QUASI QUASI MI FACCIO IL MAUSOLEO
Fondano scuole. Scrivono libri. Girano film. Creano festival, ristrutturano borghi. I musicisti italiani, come tutti gli artisti, desiderano rimanere nel tempo. I loro progetti? Geniali, bizzarri, benefici. C’è di tutto.
DOPO QUATTRO DECENNI trascorsi a occuparmi di artisti, sono arrivato alla conclusione che molti di loro tendono a creare un proprio mausoleo, che può essere una villa, un castello, una scuola, un evento, un libro, un film, una missione benefica... Insomma, qualcosa di speciale. Un comportamento, se vogliamo, più da politici che da artisti, i quali, grazie alle canzoni famose entrate sotto la pelle della gente, hanno già dalla loro una certa garanzia di immortalità. Ma evidentemente questo non basta. Cercano di passare alla storia in altri modi.
RENATO ZERO da decenni parla di un progetto chiamato “Fonopoli”. Non è mai stato chiaro di cosa si tratti esattamente: un punto di riferimento discografico? Un’etichetta alternativa o un centro d’accoglienza per
artisti? Nel sito ufficiale dell’associazione culturale Fonopoli si legge: «Le finalità dell’associazione sono estremamente ampie: la promozione, lo sviluppo e la salvaguardia del patrimonio artistico e culturale e, soprattutto, il recupero di una realtà dove la disgregazione sociale è drammatica, elementi dominanti che si fondono con la creazione di iniziative artistico-culturali. Dalla formazione all’orientamento alla creazione di azioni intese soprattutto al recupero del patrimonio artigianale del nostro Paese, nonché alla promozione dello sviluppo imprenditoriale in ambito artistico con l’organizzazione e allestimento di spettacoli di musica leggera, teatro, danza, letteratura e cinema. La missione di Fonopoli è impegno sociale e culturale per contribuire all’occupabilità dei giovani». Sorvolando sulla sintassi e sul neologismo
finale (dell’occupabilità), viene in mente l’Enzo Jannacci della Canzone intelligente «che spieghi un po’ di tutto e un po’ di niente».
SE IL MAUSOLEO di Zero si chiama Fonopoli, quello di Mogol si chiama Cet, acronimo di Centro Europeo di Toscolano. In una località scomoda da raggiungere sia da Roma sia da Milano, Avigliano Umbro, Mogol ha costruito un borgo che doveva essere una scuola di musica di alto livello, una fucina di artisti di successo (la definizione ufficiale è Centro di Eccellenza Universitario della Musica Popolare). In realtà oggi è anche questo, ma pure un centro di sperimentazione dove succede un po’ di tutto: dalle diete vegetariane alle terapie. Lo slogan è: «Il Cet è una scuola globale, la prima che coinvolge l’interezza della persona: mente, anima e corpo». Intorno a questo finto borgo medievale vi sono boschi e foreste dove si può praticare l’equitazione. Secondo i maligni, quando Mogol è in sede, i pasti sono vegetariani e i latticini vengono banditi (lui definisce il cappuccino «una miscela velenosa»), ma quando lui parte gli ospiti-allievi van giù di spiedini e gnocco fritto. DURANTE LE RICERCHE d’archivio per il mio libro autobiografico Troppe zeta nel cognome (Hoepli), ho scoperto che il primo a costruirsi il mausoleo è stato Albano Carrisi. Per amore, più che per autocelebrazione. Grazie a una carriera molto redditizia, è riuscito a comprare tutti i poderi che il padre e la madre avevano coltivato come mezzadri. La scelta sarebbe di Romina. Lui non amava troppo quei luoghi in cui aveva passato
la sua difficile infanzia. I genitori erano poveri e si lavorava sempre. Mentre il suo successo cresceva e Albano pensava già a un trasferimento nella campagna del Nord Italia, la sua fidanzata, alla vista degli uliveti del Salento, si espresse più o meno in questo modo: «Ma questa è la nuova California! Il posto ideale per far crescere i figli in mezzo alla natura». E così Albano si scatenò, fra viti e oliveti, costruendo decine di villette inizialmente affittate ai militari americani della base aerea di Gioia del Colle. Lo andai a trovare quando il matrimonio con Romina stava per finire e lei era al piano di sopra con i due figli più piccoli a far le valige. Si chiudeva un’epoca e un mondo. Nei mesi che seguirono la drammatica separazione, arrivò un’operazione di bonifica alla toponomastica. Via le scritte “Piazza Felicità” o “Largo Romina”, sostituite da “Piazza Don Verzè” o “Strada dell’Ulivo centenario”. Oggi nelle tenute Carrisi lavorano oltre cinquanta persone e continuano ad arrivare turisti da ogni parte d’Italia e dall’estero. Dopo il nuovo sodalizio artistico con Romina, i pellegrinaggi sono aumentati.
