VIDEOCRAZIA
Il cartoon sugli orsi che diverte i papà
IL BELLO DI INVECCHIARE (qualcosa di bello c’é) è che si finisce per rivedere in sé qualcosa dei propri genitori: è meno bello realizzare che più abbiamo cercato di distaccarci da loro, più siamo condannati a diventare sempre più simili. E così, a me che è stata (per fortuna) razionata la tv da piccolo, è toccata in sorte non soltanto una rubrica di tv su 7 ma anche di ritrovarmi, come genitore, a imporre a mio figlio la stessa regola, il razionamento (Steve Jobs, inventore dell’iPad, proibiva ai figli di usarlo). La differenza è che a me dispiaceva (ne avrei guardata per ore, di tv: e ripensandoci oggi, l’offerta televisiva della seconda metà degli Anni 70 era qualcosa di noiosissimo) mentre a mio figlio non potrebbe interessare di meno. O meglio, quando verso i 18 mesi s’è reso conto che la tv trasmette quello che vuole lei, a orari prefissati, al contrario di YouTube che è sempre pronto al suo volere, si è completamente disamorato del mezzo. E così spegne la tv (con una certa brutalità, dando praticamente un cazzotto all’interruttore blu sotto lo schermo) e invoca a gran voce il suo strumento preferito: lo smartphone. Perché non è soltanto lo strumento che gli permette, per esempio, di videosalutare le nonne via FaceTime: è soprattutto il contenitore di tutti i video possibili, i colori, la vecchia fattoria, Lego Batman babysitter, eccetera (chi ha bambini piccoli sa di cosa parlo, chi non ne ha si ritenga fortunato per essersi perso ore e ore degli stessi video ripetuti senza soluzione di continuità).
UN’ECCEZIONE? GLI ORSI. L’animale preferito di mio figlio (gli piacciono anche i pesci, le tartarughe e le mucche) a volte appare sullo schermo della tv proprio quando serve (a ore pasti: guardare cartoni animati può aiutare, extrema ratio, bimbi recalcitranti alla masticazione):
Masha e Orso (Rai YoYo) ma soprattutto We Bare Bears (Boing). Ecco, We Bare Bears è secondo me una grande opera dell’ingegno umano: al punto che piace più a me di quanto piaccia a mio figlio (due anni appena compiuti). Da piccolo
amavo molto Napo Orso
Capo, il cartoon sui tre orsi che giravano su una moto invisibile tormentati da uno stolidissimo ranger (allora come adesso non comprendevo perché fossero stati doppiati con un forte accento napoletano: orsi napoletani a Yellowstone? Faceva ridere, sì, ma perché?). E ora ecco We Bare Bears, tre fratelli incomprensibilmente diversissimi (un orso polare, un grizzly, un panda) che vivono
in una caverna piena di prese di corrente per computer e smartphone e sono molto attivi sui social media (grandi appassionati di selfie, li postano in continuazione). L’orso polare tiene l’aria condizionata “a palla”, una forma di depravazione che condivido in pieno (12° Celsius la mia preferita, e comunque mettere il termostato sopra i 17° porta sfortuna) e che permette all’orsetto bianco di trasformare la sua cameretta in una specie di tomba etrusca. Giocano a basket, litigano, si rubano le password a vicenda (quella del panda è: “PANDA”), e si vogliono molto bene. Generalmente mio figlio prende l’iPhone e si fionda su YouTube e sull’elefante con le ghette (lasciamo perdere). Io, se in tv ci sono i Bare Bears, sono felice e spero che mio figlio non spenga con un gancio sinistro.