Le radici antiche dell’arte dello scrocco
«NOVANTATRÉ ALBERGATORI
truffati da uno scroccone». Il titolo di un articoletto del Corriere della Sera del 17 febbraio 1963 dimostra come
Roland Siedler, il giovane tedesco che fa ammattire da mesi i proprietari di ristoranti, enoteche, osterie e bar di Firenze mangiando e bevendo per
poi andarsene senza pagare («L’Italia mi deve già un sacco di soldi») non ha inventato nulla. L’arte dello scrocco, infatti, fa parte di una tradizione secolare. Basti ricordare, ad esempio, i “birbanti” dell’Appennino ligure che giravano l’Europa mangiando a sbafo, spiegò lo storico Marco Porcella, per tirar su soldi per pagare il riscatto di inesistenti cristiani presi prigionieri «da pirati nordafricani», mostrando «patenti rilasciate dal Magistrato del Riscatto, che li abilitavano a questuare». Tutto falso. Il loro motto: «Con l’arte e con l’inganno / si vive mezzo anno / con l’inganno e con l’arte / si vive l’altra parte». Come appunto, in tempi più recenti, il «re degli scrocconi» Ernesto Nizzola, un giovane milanese che in quel 1963 «cominciò a viaggiare per l’Italia prendendo alloggio nei migliori alberghi dai quali poi se ne andava senza pagare il conto, ricorrendo ad un trucco abbastanza semplice. Prima di raggiungere l’albergo si faceva precedere da una telefonata interurbana con la quale annunciava l’arrivo del rappresentante di commercio dottor Ernesto Nizzola, prenotava una stanza con bagno, e nello stesso tempo pregava l’albergatore di informare il “dottore”, quando fosse arrivato, che un pacco era stato spedito a suo nome presso la scalo ferroviario». Guadagnata la fiducia degli ospiti, all’arrivo del famoso pacco, il distinto rappresentante chiedeva anzi alla reception di prestargli dei soldi per dieci minuti: il tempo di ritirare la preziosa merce da pagare contrassegno. Li metteva in tasca e ciao. Totale dei truffati, come dicevamo, 93. Non meno divertente (per i non truffati) è il caso di un giovanotto polacco che nel 1929, spiega una vecchia cronaca del Corriere, ideò un modo per far colazione gratis ogni mattina: «Elegante e profumato si sedeva al caffè. Ordinava il caffè con panna e dolci. Dopo aver consumato tranquillamente caffè e dolci, dava un colpo sul tavolo e, con voce piena di indignazione, faceva chiamare il cameriere. Questi accorreva mentre l’ospite toglieva col cucchiaino dalla chicchera un oggetto. “Che cosa è
mai questo?”, diceva rabbiosamente. “Un bottone!?”, rispondeva confuso il cameriere. “Un bottone nel caffè!”» Ciò detto, si alzava e andava via senza che alcuno osasse fermarlo. Prima che lo bloccassero aveva già usato duecento bottoni. E come dimenticare i giovani russi che qualche anno fa al Billionaire di Flavio Briatore consumarono 92 bottiglie di champagne Crystal per poi andarsene senza pagare il conto di 86mila euro solo successivamente recuperati dopo una battaglia giudiziaria? O William
Firman, lo scroccone più veloce del mondo che in Virginia, nel maggio ‘92, riuscì una sera a mangiare in tre
ristoranti diversi «una monumentale bistecca con l’osso, un piattone di pesce misto, due panini multistrati, una quantità di bibite e una birra, divorando tutto senza pagare il conto»? Indimenticabile il commento del poliziotto che l’arrestò: «Per un’impresa così, ci vuole un gran fegato». Su tutti, però, svetta irraggiungibile il Tristo Mangiatore (in inglese Grim Eater, parafrasando il Tristo Mietitore, Grim Reaper, la Morte) di Harbour City, in Nuova Zelanda. Fermato finalmente e mandato a processo sette anni fa con un’accusa surreale: vestito a lutto, sempre gentile e riservato, si presentava con gli occhi umidi a tutti ma proprio a tutti i funerali. Dopo di che faceva man bassa ai banchetti offerti dai parenti del morto. Una così brava persona…