Quella targa sporca di Deborah Compagnoni
A 18 ANNI, PER FREQUENTARE la scuola-guida, Deborah Compagnoni faceva 12 chilometri in bicicletta in discesa dal suo paese e poi altri 12 in salita per tornarci. «I genitori erano meno disponibili di oggi a scarrozzarci. Ma la patente era indispensabile, significava indipendenza», ricorda. Da allora, tra i motori e la campionessa di sci è stato grande amore, soprattutto sulla neve («Io e mio fratello ci divertivamo a fare i testa coda negli spiazzi vuoti»). Compagnoni spiega che spostarsi in auto da una gara all’altra, in Europa e non solo, le ha permesso di scoprire mondi diversi. «In America per esempio ho sperimentato la filosofia di strade grandi e macchine automatiche: qui in montagna ci adattiamo alle curve e agli ostacoli, là vanno semplicemente dritti». Qualche volta non le sono mancate le disavventure, come una gita fuori programma in una stazione di
Polizia austriaca. «Viaggiavo insieme a una compagna di squadra e ci fermarono. La nostra targa era sporca e non si leggeva, andavamo veloci, la mia collega non indossava la cintura, così ci appiopparono una mega multa. Io provai a pagarla subito, dato che poco prima avevo vinto una gara con cospicuo premio in contanti. Vedendo i soldi però, gli agenti si insospettirono ancora di più e ci portarono in commissariato». La sciatrice tiene a sottolineare che al volante la concentrazione è fondamentale. «Nella vita ho fatto un solo incidente. Ero partita alle quattro del mattino, ebbi un colpo di sonno e feci un tamponamento. Per fortuna nessuno rimase ferito, ma per me fu un segnale a prestare maggiore attenzione». Entrare in macchina per Deborah Compagnoni è sempre «un momento bello»: «Mi rilassa molto. Il mio modo di intendere gli spostamenti però è cambiato: prima erano lunghi viaggi, ora sono i ragazzi da portare a scuola, prima era uscire dal mio paesino, oggi muoversi in città».