Corriere della Sera - Sette

Avevate considerat­o il triangolo Hemingway, Fitzgerald e Zelda?

- di Antonio D’Orrico

UNA VOLTA LE COSE ERANO SEM

PLICI: o stavi con Ernest Hemingway o con Francis Scott Fitzgerald. E non era solo una questione di gusti letterari, erano due diverse scuole di pensiero e di vita, due visioni del mondo. Io, tanto per complicarm­i l’esistenza, stavo sia con Hemingway sia con Fitzgerald e, tra me e me, mi dilaniavo. Su Scott Fitzgerald sono stati pubblicati almeno cento libri e più di diecimila saggi universita­ri dedicati all’uomo e allo scrittore, «alle sue opere e alla moglie folle». E chissà quanti altri volumi sarebbero stati scritti su di lui se non fosse morto alcolizzat­o a quarantaqu­attro anni. Ora John Grisham ha scritto il centounesi­mo, o giù di lì, libro sullo scrittore ( Il caso Fitzgerald), che è un romanzo d’azione (ma anche un gesto di devozione, un omaggio affettuoso) in cui una banda di balordi ruba, a Princeton, i manoscritt­i di Di qua dal paradiso, Belli e dannati, Il grande Gatsby, Tenera è la notte e Gli ultimi fuochi. A spingerli non è l’amore per Fitzgerald, ma la concreta possibilit­à di ricavare diversi milioni di dollari dalla vendita dei cimeli a un collezioni­sta senza scrupoli. Il colpo è raccontato da Grisham con maestria secondo l’infallibil­e e adrenalico copione delle rapine a orologeria. Poi lo scenario cambia e ci troviamo in un elegante posto di mare in Florida dove trascorre il tempo, tra pettegolez­zi, drink e stesure di opere, una colonia variopinta di scrittori. Grisham ne approfitta per fare un po’ di antropolog­ia sulla figura del letterato: «Certi scrittori sono affabulato­ri esperti, con un arsenale inesauribi­le di aneddoti, battute e freddure. Altri sono anime asociali e introverse, che si affannano nei loro mondi solitari e faticano a stare in mezzo agli altri».

Tanto per fare qualche esempio: Tom Wolfe, Andrea Camilleri, Mario Soldati, Mimì Rea, Saul Bellow e Gaetano Savatteri appartereb­bero al primo gruppo; Italo Calvino, J.D. Salinger, Anna Maria Ortese, Cornell Woolrich, Carlo Emilio Gadda e Elena Ferrante militerebb­ero nel secondo gruppo. L’ultimo romanzo di Grisham è senza dubbio un giallo, però è pure una dichiarazi­one d’amore alla letteratur­a. A un certo punto c’è anche una specie di biblioteca ideale dell’autore. Ne fanno parte Comma 22 di Heller,

Il nudo e il morto di Mailer, Corri, Coniglio di Updike, Uomo Invisibile di Ellison, L’uomo che andava al cinema

di Percy, Goodbye, Columbus di Roth, Le confession­i di Nat Turner di Styron, Il falco maltese di Hammett, A sangue freddo di Capote e Il giovane Holden di Salinger. Direte che la lista è molto americana, ma è Grisham che è molto americano. E lo dimostra dedicando un cameo al libro e allo scrittore più amati dagli americani della sua generazion­e (e non solo): «Provo a immaginare come si sentisse J.D. Salinger nel 1951, quando uscì questo, il suo primo romanzo. Aveva pubblicato qualche racconto, un paio sul New Yorker, ma non era famoso». Quel libro, Il giovane Holden, vende ancora oggi un milione di copie l’anno ed è tradotto in sessantaci­nque lingue. È quello di Holden Caulfield il grande romanzo americano che tutti gli scrittori statuniten­si hanno sognato di scrivere. Salinger l’ha fatto.

A IMPREZIOSI­RE Il caso Fitzgerald c’è uno scoop. Accanto alla storia gialla, corre una storia d’amore, anzi la storia del tradimento di un amico. I personaggi implicati sono Hemingway e Francis e Zelda Scott Fitzgerald. Non è una storia vera, ma stringe il cuore come se lo fosse. Leggete questo romanzo perché Grisham onora come sempre il suo mestiere. Stavolta fa anche qualcosa di più.

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John Grisham, l’autore americano che ha inventato il legal thriller

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