CRITICO ROTANTE
Granite e arancini nella culla dei Ciclopi di Alessandro Cannavò
ENTRANDO DIRETTAMENTE DALLA
STATALE 114, il Lido dei Ciclopi è come una zattera di salvezza dal traffico e dal caldo. Il mare lo scorgi subito, luccicante, dall’alto. Per raggiungerlo ci sono una serie di scalinate immerse nel verde. Lo chiamano “giardino di acclimatazione”: una rigogliosa oasi con 43 specie di 28 famiglie botaniche. La frescura delle piante, il viola delle campanelle e il suono delle cicale sono un benefico intermezzo prima di raggiungere i neri e assolati scogli. Quel giardino è già un unicum che ha (forse) salvato i Ciclopi dalla costruzione di una strada di collegamento tra i Comuni di Acitrezza e Aci Castello, a nord di Catania: il buon senso ha indotto gli amministratori ad accontentarsi di un passaggio pedonale. Un baluardo contro l’asfalto ma ora anche un vessillo di legalità, dato che il Lido era finito per un po’ in mano alla mafia. Siamo nella terra dei Malavoglia e in quella di Ulisse, i Faraglioni sulla sinistra sono le pietre scagliate dal furente Polifemo accecato dall’astuto greco. Al lato opposto del golfo, la rocca medievale di Aci Castello si erge nerissima e fiera, un tutt’uno con il promontorio lavico. Qui sono nato e cresciuto balnearmente parlando, utilizzando la cabina numero 35 che dividevamo con altre due famiglie di giornalisti; la sfilza degli spogliatoi bianchi e blu distribuiti tra piazzette e vialetti ombrosi; le lunghe passerelle in legno che si ergono miracolosamente tra i sassi lavici e permettono la discesa a mare. E quei fondali che, nonostante la pressione circostante dei natanti, in certi giorni sa ancora regalare nel blu profondo rifrazioni tra il verde e il viola. È stato il lido della borghesia catanese, negli Anni 60 c’erano le serate musicali con Paoli e la Vanoni, oggi l’ingresso a 10 euro (più 3 per ombrellone o sdraio, 5 per il lettino) lo rendono a queste latitudini ancora selettivo. Negli ampi spazi dell’elegante ristorante di un tempo ora c’è un self service ma il bar offre tutte le delizie della tavola calda e della pasticceria catanesi, le accartocciate al prosciutto e pomodoro (al Nord li chiamano panzerotti), gli arancini al ragù, le granite (ottimi il pistacchio e la mandorla; nella foto a destra) da mangiare insieme alla brioche col “tuppo” (letteralmente lo chignon). E tra questi riti del palato, si accettano tutte le conversazioni, eterne e inutili, da mare.