Manuale di conversazione
Chi è il più grande scrittore americano vivente? Ovviamente, Philip Roth
OGNI TANTO UN LETTORE MI RIMPROVERA di non fare più stroncature. Praticamente non ne ho mai fatte (se non per legittima difesa o per questioni di salute pubblica). Caso mai ho peccato in generosità, ma uno si può rimproverare (o a uno si può rimproverare) di essere generoso? Claudio Rastelli scrive: «La leggo sempre con piacere, specialmente quando stronca qualche scrittore; nella nuova versione di 7 mi sembra un filo edulcorato. Nel Manuale di
conversazione del numero 29 lei dice: “Philip Roth, il più grande scrittore americano vivente”. A suo parere! La lista dei, anche autorevoli, detrattori dello scriba ebreo è ampia quanto quella degli estimatori. Esprima sempre un parere mai un giudizio». Questa rubrica ha un regolamento in vigore da anni (più di venti). Il primo articolo prevede la supremazia di un gruppo di scrittori sugli altri. Uno di questi scrittori è, ovviamente, Philip Roth. Questo articolo di legge (e di fede) è corredato di alcuni commi. Comma 1: Chi è detrattore di Roth non è autorevole. Comma 2: Ma quale “a mio parere”! Che Philip Roth sia il più grande scrittore americano vivente è verità storica. Comma 3: se è un habitué della rubrica saprà che tutti sono scrittori, ma uno solo è Lo Scriba (rigorosamente con la maiuscola), ed è Gianni Clerici (e lo conferma appieno nel suo ultimo romanzo, Diario di un parroco del lago, che sto leggendo con imperdonabile ritardo per colpa di Federer e quindi, in un certo senso, dello stesso Clerici). STESSA SPIAGGIA STESSO MARE. Gita a uno dei 111 luoghi della Versilia e dintorni che devi proprio scoprire di Dante Matelli. Oggi andiamo a una sfilata, quella delle statue millenarie (3000 avanti Cristo) di Pontremoli. Sono ottanta e riapparvero, dopo la latitanza, nella valle del Magra a metà Ottocento. Sono maschi e femmine. I maschi all’incrocio delle gambe hanno un pugnale. Le Veneri (così le hanno chiamate) portavano collane ora perdute. I loro seni, scrive Matelli, col passare del tempo «sono diventati piccoli coni ben torniti (da coppa di champagne) coi capezzoli a chiodo».