Corriere della Sera - Sette

BLACK ROCK

- di Giusi Fasano

Omar, con che vino si brinda alla terza vita?

DICE CHE WISH YOU WERE HERE dei Pink Floyd si gusta meglio con un Montepulci­ano d’Abruzzo. Che la Pfm e le sue Impression­i di settembre vanno accompagna­te da un Barbera Bricco dell’Uccellone. E poi vuoi mettere che sapore ha il David Bowie di Heroes quand’è abbinato a uno champagne Bollinger Grande Année... Tutta un’altra cosa, ovviamente. Un Omar Pedrini in gran forma si trasforma in sommelier della musica per Rockol.it e per festeggiar­e i suoi 50 anni (il 28 maggio) sceglie il vino giusto per ciascuna canzone fra una quindicina delle sue preferite. Come successe a Obelix con la forza, dev’essere caduto anche lui nel pentolone della pozione magica. In quello dell’empatia, però. Perché mai come in queste settimane il cantautore e chitarrist­a bresciano che fu leader dei Timoria è stato più vicino al suo pubblico. Con le canzoni contaminat­e dal rock, come sempre. Ma anche con le parole, scelte con cura come non mai per raccontare e raccontars­i. Dal palco della sua terza vita – perché lui ne ha tre, sappiatelo – ha appena presentato al mondo il suo nuovo album ( Come se non ci fosse un domani) e ha brindato al suo “terzo tempo” dopo il primo intervento al cuore del 2004 e quello recente del 2014. Il suo sito si apre sulla profezia di Neil Young: Rock’n’roll will never

die. E sintetizza: Vite=3. Concerti=1.450. Album=18. Canzoni pubblicate=178. Via Facebook Omar dice del suo nuovo disco: «Ci sono dentro incontri e non duetti. Uomini e non featuring. Musicisti e non macchine. Autori e non marchette. Forse ha ragione chi dirà che è un disco un po’ fuori moda. In effetti la “moda” di oggi calza poco addosso a me. Io che non sono un rapper e nemmeno un ginnasta della voce, non sono indie ma nemmeno pop. Non sono un megastore né un fast food, ma un ristorante semplice, arredato un po’ vintage, dove si mangia e si beve bene perché si cucina con amore. Sono io. Ed ognuno di noi è unico e irripetibi­le». Unico e irripetibi­le come Franco Califano che cantava

Tutto il resto è noia, melodia e testo da sorseggiar­e con un calice di Barolo del 1990. Mentre ci vuole un Lambrusco freddo per celebrare Largo all’avanguardi­a degli Skiantos e un Franciacor­ta rosé per gustare Paul Weller con la sua You Do Something To Me.

OMAR DICE CHE IL SUO DISCO «è un lavoro onesto. Fidatevi di me, e se poi vi garba davvero regalatelo agli amici, fate rete, passaparol­a. Voglio capire – annuncia – se c’è ancora gente che ama il caro vecchio rock ma che vive ben consapevol­e nel presente, e che vuole far sentire la sua voce per un futuro migliore. E ha chiaro in mente che la musica è bella o brutta, punto». Nessuna via di mezzo, proprio come accanto a

Black Hole Sun dei Soundgarde­n non può che esserci un Grands Echezeaux Romanée-Conti. Solo quello. E ci vuole uno Château Margaux 1982 per Hey Hey

My My di Neil Young, l’inno al rock’n’roll che non morirà mai. Mi piacerebbe sapere cosa abbinerebb­e Zio Rock alla sua Come se non ci fosse un

domani. Qual è il vino che può raccontare la ragazza del video e quella sua voglia di partecipar­e alla vita?

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PEDRINI HA SEMPRE LO SPIRITO GIUSTO 50 anni, 1.450 concerti e 15 calici per le sue canzoni preferite
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