Una giornata con i classici
in mano Sull’oratore di Cicerone, quel magnifico inno alla grandezza e alla dignità della lingua umana; e mi convinco che perfino in spiaggia, anche senza la necessità di imitare i grandi oratori, un po’ di cura e di disciplina occorrono. Anche quando si comunica tra amici e conoscenti. E,
Sull’oratore alla mano, capisco questo: l’espressione si immiserisce nel massimo grado quando non riesce a creare mezza metafora. O si ricorre a metafore bolse che abbiamo ascoltato mille volte («…litigavano come cani e gatti, lei aveva una volontà di ferro, lui aveva nervi d’acciaio»). Benissimo un vocabolario semplice, anche colloquiale (Cicerone è un sostenitore della lingua corrente). Però, parlare come parlano tutti non basta. Tutti, quando c’entra lo stile, vuol dire nessuno. Diamo alle parole un’intonazione personale; rendiamole allusive, suggeriamo un’immagine, che renda più concreto il nostro pensiero e affascini per un’associazione inattesa. Sorprendiamo e sorprendiamoci! E poi più dissimulatio: più ironia! Funziona anche in spiaggia, credetemi.
LA PAUSA-PRANZO
Scocca l’ora del pranzo. Qui mi assisterà Orazio, il cantore della misura e dell’equilibrio, e in particolare l’Orazio delle Satire. Mangiare dobbiamo, ma che si riduca alla preoccupazione principale della vita o, ancor peggio, a un’esibizione, questo no. Nella quarta satira il poeta s’imbatte in un tale Cazio, che sta correndo a casa a buttar giù qualche appunto, prima che dimentichi quello che ha imparato a una conferenza sul cibo. Nonostante la dannata premura, Cazio si ferma – evidentemente tanta premura non deve averla – e recita tutta una filastrocca di carni, pesci e vini, cioè, secondo lui, il segreto del buon vivere. L’ottava satira picchia anche più duro, dando conto di un pranzo protrattosi per ore, in un succedersi pacchiano di pietanze e bevute, tra le spiegazioni del padrone di casa. Tre degli ospiti, disgustati, se ne vanno senza aver assaggiato nulla. Non commetterò quest’errore! Una piadina e un’insalata, mi aspetta una lunga giornata…
LA SIESTA E L’E-MAIL
Non dovrei, ma lo faccio: di ritorno dalla spiaggia, controllo la posta elettronica. Quella, una vacanza, non la prende mai. Mi metto sulla terrazza, con il tablet. Una buona cosa: d’estate, insieme alla solita ondata di posta indesiderata, si ricevono più messaggi di amici e meno richieste e proteste di questo e quest’altro, che spesso non conosci manco il nome di chi ti ha contattato. Alcuni conoscenti tornano alla ribalta dopo mesi di latitanza, e raccontano le solite cose, e i guai della famiglia, e il posto dove si sono ritirati a villeggiare… «Per Ercole, come scrivono male!» mi sussurra alle spalle il solito Cicerone. L’avevo notato anch’io, in effetti. La punteggiatura, nei molti messaggi che ricevo, è quella che è, le frasi sono generiche e precipitose, il vocabolario impreciso... Ma non sarei troppo severo: qui mica dobbiamo tenere un discorso al foro! Però…
LA PASSEGGIATA
È pomeriggio inoltrato. Esco per fare quattro passi. Sul viale, sulla spiaggia, sotto le piante, dietro una roccia, ferve il desiderio. È il momento di Ovidio. Attenzione, mariti e fidanzati! L’Arte
dell’amore ci ricorda che le impegnate sono le più desiderabili e le più soggette a insidia. E noto tutto un traffico di sguardi, di segnali, di pose. L’inizio di una tresca – lecita o illecita – è lavoro di pazienza. Gli aperitivi non bastano, amanti del XXI secolo! La brama richiede negoziati, alleanze, messaggi e messaggini (allora erano le tavolette cerate, ora – ovvio – un sms o un whatsapp). Ai nostri tempi sarà anche più facile l’approccio. Difficile però rimane costruire una bella avventura, perché quella è, appunto, un’arte. Ovidio ce la continua a insegnare dopo duemila anni: calcola al millimetro, al secondo, e se cominci, «perfice», «arriva fino in fondo». E alla meta devi presentarti sobrio, padrone di te stesso, e così goderti la conquista della tua bravura.