Ho vissuto vent’anni con Harry Potter
Dal suo debutto nel 1997, la saga creata da J.K. Rowling ha ispirato un impero fatto di libri, film e merchandising. Ma soprattutto ha segnato una generazione: la mia. Vi racconto cosa ha cambiato per me, e per tanti altri.
IL 21 GIUGNO 2003
sono stata una dei cinque milioni di fan che hanno acquistato il quinto libro di Harry Potter entro le prime 24 ore dalla pubblicazione. Avevo 15 anni, l’uscita si era fatta aspettare più del previsto e decisi di comprarlo in lingua originale per non prolungare la torturante attesa dell’edizione italiana. Ero certa che sarei stata in grado di scalare senza problemi le 870 pagine in inglese, anche se il volume era alto quanto il dizionario che doveva assistermi. Ma quando ebbi in mano il tomo rosso, giallo e blu di Harry Potter and the
Order of Phoenix (futuro Harry Potter e l’Ordine della Fenice), mi ritrovai davanti a una lingua che mi pareva non avesse nulla a che fare con quella che studiavo a scuola. Drowsy, hosepipes, pinched, endear… Non si trattava solo di qualche parola, era incomprensibile la sequenza di intere frasi. La delusione fu grande. Scoprii come il mondo dei maghi era cambiato dopo il ritorno dello spietato Voldemort solo a ottobre con l’edizione
italiana. Come tutti. Lo scarso livello del mio inglese mi fece sentire molto “babbana” (=non magica). Così formulai una precisa risoluzione: entro l’uscita del sesto libro le cose sarebbero cambiate! Due anni dopo – zeppi di serie tv in inglese e ore di studio con rinnovata serietà – la missione fu compiuta: Harry Potter and the HalfBlood Prince ( Il Principe mezzosangue) fu divorato senza aspettarne la traduzione. Da allora sono passati 12 anni. Ormai con l’inglese vivo, lavoro e mi diverto tanto quanto in italiano. Soprattutto lo parlo con quello che a breve diventerà mio marito: la conoscenza della lingua internazionale si è rivelata una pozione d’amore più potente dei filtri preparati alla Scuola di Hogwarts. Così Harry
Potter ha cambiato la mia vita. E nell’estate in cui si festeggiano i vent’anni dall’uscita del primo libro, mi sono chiesta cos’altro sono stati capaci di cambiare gli incantesimi usciti dalla bacchetta di J.K. Rowling, al
di là dell’impero commerciale fatto di film, merchandising e spin-off sulla carta e sugli schermi. Specialmente in Italia, dove nel 2016 quasi il 60 per cento della popolazione non ha letto nemmeno un libro.
«HARRY POTTER HA RIPORTATO
una generazione alla lettura e creato una nuova attenzione al mondo della letteratura per ragazzi, anche se in parte erano fenomeni già in corso» spiega Barbara Schiaffino, direttrice della rivista specializzata Andersen, che promuove l’omonimo Premio. Schiaffino sottolinea come la saga abbia influenzato anche chi i libri li produce. «Gli editori si sono messi a cercare successi comparabili e hanno cavalcato il genere.
Ma Harry Potter non è un fenomeno di marketing: per appassionare in questo modo i bambini ci vuole
sostanza ». Di parere opposto è Grazia Gotti, co-fondatrice della storica Libreria per Ragazzi Giannino Stoppani di Bologna. «La serie non ha creato nuovi lettori, ha disorientato quelli che c’erano e annacquato il gusto letterario dopo un decennio di straordinaria fioritura iniziato alla fine degli anni Ottanta. Fino all’esplosione del fenomeno erano libri che non comprava nessuno, poi è iniziata la tendenza all’emulazione». In effetti negli ultimi vent’anni i dati Istat sulla lettura degli under 18 – pure la fascia di età che in Italia legge di più – non registrano movimenti particolari: sebbene in modo altalenante i numeri di chi legge almeno un’opera all’anno tendono a scendere, quelli dei lettori forti (più di 12 in 12 mesi) a salire leggermente: nel 1997 i ragazzini tra gli 11 e i 14 anni che avevano letto almeno un libro erano il 61,8%, nel 2016 il 51,1; mentre nella fascia 15-17 anni si è passati dal 56 al 47%. Viceversa i lettori forti sono cresciuti dal 10 al 14,4% nel primo gruppo e dall’8,8 al 9,5 nel secondo.
«So che non sono in molti a pensarlo, ma non credo che fra duecento anni Harry Potter sarà ancora letto» conclude Gotti. Simile è l’opinione di Concetta Bellanza, insegnante di Lettere alle medie dal 1987, attualmente alla Mameli di Milano. «Forse la magia di Harry Potter si è un po’ spenta. I miei studenti oggi non ne sono così appassionati, anche se ci sono nuove saghe molto
popolari» . La docente ricorda tuttavia che in passato l’atmosfera era diversa. «Tanti ragazzi che non avevano mai mostrato interesse per la lettura mi stupivano tornando dalla biblioteca con i libri sottobraccio: anche loro volevano far parte del club». Il “club Harry Potter” esisteva anche nella mia classe. Per un po’ io mi mantenni scettica. Poi la passione della mia amica Margot, potteriana di ferro, mi convinse. Ero in seconda media e terminai i quattro episodi già pubblicati in meno di una settimana: mi sentivo un’eroina, un po’ come la divoratrice di libri Hermione che si aggiunse ai personaggi al femminile di Bianca Pitzorno e Roald Dahl nel pantheon dei miei riferimenti letterari. Poi mi misi in attesa del quinto: vedi sopra.
OGGI LE NUOVE INIZIATIVE
abbondano, a partire dallo spettacolo teatrale con tanto di sceneggiatura venduta come ottavo libro (sì, mi è – moderatamente – piaciuto). A luglio sono stati annunciati una mostra alla British Library e due volumi in uscita per l’occasione. Ma per me Harry Potter vuol dire soprattutto continuare periodicamente a gustare quei sette titoli che brillano in due lingue sui miei scaffali. Ne parlo con conoscenti e perfetti sconosciuti e so che non sono l’unica. L’incanto vero è ancora lì.