pronti ad assumerci rischi al buio». L’interruttore? 10mila euro. No grazie. Per ora pubblica su Facebook: “Inizio coi miei 50 giorni di blue whale / mi lancio dal terrazzo di casa di Megan Gale / ogni volta che esco con una è un epic fail / ogni volta che bevo troppo è sempre time for jail”. Molto, molto meglio della Donna è mobile.