IL MAUSOLEO DI RENZO ARBORE si chiama Orchestra Italiana. Arbore ha appena compiuto ottant’anni. Da un quarto di secolo gira il mondo con una band di musicisti che non temono di cimentarsi con i luoghi comuni più patinati, ma anche travolgenti, del repertorio napoletano. I puristi come Mauro Pagani scuotono il capo di fronte a chitarre e mandolini e al diluvio cuore-amore-pizzaVesuvio. Ma Arbore ha avuto il coraggio e l’intelligenza di puntare sul kitsch, mettendo a frutto le sue doti di intrattenitore-domatore, creando spensieratezza.
IL CUORE DI CLAUDIO BAGLIONI
batte, o meglio batteva per O’ Scià: la fondazione omonima ha operato fra il 2003 e il 2012 con concerti sulla spiaggia di Lampedusa. Ha uno statuto che prevede attività a tutto campo, («promuove il dialogo interculturale e la conoscenza delle civiltà dei diversi Paesi dell’Europa e del mondo quali strumenti di integrazione e solidarietà tra ogni popolo, razza ed etnia per la comprensione e il superamento di ogni diversità di genere, favorendo la realizzazione di un equilibrato e funzionale rapporto tra gli uomini di ogni stato e ambiente»). L’obiettivo di O’ Scià era quello di sensibilizzare il mondo al dramma degli sbarchi clandestini, ma anche ricordare ai potenziali turisti che Lampedusa non è solo barconi e disperazione, ma pure bellezza selvaggia.
IL MAUSOLEO DI FRANCO BATTIATO
si trova a Milo, in quello che fu il borgo-castello della famiglia dei Moncada, nobili decaduti. Battiato l’ha restaurato alla perfezione e ha fatto riconsacrare la cappella del maniero dove ogni mattina un prete officiava la messa per la madre che lui adorava. Durante la mia visita, arrivammo in un’enorme sala da ballo costruita con rovere ricavato dalle botti della cantina. «E per il vino come fai?», obiettai al padrone di casa. «Lo compro al supermercato» , mi rispose sarcastico. Le danze sufi contavano per lui più di un Nero D’Avola.
ANDREA BOCELLI,
invece, ha deciso di creare nel territorio che l’ha visto nascere e crescere (Lajatico, in provincia di Pisa) un teatro in mezzo al nulla, chiamato Teatro del Silenzio. Collocato in campagna, è una sfida alla viabilità firmata dagli architetti Alberto Bartalini e Alberto Bocelli, fratello del tenore. Il Teatro del Silenzio, che apre una volta all’anno, è stato di volta in volta deserto polveroso o pantano, ma ha ospitato duetti memorabili di Bocelli con Placido Domingo, Laura Pausini, Elisa, Roberto Bolle e tanti altri. Il prossimo appuntamento con Bocelli e ospiti vari è proprio questa sera (3 agosto). Biglietti di prima fila per lo show a 454 euro. Il mausoleo più incredibile è forse la villa di Gigi D’Alessio in zona Olgiata, sulla via Cassia. La casa è quanto di più moderno, sfarzoso e hollywoodiano si possa immaginare. La piscina è talmente grande e articolata da ospitare perfino un’insolita isoletta con tanto di palma.
ALLA FINE LA SCELTA PIÙ COERENTE
sembra quella del gruppo dei Nomadi che organizzano ogni anno a Novellara, dove la band è nata e cresciuta, una festa in ricordo dello storico fondatore del gruppo Augusto Daolio: buona musica fra erbazzone, galane, stuzzichini di polenta e grasso pestato e lambrusco a fiumi. Arrivano fan da tutta Italia. Una festa pagana con ricavato sempre in beneficenza. Perché ogni anno i Nomadi hanno una missione da compiere, spesso in Africa: dal pozzo alla scuola, dall’ospedale all’asilo. Ecco un mausoleo che ci piace.
Vicino a Pisa, Bocelli ha creato il Teatro del Silenzio. Collocato in campagna, in mezzo al nulla. Apre una sola volta all’anno (nel 2017, il 3 agosto) e in passato ha ospitato duetti memorabili. Qui si sono esibiti anche Placido Domingo, Laura Pausini, Elisa e Roberto Bolle