SCRIVETE PER NOI: SETTEBELLO
La dolce nostalgia per i nostri figli fuori sede
LE HO DATO UN BACIO SULLA GUANCIA. Le ho nascosto le mie lacrime. Mia figlia partiva alla volta di Milano. Inseguiva il suo sogno, tra i navigli e la Madonnina, lasciando la culla della Calabria. Quanta gioventù ho visto partire in trenta anni! Miei compagni di classe del liceo e, poi, tanti giovani studenti. Un leit-motiv che resiste nel tempo: la speranza in un futuro migliore, in una città che possa consentire quello slancio giusto per decidere se restare lì, ritornare o guardare oltre le Alpi, ai Paesi d’Europa e del mondo, perché l’Italia non basta più, non garantisce le eccellenze. COSÌ I NOSTRI GIOVANI partono alla ricerca dell’Ateneo giusto e si slegano dal tenero abbraccio materno per diventare adulti. Vivere “fuori sede” vuol dire assumersi le proprie responsabilità, convivere con gli altri, scegliere un percorso di studi. Di questo è fatta l’Italia di oggi: dei nostri giovani, delle nostre promesse. Un’Italia spaccata in due: un Sud affascinante per il paesaggio, lo stesso paesaggio che ne decreta la sconfitta; un Sud ricco di storia, dal clima mite, ma non più prodigo verso i suoi germogli; avaro, piuttosto che espansivo. Un Centronord avveniristico, in cui il Frecciarossa raggiunge i 300 km/h per portarti da Milano a Salerno, perché questa è l’ultima tappa di un treno italiano ad alta velocità. E alla stazione devi fare scalo e percorrere la restante parte del viaggio verso il Sud, arrancando su binari post bellici e su vagoni datati. Questo è “il bello” dell’Italia e delle sue contraddizioni non ancora compensate. Partire a diciott’anni vuol dire sradicarsi lentamente, quel tanto che basta per ambientarsi altrove, ma per non dimenticare la terra dolce-amara che ti ha nutrito. È questo il destino nascosto dentro la valigia colorata di mia figlia, identico a quello dei miei alunni, e il mio bacio si moltiplica in cento, mille baci di mamme ferme alla stazione con lacrime celate da finti sorrisi.
FORSE UN GIORNO, mia figlia tornerà alla sua terra. Spero non solo d’estate e che il suo non sia un breve nostos, un ritorno per vivere i ricordi di una fanciullezza spensierata. Ci sarà sempre lo stesso mare cristallino, rivedrà le sue colline a gradoni con le viti rosseggianti di uva matura, respirerà l’aria della libertà e della democrazia, che gli antichi Greci hanno coltivato proprio qui in Magna Grecia. E con mia figlia, ieri, oggi e domani, migliaia di giovani si volteranno indietro a salutare con la mano le mille madri in un incrocio di emozioni e di attese, di abbracci mancati per chi va e di tenerezza infinita per chi resta.