LUI SÌ, IO NO
Come si riconosce un invidioso? di Nicola Gardini
L’invidia è un tabù. Per questo è necessario capirne la natura, che non è cambiata nei secoli. Da Ovidio a Facebook, l’invidia si fonda sulla contrapposizione “lui sì, io no”. Non è desiderio di innalzarsi al livello dell’altro; è voglia rabbiosa di abbassarlo. L’invidioso attacca i meriti, l’esperienza, la competenza. Dall’odio in rete al populismo aggressivo, dalla delegittimazione degli esperti al fastidio per il successo altrui: l’invidia punta al declassamento universale
LUI SÌ, IO NO. SU QUESTO PARAGONE POGGIA
il sentimento di inferiorità che chiamiamo invidia. Se ne parla di continuo in privato o in un angolino della propria mente, ma fuori di rado la si chiama con il suo nome, perché l’invidia, in fondo, è un tabù. Chi la prova, come ricordava Plutarco in una fulminante monografia sul tema, stenta a dichiararla. Chi cade nel suo torvo mirino o non se ne accorge o finge di non accorgersene. Casomai, attribuisce al meschino che lo tormenta, magari travestito da amico, una personalità arzigogolata e contraddittoria, dunque scusabile. L’invidia è infantile, in fondo. Banalissima: lui sì, io no. Ci si ferma rigorosamente qui, alla contrapposizione più elementare. Non si arriva al “perché?”. L’invidioso vive il dolore di non possedere o essere quel che altri posseggono o sono, ma non vuole capire o accettare le cause dell’altrui ammessa superiorità.
« O Invidia nimica di vertute » , cantava Petrarca. E Giambattista Marino, il poeta dell’Adone, riecheggerà: « Virtù, quanto è maggior, tanto è più spesso / dell’invidia maligna esposta ai danni… » . Ovidio nelle Metamorfosi ha dato alla sua personificazione una casa orrenda, puzzolente di marciume, buia, gelida; pasti di carne viperea; pallore e indolenza, sguardo indiretto, dentatura guasta; espressione arcigna; insonnia.
L’INVIDIOSO – ATTENZIONE A QUESTO ASPETTO –
non prende nella benché minima considerazione i meriti e le competenze altrui. Per ostinato rifiuto della lode, è capace di spingersi al revisionismo, al negazionismo: i meriti diventano demeriti, le competenze fuffa. Non si vergogna? No, perché non si conosce, non conoscendo gli altri. È bugiardo e ingiusto, e la bugia e l’ingiustizia non gli costano nessuna fatica, perché gli manca (qualcosa, certo, gli manca) un’immagine definita di sé. Vuole deprimere chi si è elevato con il lavoro duro, con l’intelligenza, con il talento, con la libertà di scegliere per sé. Si invidia, infatti, la persona, non la cosa. Ricordate le sorelle
Le sorellastre Anastasia e Genoveffa, invidiose della bellezza di Cenerentola (scena tratta dall’omonimo film d’animazione della Walt Disney, 1950)
Per ostinato rifiuto della lode, l’invidioso è capace di spingersi al revisionismo, al negazionismo: i meriti diventano demeriti, le competenze fuffa. L’invidioso vuole deprimere chi si è elevato con il lavoro duro, con l’intelligenza, con il talento, con la libertà di scegliere per sé. Si invidia la persona, non la cosa
di Psiche nella favola di Apuleio? Per impedirle di godersi gli agi e l’amore che la sorte le ha riservato la convincono che l’invisibile amante con il quale si accoppia ogni notte è un mostro. Lei alla prima occasione accende la candela che aveva il divieto di accendere, scotta con la cera il bel dormiente, lo sveglia e si ritrova abbandonata ed errabonda nel più desolato mondo. L’amante, guarda un po’, era lo stesso dio Amore.
SI NAVIGHI UN POCHINO PER LA RETE: i nostri poveri sguardi si gratteranno su secche e secche di chiacchiere livorose. La rete, infatti, offre rotte infinite alle distorsioni e alle calunnie degli invidiosi, che, protetti da pseudonimi o dall’anonimato assoluto, si ergono a giudici infernali. Non perdonano la bellezza e la bontà dei risultati. Non vogliono vedere la verità. Hanno gli occhi, proprio come li rappresenta Dante, cuciti. Ma non si illudano, gli invidiosi, perché l’invidia è kamikaze: i loro scafi prima o poi finiscono per incagliarsi in quei bassi fondali da cui a noi, occasionali lettori delle loro falsificazioni, basta un battito di ciglia per levarci. A proposito: le sorelle di Psiche si sono buttate giù per un burrone e fino alla notte dei tempi laggiù continueranno a sfracellarsi. E Psiche il dio Amore lo ritroverà puntualmente. L’invidia non passa se quel di cui si difetta viene dato. Non è brama di innalzarsi all’altro, ma di abbassarlo. Abbassato uno, si accanirà su un altro.
In un’illustrazione del 1950 una casalinga mostra alle vicine di casa la sua nuovissima cucina di marca