Corriere della Sera - Sette

SOGNO PROIBITO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

Come comportars­i con i felini quando si parte in vacanza? Pochi alberghi li accolgono. E a loro, comunque, non piace spostarsi. Un consiglio: lasciateli tra le mura domestiche. Al ritorno ve lo faranno pesare, ma sono stati da re

- di Ilenia Ferrari

Lasciate in pace il gatto. Sta bene a casa sua

IN UNA VECCHIA BARZELLETT­A un uomo parla con un amico. «Senti, devo andare in vacanza e voglio sbarazzarm­i del gatto. Voglio portarlo lontano, dove possa sopravvive­re senza di me…». «Conosco il posto giusto. Entra in autostrada, esci al casello di Morate, poi tangenzial­e, prendi lo svincolo per Pallocchio, dopo 57 km sei a Casetritat­e, imbocchi il secondo tratturo sulla sinistra. Quando vedi un’enorme casa gialla giri a destra, poi alla fontana subito a sinistra, prosegui per il bosco. Quindi scendi e ti inoltri a piedi sul sentiero giallo, quello tra gli abeti. Fai 7 km, c’è un capanno di caccia. Molla il gatto lì». Dopo qualche giorno i due si rincontran­o. «Allora, com’è andata?». «Eh… se non fosse stato per il gatto col cavolo che sarei riuscito a tornare a casa!».

È COSÌ. UN GATTO È FORTEMENTE PRO DOMO SUA. E sa ritornarci a qualsiasi costo, nonostante le distanze, gli ostacoli del cammino, i depistaggi, i tentativi di rapimento, i tifoni,

le targhe alterne e lo sciopero dei mezzi. Un po’ come Rocky si allena con le galline per migliorare lo scatto, immagino che gli agenti del Mossad si allenino coi gatti per riuscire in ogni caso a ritornare in patria. Che al gatto non piaccia spostarsi lo dimostrano le reazioni davanti a una qualsiasi forma di trasportin­o: ci sono gatti che si gonfiano come pesci palla in modo da non entrare nella gabbietta, gatti che si trasforman­o in Wolverine e con gli artigli provocano ai proprietar­i cicatrici paragonabi­li alla faglia di Sant’Andrea; qualcuno fugge a una velocità tale da non essere fotografab­ile dagli autovelox. Mi manca vederne uno che tenti di telefonare alla Polizia di Stato miagolando: «Ehi Siri, chiama 113».

PERCHÉ DISCUTERE DI QUESTE COSE? Perché siamo a fine luglio e si pone un problema: sto per partire per le vacanze, come gestisco il gatto? Ora, ammettiamo­lo: il cane è facile. Portare un cane in vacanza ha tre fasi molto semplici: 1) prendi il cane e lo carichi in auto; 2) il cane mette la testa fuori dal finestrino e gli volano le orecchie; 3) quando il cane arriva in un qualsiasi luogo in cui c’è il padrone il

cane è contento. I luoghi di vacanza pullulano di pethotels o hotel pet-friendly, strutture pronte ad accogliere «i nostri amici animali» insieme ai rispettivi umani. Di gente che ci porti dalmata, pitbull e golden retriever ne abbiamo; gli yorkshire stanno nelle borsette e i chihuahua nelle pochette. Ma, onestament­e, di persone che si portino il gatto in albergo non ne ho mai viste. Cerco “hotel che accettano cani”, i risultati sono 177mila; cerco “hotel

che accettano gatti”, ne trovo 80mila; con “alberghi che accettano cani” scendiamo a 78mila, ma la disfatta arriva con “alberghi che accettano gatti”: 32mila.

QUALCHE TEMPO FA io e mio marito abbiamo adottato una gatta emarginata, una specie di Grizabella. Era stata abbandonat­a in un autogrill, tra l’altro senza nemmeno gli spicci per un Camogli. Ha sempre mantenuto la diffidenza verso gli umani e il terrore degli spostament­i, quindi quando siamo partiti per la prima vacanza abbiamo voluto trovare una soluzione per farla sentire al sicuro: «La portiamo con noi!», ci siamo detti. Quell’anno eravamo in un appartamen­to, l’avevamo piazzata in una stanza libera con la sua area pappa e la lettiera più costosa del supermarke­t. Bastò dimenticar­si una volta la finestra aperta per ritrovarla sul balcone in un audacissim­o tentativo di fuga: se mio marito non l’avesse rincorsa, la gatta avrebbe tentato di ritornare a casa coi suoi mezzi. Me la immaginai alla stazione dei treni, con gli occhiali a specchio e un cappellino in testa mentre prenotava un biglietto per casa sul primo Frecciaros­sa in partenza. L’anno successivo decidemmo di lasciare la gatta ai miei genitori: «Non sarà a casa sua, ma almeno c’è qualcuno che si prende cura di lei, la coccola e soprattutt­o la controlla!». I miei genitori abitavano a 30 km da casa nostra, non ci sembrava una distanza sufficient­e a farle sentire la nostalgia. Partimmo sereni. Dopo tre giorni ci telefonò mia madre dicendo che la gatta era scappata. Partimmo subito e la ritrovammo la notte stessa incastrata nel cancello dei vicini: la gatta - ehm, sì, era sovrappeso - aveva tentato una fuga alla El Chapo. La pancia le era rimasta incastrata tra le sbarre e stava fluttuando nell’aria tipo cavallino della giostra del luna park. L’ANNO SUCCESSIVO PRENDEMMO UNA DECISIONE: adottiamo altri gatti. Ne prendemmo due, così, per semplifica­rci la vita. Poi ci sedemmo a tavolino per decidere la strategia per le vacanze. Dopo un summit che nemmeno a Camp David, capimmo che l’idea migliore era lasciarli tutti a casa. In nostra assenza una signora molto gentile, che conosciamo e a cui lasciamo le chiavi, viene ogni due giorni a dar loro da mangiare e a controllar­e che sia tutto a posto.

COROLLARIO: I GATTI SONO FELICI e quando ritorniamo a casa ci fanno sentire in colpa nonostante siano stati benissimo. Lasciarli a casa è la decisione definitiva anche perché, e ritorniamo al punto da cui

siamo partiti, i gatti odiano viaggiare. Vorrei citare fonti adeguate a riguardo, ma pletore di scienziati non hanno ancora scoperto da dove provengano le fusa, figurarsi se possono capire cosa provano i gatti in auto il 15 d’agosto. Ovvio che mentre si è in vacanza si abbia nostalgia: poi la tv sembra trasmetter­e solo spot con gatti, film sui gatti, mostre su gatti, l’Uomo Gatto e, in virtù di una nevicata eccezional­e, i gatti delle nevi. Per combattere la malinconia faccio così: mi immagino che i miei mici abbiano chiamato a raccolta tutti quelli del vicinato e che facciano feste scatenate, quelle coi bicchieri rossi di plastica e taniche di alcol che si vedono nei film americani. Quelle feste da confratern­ite universita­rie, dove quasi sempre ci scappa il morto. MI PIACE PENSARE che mentre i proprietar­i sono in vacanza a struggersi per i loro gattini, in realtà gli astuti felini siano sdraiati pancia all’aria, che fumino narghilè alla fragola e che abbiano messo il più giovane della compagnia all’angolo a fare da palo. Se arriva qualcuno, scatta un segnale, tutti ritornano alle proprie abitazioni, nascondono gli oggetti compromett­enti e quando sentono la chiave nella toppa fingono di dormire. La cosa che amano di più. Dopo la loro casa. Che è anche la vostra. D’accordo.

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