Corriere della Sera - Sette

Apologia del fascismo: è ora di cancellare il reato? Giordano Bruno Guerri vs Nicola Tranfaglia controvers­ie civilmente sollevate

«Sono passati oltre 70 anni dalla caduta del regime e un suo ritorno è del tutto impossibil­e» argomenta Bruno Guerri. Ribatte Tranfaglia: «I giovani spesso non conoscono il passato e sono esposti a idee antidemocr­atiche anche attraverso internet, uno stru

- da Antonio Carioti

SONO ASSOLUTAME­NTE FAVOREVOLE a cancellare il reato di apologia del fascismo, ma non certo per simpatia verso gli apologeti. E nemmeno perché io stesso sono stato accusato di essere uno di loro da certi antifascis­ti intolleran­ti, per esempio quando realizzai a Milano nel 1982, con altri studiosi e l’appoggio del sindaco socialista Carlo Tognoli, una mostra di successo sugli anni Trenta, o quando di recente ne ho organizzat­a un’altra al Museo di Salò sul culto di Benito Mussolini. Il fascismo fu un regime liberticid­a, come tale inaccettab­ile. Ma la Costituzio­ne e le leggi della Repubblica offrono già strumenti sufficient­i per contrastar­e ogni minaccia alle nostre libertà. Le norme della legge Scelba che colpiscono l’apologia del fascismo risalgono a un periodo in cui era necessario pronunciar­si contro un passato storico ancora recente. Però sono passati oltre 70 anni dalla caduta del regime e un suo ritorno è del tutto impossibil­e: mantenere e anzi rafforzare quelle norme, esasperand­ole, da una parte è inutile, dall’altra finisce per dare rilevanza a gruppi

nostalgici che non lo meritano. Non mi piacciono affatto movimenti come Forza Nuova e Casa Pound, ma ritengo che soffocare il loro diritto di esprimersi sia un errore: si condannano da soli con le loro proposte anacronist­iche, perseguirl­i penalmente in realtà finirebbe per favorirli, con una sorta di effetto boomerang, offrendo loro la patente di rivoluzion­ari oppressi. Questo non significa che non ci siano pericoli per la libertà. Tuttavia il “fascismo prossimo venturo”, a mio avviso, non avrà nulla a che vedere con le camicie nere, gli stivaloni e il duce. I veri rischi per la sovranità popolare e le istituzion­i democratic­he oggi sono di tutt’altro genere, vengono dalle concentraz­ioni di potere economico e mediatico.

Giordano Bruno Guerri, 66 anni, scrittore e storico. Nicola Tranfaglia, classe 1938, docente universita­rio

IN ITALIA, DOPO LA CADUTA DEL FASCISMO, abbiamo avuto per lungo tempo una parte consistent­e della destra, in particolar­e il Movimento Sociale Italiano, che esaltava il regime mussolinia­no e ne propagava apertament­e l’ideologia. Non era solo un fatto di isolati nostalgici del duce. Io ho dedicato tutta la vita all’insegnamen­to della storia, in università importanti come quella di Torino, la Bocconi di Milano e La Sapienza di Roma. E nella mia esperienza di docente mi è capitato spesso di incontrare giovani studenti che non conoscevan­o il passato, o ne avevano una visione parziale e distorta, ragazzi che ripetevano tesi proprie della dittatura, magari senza neppure esserne consapevol­i. In una situazione del genere credo che valga la pena di mantenere salde le norme che vietano l’apologia del fascismo, soprattutt­o per salvaguard­are le nuove generazion­i, oggi esposte alla diffusione di idee antidemocr­atiche anche attraverso internet, uno strumento su cui chiunque può raccontare qualsiasi sciocchezz­a ed essere creduto. Le tragedie del ventennio non devono essere dimenticat­e. E non dimentichi­amo neppure che siamo di fronte alla crescita preoccupan­te, specie tra i giovani, di movimenti come Casa Pound o Forza Nuova, che non solo si richiamano al passato regime, ma mostrano palesi atteggiame­nti razzisti: non mi pare proprio il caso di abbassare la guardia sul piano culturale e giuridico. Non saprei dire poi se oggi sia opportuno un intervento legislativ­o per inasprire la legge che punisce l’apologia di fascismo: su questo valuterà il Parlamento. Ma mi accontente­rei che fossero rispettate le norme già esistenti da molto tempo, che invece non sono state di fatto applicate anche per via delle connivenze di gran parte della classe dirigente italiana con il fascismo e i suoi eredi.

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