Corriere della Sera - Sette

VIAGGI LETTERARI

La ferrovia ha sempre affascinat­o gli scrittori italiani. I treni sono confession­ali, palcosceni­ci ambulanti, tribune per lo spettacolo che corre oltre i finestrini

-

La lingua misteriosa dei binari testi scelti da Stefania Chiale

TESTI SCELTI DA STEFANIA CHIALE

IL TRENO, RALLENTAND­O, MI SVEGLIA. Alzo la tendina, vedo, riconosco la campagna toscana, poco dopo Arezzo. Nella luce dorata del tardo pomeriggio estivo, i campi, i prati, i frutteti, i boschi, le strade, i sentieri, le fattorie, le case sparse, le ville alte sui colli, tutto ciò che vedo è magicament­e in ordine, di una bellezza suprema e straziante [...]. Un vento leggero sfiora l’erba ai margini delle rotaie. Voci sparse, allegre, giungono dal treno e, più lontane, dalla campagna. Guardo quei colori dolci, tutti i verdi di tutti gli alberi, quello degli ulivi, quello dei cipressi, quello delle querce, quello dei castani, quello dell’erba; le terre giallastre, rossastre; le case bianche, rosate, grigie; il cielo terso e azzurrino. Guardo quella geometria segreta, indecifrab­ile eppure sensibile, onde l’intero paesaggio appare costruito come il paesaggio nel quadro di un sommo pittore. Non c’è dubbio: la felicità, la bellezza, il senso della vita sono davanti a me. E come allora, quando ero giovane, mi ero chiesto: che cosa devo fare, per essere degno di questa bellezza, per toccare questa felicità, per capire quale sia questo senso della vita? Così ora mi chiedo, con la medesima ansia: che cosa ho fatto, in tutti questi anni, per essere fedele al ricordo di questo momento?

Mario Soldati,

Disco Rosso, in La messa dei villeggian­ti, Mondadori 1959 (nuova edizione 2007)

IL ROMANZO COMINCIA in una stazione ferroviari­a, sbuffa una locomotiva, uno sfiatare di stantuffo copre l’apertura del capitolo, una nuvola di fumo nasconde parte del primo capoverso. Nell’odore di stazione passa una ventata d’odore di buffet della stazione. C’è qualcuno che sta guardando attraverso i vetri appannati, apre la porta a vetri del bar, tutto è nebbioso, anche dentro, come visto da occhi di miope, oppure occhi irritati da granelli di carbone. Sono le pagine del libro a essere appannate come i vetri d’un vecchio treno, è sulle frasi che si posa la nuvola di fumo. È una sera piovosa; l’uomo entra nel bar; si sbottona il soprabito umido; una nuvola di vapore l’avvolge; un fischio parte lungo i binari a perdita d’occhio lucidi di pioggia. [...] Le stazioni si somigliano tutte; poco importa se le luci non riescono a rischiarar­e più in là del loro alone sbavato, tanto questo è un ambiente che tu conosci a memoria, con l’odore di treno che resta anche dopo che tutti i treni sono partiti, l’odore speciale delle stazioni dopo che è partito l’ultimo treno. Le luci della stazione e le frasi che stai leggendo sembra abbiano il compito di dissolvere più che di indicare le cose affioranti da un velo di buio e di nebbia. Io sono sbarcato in questa stazione stasera per la prima volta in vita mia e già mi sembra d’averci passato una vita, entrando e uscendo da questo bar, passando dall’odore della pensilina all’odore di segatura bagnata dei gabinetti, tutto mescolato in un unico odore che è quello dell’attesa, l’odore delle cabine telefonich­e quando non resta che recuperare i gettoni perché il numero chiamato non dà segno di vita. Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiator­e, Einaudi 1979 (nuova edizione Oscar Mondadori 2016) © 1994 by Palomar S.r.l. e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano. © 2002 by Esther Judith Singer Calvino - Giovanna Calvino e Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano. © 2015 by Esther Judith Singer Calvino - Giovanna Calvino e Mondadori Libri S.p.A.

MENTRE IL TRENO ESCE da Centrale il capotreno invita dagli altoparlan­ti la gentile clientela a non disturbare gli altri passeggeri parlando a voce alta e a spegnere, o almeno a abbassare, le suonerie dei cellulari. L’annuncio ha lo stesso identico effetto dei limiti di velocità sull’autostrada Roma-Napoli. Così ho ascoltato un quarantenn­e siciliano a pochi posti dal mio – pelle olivastra, camicia bianca, gemelli d’oro – descrivere per filo e per segno il suo orribile divorzio al suo avvocato, alla nuova fidanzata, alla madre, al fratello e a una varietà di altre persone difficili da collocare. Questo per l’intera ora e cinquanta da Milano a Verona. A tutti ha ripetuto con grande gusto la frase: « Un inferno durato dieci anni; un inferno, ti giuro, » lanciando occhiate a noi della carrozza in cerca di approvazio­ne o di solidariet­à. Tra Peschiera e Verona si ripete una scena buffa a quasi ogni viaggio. Attraversa­ndo le basse colline vicino al lago il segnale del telefono comincia a interrompe­rsi; per un po’ va e viene, poi sparisce del tutto. «Ci sei » ? chiede all’improvviso la donna accanto a me, alzando la voce; « Mi senti? » chiede l’uomo seduto di fronte. Poi tre o quattro voci all’uniscono: « Mi senti? Pronto? Pronto? Mi senti? Ci sei? Mi senti? » A un tratto si guardano tutti negli occhi, vagamente imbarazzat­i, come se mentre parlavano al telefono fossero stati invisibili e adesso, all’improvviso, interrotti dall’assenza di campo, fossero costretti a confrontar­si fra loro e si trovassero leggerment­e assurdi. Tim Parks, Coincidenz­e, Bompiani 2014 (first published by W.W. Norton & Company, Inc., Italian Ways. On and off the rails from Milan to Palermo). © 2013 by Tim Parks All rights reserved, © 2014 Bompiani

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy