MARATONA IN AEREO
IN VOLO SULL’EUROPA
48 ore in volo (low cost) sull’Europa di Leonard Berberi
Milano-Amsterdam-Parigi-Barcellona-Copenaghen-Londra-Hannover-Budapest-Milano. Nel giorno più affollato dell’anno per i cieli del Vecchio Continente, un giornalista del Corriere fa un tour de force di 7mila chilometri con le compagnie low cost, senza bagaglio né posto assegnato. In uno slalom tra manager che coltivano zucchine e addii al celibato alcolici
LA MAMMA: «TU NON STAI BENE» . L’amica/1, italiana: «Tu sei pazzo». L’amico/2, israeliano: «I poliziotti ti fermeranno». L’amico/3, matematico: «Avrai più possibilità di restar coinvolto in un incidente». L’amico/4, medico: «Non è che ci resti secco?». Viste le premesse era meglio stare a casa. Invece eccomi qui, alle quattro del mattino, in Stazione Centrale a Milano. Il mio viaggio segue una geografia bizzarra, ma uno schema preciso. Volare entro 48 ore, in Europa, con le prime sette compagnie low cost del continente, toccando ogni volta un Paese diverso. Senza bagaglio in stiva. Senza imbarco prioritario. Senza scelta del posto.
-48 ore
Al Terminal 2 di Malpensa decollano e atterrano soltanto aerei easyJet. La coda, ai varchi di sicurezza, è già lunga. Il nervosismo alle stelle. In molti si avventurano in accelerazioni e sorpassi. «Rispettate
la fila», urla una signora. «Perdiamo un volo!», replica la ragazza. «Dovevate partire prima», rilancia la prima. «Abbiamo avuto un incidente», ribatte la seconda. Intanto altri drammi: gente che non trova più la carta d’identità, che scopre di avere il passaporto scaduto, che ha sbagliato data di partenza.
-46 ore
Il primo viaggio è per Amsterdam. L’imbarco procede spedito. Il sonno sembra sopire ogni eccesso. Il velivolo è quasi pieno, la “popolazione” varia. Tre dirigenti parlano di fusioni societarie. Poi uno di loro si vanta dei risultati dell’orto: «Quest’anno mi sono venute delle zucchine grosse così», dice. C’è chi russa. Quattro ragazzi ripassano il fine settimana tra i canali d’acqua. O meglio: tra i coffee shop. Alla mia destra c’è una coppia trentenne. Lui dorme. Lei si annoia e sembra voler interagire con me. Tiro fuori le carte d’imbarco, altro che collezione di farfalle. «Ma quanti voli fai?», chiede. Non riesco a rispondere. Lui si sveglia. Lancia sguardi di sfida. Sembra persino gonfiarsi il petto. Lei allora si mette a dormire. Io mi sento un po’ come l’amante colto in flagrante.
-44 ore
Ad Amsterdam per prendere il volo successivo — per Parigi Orly con Transavia — bisogna uscire da un estremo dell’aeroporto e rientrare. I controlli vanno rifatti. Una volta al gate gli addetti avvisano: si sale con un bagaglio a testa. I primi 90 non avranno problemi. Per gli altri valigie in stiva. Pronti via! Tutti a correre manco fossero italiani. Invece sono olandesi, francesi, cinesi e giapponesi. Di fianco c’è Harrison Raby, 22 anni di Charlotte, Carolina del Nord, Stati Uniti. Lavora come selezionatore. «È la prima volta in Europa», racconta. Ha preso una
low cost, Norwegian, per arrivare fino a Edimburgo. Appassionato di calcio, tifa Tottenham. Voleva fare
il giornalista. Avrebbe votato per il repubblicano John Kasich. La democratica Hillary Clinton non lo entusiasma. Ammira Bernie Sanders, «ma la sua idea dell’università per tutti è folle, così come il salario minimo a 15 dollari l’ora: nel precedente lavoro ne guadagnavo 7,25, magari meritavo 8, ma non 15». Trump? «Potrebbe far bene all’economia, ma temo ci trascinerà in una guerra».
-39 ore
A Orly mi perdo. Vengo rimbalzato da una parte all’altra. Poi mi dicono che il volo Vueling per Barcellona decollerà in un altro edificio. Una volta lì tocca rifare i controlli. Flightstats, usato da noi nerd degli aerei, avverte: il volo ha un’ora di ritardo. I monitor dell’aeroporto prima negano, poi confermano. Una volta a bordo noto che l’aria condizionata non va. «Qui non ci sono i tecnici per aggiustarla», dice il comandante. I cartoncini delle istruzioni di sicurezza diventano ventagli. Poi si decolla e l’aria fresca riparte. Il mio vicino, un 40enne spagnolo in viaggio con mamma, ha un bel po’ di segreti, a giudicare dal contenuto del suo telefonino. Per questo impiega la maggior parte del tempo a cancellare foto. Non si capisce il dove e il quando degli scatti. Ma è evidente il chi e il cosa.
-36 ore
Quando atterro mancano tredici minuti alla chiusura del gate dell’altro tragitto, operato da Norwegian e diretto a Copenaghen. L’aereo non si aggancia a un “finger”. Tocca aspettare il bus. Tecnicamente la mia «spedizione» è fallita. Lo sbarco è lento e straziante. Qualcuno si ferma per un selfie. Per loro penso alle peggiori torture. Una volta nello scalo corro, senza speranza. Sui (pochi) monitor non rintraccio il mio volo. Non vedo alcun volo Norwegian. Semplice: sono sbarcato nel terminal sbagliato. Quello che cerco è