Corriere della Sera - Sette

SUD DI ROMA NORD DI NAPOLI

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La costa sprecata di Massimilia­no Virgilio

PER EDIFICARE IL VILLAGGIO, SU TERRE DEMANIALI, È STATO DISTRUTTO UN PARADISO NATURALE. LA PINETA È QUASI SCOMPARSA

PLO HANNO DEFINITO il più grande agglomerat­o abusivo d’Occidente, eppure la bellezza io me la ricordo anche al Villaggio Coppola. Forse è per questo che sono tornato qui, all’ultimo piano di una delle torri di cemento che puntellano questa città di mare ridotta a carcassa, per farmi raccontare dalla mia amica Grazia la storia delle libellule rosse introdotte nel vicino ecoparco. A questi piccoli insetti appartenen­ti all’ordine degli Odonati spetta il compito di sconfigger­e le zanzare in un luogo che un tempo, prima della bonifica mussolinia­na, era una palude abitata da una flora e una fauna oggi quasi

scomparse. Soprattutt­o è scomparsa gran parte della pineta a cui si deve il nome del villaggio: Pinetamare. Al suo posto, a partire dalla fine degli anni Sessanta, sono sorti milioni di metri cubi costruiti dalla famiglia

Coppola, una cittadella in riva al mare compresa nel comune di Castel Volturno, profondo casertano. Per edificarla le ditte hanno raccolto la sabbia ovunque, dagli argini del fiume Volturno, dal mare, dalla pineta. E il paradiso fu sventrato nel silenzio.

PER ANNI PINETAMARE ha rappresent­ato il sogno di una borghesia piccola e media a cui, negli anni Settanta, l’affollato ufficio vendite della famiglia Coppola ha ceduto le migliaia di particelle catastali della loro città-stato; varie sentenze, anni dopo, giudichera­nno tutto abusivo. Il sogno è durato una decina d’anni. Su YouTube si può vedere un filmato di quegli anni volto a sponsorizz­arlo. Negozi, teatri, un porto, campi da tennis, piscine, vigilanza, strade che ancora oggi recano nomi da valle dell’Eden: viale delle Acacie, delle Ginestre, degli Ibiscum. In quel breve documentar­io si decantano l’efficienza del pronto soccorso, dove «perlopiù arrivano ragazzini con le ginocchia sbucciate», la prontezza di una squadra di vigili del fuoco intenta a evitare incendi «per sbadataggi­ne» e l’internazio­nalismo della scuola americana dovuta alla presenza della Nato. In effetti, a

QUESTA È LA TERRA DEI PARADOSSI. IL TRASPORTO PUBBLICO NON ESISTE, MA LA DEDIZIONE DI FAMIGLIE E INSEGNANTI È FUORI DAL COMUNE

Qlungo il Villaggio Coppola ha incarnato l’idea di una possibile Florida del Sud Italia. Fino al terremoto del 1980, la frattura che ha trasformat­o il sogno in incubo, quando ville e appartamen­ti furono requisiti per fronteggia­re l’emergenza abitativa e da Napoli arrivarono

orde di sfollati. A Pinetamare si racconta una storiella: scippi e rapine – attività fino a quel momento sconosciut­e – iniziarono a verificars­i dalla sera del 23 novembre 1980, cioè dal giorno del sisma, il che significa con l’arrivo dei napoletani. Probabilme­nte è solo una leggenda, però rende bene l’idea del paradiso perduto, dell’innocenza svanita di colpo. In una notte. Molti terremotat­i sono rimasti qui per anni. Da allora è stato un susseguirs­i di abbandoni, incendi, demolizion­i, furti. A degrado si è aggiunto degrado, il tutto sullo sfondo di un’estenuante disputa tra lo Stato e i Coppola. Nel frattempo la criminalit­à organizzat­a ne ha approfitta­to e il litorale Domizio è divenuto ostaggio di stupefacen­ti, mafie, prostituzi­one

africana. A Napoli e provincia intere generazion­i di maschi sono cresciuti col mito: se vuoi una donna a buon mercato, basta farsi un giro sulla Domiziana. Oggi l’ufficio vendite della famiglia Coppola è un edificio vuoto e in rovina, da cui non si sente l’eco degli antichi fasti. E quel filmato su YouTube è diventato surreale.

EPPURE LA BELLEZZA io me la ricordo anche al Villaggio Coppola. Ricordo, ben oltre la metà anni Ottanta, che i miei genitori avevano deciso di prender casa qui. Ricordo lo scoppio di gioia che provai affacciand­omi dalla finestra nel vedere il mare, i cavalloni che lambivano fin quasi l’ingresso del palazzo. I campi da tennis, la piscina, un lido attrezzato con file di ombrelloni ordinati, la sabbia dorata. Chi poteva immaginare che a venti minuti da Napoli c’era il paradiso? Poi, pochi giorni prima di versare la caparra, i miei decisero di lasciar perdere. Motivi contingent­i. Questioni di soldi, piccole abitudini a cui non volevano rinunciare, ma soprattutt­o le parole di mio nonno materno – casualment­e pure lui Coppola di cognome – che invitava a desistere: «Lasciate perdere, laggiù è come Beirut, ci vuole solo il DDT per cancellare tutto il male che ci sta…». Alla fine la spuntò lui. Questa è terra di paradossi. Nella scuola elementare dove insegna la mia amica Grazia ci sono bambini di ventidue nazionalit­à diverse, perlopiù africani e slavi, ma anche sudamerica­ni e italiani. In un certo senso aver fatto di questo luogo lo sversatoio di un’umanità marginale ha permesso alle nuove generazion­i di costituire, a loro modo, un esempio di convivenza. In passato non sono mancati fatti gravi di intolleran­za, come la famosa strage degli africani

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Palazzoni e palazzine Il Villaggio Coppola visto dal mare. A sinistra, dall’alto: il dj e rapper Socrate con un amico in quel che resta di una delle tre piscine di Pinetamare; un divano abbandonat­o vicino a un canale dei Regi Lagni
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