SIAMOSOCIEVOLI AMIAMOI SOCIAL
Sei minuti su dieci: è il tempo che passiamo su WhatsApp e Facebook mentre siamo online con lo smartphone. Anche Instagram registra un aumento vertiginoso. Vanitosi, empatici, legati alla famiglia? Tutte queste cose, probabilmente
DOVREMMO AGGIORNARE il luogo comune: «Italiani, popolo di santi, poeti e chattatori ». Saranno i posteri a stabilire le conseguenze delle chat sulla vita nazionale. Di sicuro, ne siamo tutti vittime entusiaste.
C’È LA CHAT DI FAMIGLIA, quella con i fratelli e quella con le sorelle e i relativi compagni; quella con i cugini del versante paterno, con i cugini del lato materno e con la famiglia al completo (nonni inclusi, altrimenti si offendono); e poi quella con gli amici, con i compagni o ex compagni di scuola; e almeno tre con i colleghi. In ogni caso, guai a cliccare su “Abbandona gruppo”! Potrebbero sorgere incomprensioni, malumori e litigi.
PRIMA DI INDAGARE perché le chat online ci piacciono tanto, esaminiamo i dati. Le app più utilizzate dagli italiani su dispositivi mobili sono WhatsApp e Facebook: ci passiamo sei minuti su dieci che trascorriamo online. Lo studio è stato condotto su smartphone Android dalla società di ricerca comScore.
VA FORTISSIMO anche Instagram, con 14 milioni di utenti attivi ogni mese, contro gli 11 milioni del 2016. Stando a un’indagine dall’agenzia “Found! Story Engagement Factory” per i Macchianera Internet Awards, Instagram - diario fotografico delle nostre giornate, catalogo patinato per brand e persone - è addirittura il social più amato dagli italiani. I motivi della nostra affezione? Probabilmente l’aumento della vanità nazionale e un certo gusto dell’ostentazione, tema cui abbiamo dedicato la copertina questa settimana. Ma anche una cultura – quella italiana - più legata all’immagine che alla parola scritta.
LO SMARTPHONE, in generale, viene usato nei vari Paesi in maniera diversa. Se negli Usa e nel Regno Unito serve per accedere a contenuti d’intrattenimento, in Italia rappresenta soprattutto uno strumento per chattare e per navigare nelle piattaforme social. Chi ha sempre pensato che siamo un popolo empatico, ha ora
la prova della propria intuizione. Se la famiglia allargata all’italiana è, come molti pensano, ristorante e albergo, consultorio e ospizio, banca e assicurazione, infermeria e lavanderia, ecco: ha trovato gli strumenti per svolgere tutti questi compiti nel XXI secolo.
WHATSAPP E FACEBOOK impressionano anche dal punto di vista dei numeri assoluti. In Italia, sono 22 milioni gli utenti dell’app di messaggistica, con un aumento del 19 per cento rispetto al 2016 (lo riferisce Vincenzo Cosenza di Blogmeter). Facebook conta invece 30 milioni di italiani attivi al mese, due milioni in più dell’anno scorso - con una penetrazione del 97 per cento, se si considera che i nostri connazionali online sono circa 31 milioni (dati Audiweb).
ALCUNE CARATTERISTICHE di questo social egemone - accostabili, peraltro, alle dinamiche delle chat di gruppo di WhatsApp - contribuiscono al fenomeno. Il regista invisibile della nostra esperienza su Facebook è l’algoritmo EdgeRank. A partire dall’estate 2016, EdgeRank fa in modo che ciascuno di noi veda nel proprio News Feed (la Sezione Notizie) i post dei famigliari, degli amici e degli utenti con un pensiero vicino al proprio con maggior frequenza di altri.
IL RISULTATO? Interagiamo sempre con gli stessi gruppi di persone e il rischio è che si formino le cosiddette filter
bubbles, bolle di filtraggio, e le echo chambers, casse di risonanza: spazi online dove ogni partecipante fa eco all’altro, secondo il meccanismo del confirmation bias, il pregiudizio di conferma. «Se un’informazione è coerente con quello che mi piace, mi affeziono alle fonti che lo confermano, ci rimango dentro e mi circondo di persone che la pensano come me», spiega Walter Quattrociocchi, dal primo settembre a capo del nuovissimo Laboratory
«CHI HASEMPREPENSATO CHE SIAMO UN POPOLO EMPATICO HAORALAPROVA DELLA PROPRIA INTUIZIONE»
of Data Science and Complexity dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. UN ALTRO ASPETTO che accomuna le due applicazioni – Facebook e Whatsapp - è il fatto che sempre più persone le usano come strumento di informazione. Per quanto riguarda Facebook, la cosa è nota da tempo. Sorprendono invece i dati relativi a WhatsApp: secondo quanto rilevato dal Digital News Report 2017 del Reuters Institute, in Italia l’uso dell’app di messaggistica e delle sue chat di gruppo per la fruizione di notizie è passato in un anno dal 20 al 24 per cento.
VA RICORDATO ANCHE QUESTO: Mark Zuckerberg, fondatore e proprietario di Facebook, ha acquistato Instagram nel 2012 e WhatsApp nel 2014. La condivisione dei dati fra le tre app ha diverse conseguenze. Facebook segnala la presenza degli utenti conosciuti su Instagram, anche sotto pseudonimo; inoltre conosce il numero di cellulare di chi ha installato WhatsApp e, nonostante quanto assicurato alla Commissione UE al momento dell’acquisizione, ha collegato i propri account con quelli dell’app di messaggistica. Per questa ragione a maggio l’Antitrust UE ha inflitto a Facebook una multa da 110 milioni di euro.
MA NON SARÀ CERTO UNA MULTA, per quanto alta, a fermare la costante ascesa di Zuckerberg. Il successo sembra inarrestabile e, almeno nel nostro Paese, può essere dovuto anche alla semplicità di utilizzo delle tre app – un altro elemento che le rende popolari in ogni generazione. Solo il 47 per cento degli italiani, secondo l’Osservatorio Agenda Digitale, ha infatti competenze digitali di base, contro una media europea del 59 per cento. E l’Italia è venticinquesima sui 29 Paesi europei censiti dal Digital Economy and Society Index (Desi), l’indicatore che misura lo stato di attuazione dell’Agenda Digitale in Europa. Analfabeti digitali? Probabile. Ma di sicuro sappiamo stare in compagnia.