Corriere della Sera - Sette

ECCO UN’ALTRA CITTÀ.

- Dino Buzzati, Qualcosa era successo, in Il crollo della Baliverna, Mondadori 1954

Come il treno, entrando nella stazione, rallentò un poco, due tre si alzarono non resistendo alla speranza che il macchinist­a fermasse. Invece si passò, fragoroso turbine, lungo le banchine dove una folla inquieta si accaldava anelando a un convoglio che partisse, tra caotici mucchi di bagagli. Un ragazzino tentò di rincorrerc­i con un pacco di giornali e ne sventolava uno che aveva un grande titolo nero in prima pagina. Allora con un gesto repentino, la signora di fronte a me si sporse in fuori, riuscì ad abbrancare il foglio ma il vento della corsa glielo strappò via. Tra le dita restò un brandello. Mi accorsi che le sue mani tremavano nell’atto di spiegarlo. Era un pezzetto triangolar­e. Si leggeva la testata e del gran titolo solo quattro lettere. IONE, si leggeva. Nient’altro. Sul verso, indifferen­ti notizie di cronaca. Senza parole, la signora alzò un poco il frammento affinché tutti lo potessero vedere. Ma tutti avevano già guardato. E si finse di non farsi caso. Crescendo la paura, più forte in ciascuno si faceva quel ritegno. Verso una cosa che finisce in IONE noi correvamo come pazzi, e doveva essere spaventosa se, alla notizia, popolazion­i intere si erano date a immediata fuga. Un fatto nuovo e potentissi­mo aveva rotto la vita del Paese, uomini e donne pensavano solo a salvarsi, abbandonan­do case, lavoro, affari, tutto, ma il nostro treno, no, il maledetto treno marciava con regolarità di un orologio, al modo del soldato onesto che risale le turbe dell’esercito in disfatta per raggiunger­e la sua trincea dove il nemico già sta bivaccando. E per decenza, per un rispetto umano miserabile, nessuno di noi aveva il coraggio di reagire. Oh i treni come assomiglia­no alla vita.

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