VIDEOCRAZIA
Una pioggia di burocratici omaggi per Lady D
DIGITALE TERRESTRE, pay-tv satellitare, streaming via Internet e su YouTube. Venti anni senza Lady Diana è il documentario americano (della Hbo, garanzia di qualità) su Canale5. Rai1 e la prima tv del documentario Lady D - Vita e morte di una principessa. Poi Diana tutta la verità (Nove), lo speciale di Sky con documentario sulla verità di Lady D. I filmini super 8 di famiglia della giovane Diana (National Geographic). E ancora via internet tutti i programmi commemorativi inglesi e americani e tutti gli altri, nel lutto globale per il ventesimo anniversario della scomparsa della principessa Diana, a Parigi, sotto il Pont de l’Alma. La vita di Diana è un documentario
già pronto, confezionato: infanzia e prima giovinezza nel castello di una delle famiglie più antiche del regno, il matrimonio, da poco maggiorenne, malconsigliato con il principe più vecchio di lei, erede al trono, i tradimenti, l’anoressia, gli scandali, la separazione e il divorzio, la beneficenza e le love story incasinate, la morte improvvisa inseguita dai paparazzi con l’ultimo boyfriend dell’inquieta vita degli ultimi anni, da mamma single. Il lutto globale vent’anni fa in un mondo praticamente senza Internet e senza smartphone e senza fotografia digitale era comprensibile: Diana fu la prima persona famosa a inaugurare una nuova forma di fama amplificata dai media tra gossip e politica, principessa-laboratorio di una nuova forma di celebrità allora assolutamente rivoluzionaria. Questo ventennale però – Diana sarebbe nonna di due bambini, il più grande dei quali un giorno sarà re, come presumibilmente lo sarà un giorno il suo ex marito Carlo – è stato un po’ burocratico, l’espletamento di un obbligo giornalistico. Perché? Perché le teorie cospiratorie sulla sua morte, goffe e mai provate come lo sono pressoché sempre le teorie cospiratorie, sono sicuramente meno affascinanti, per gli appassionati, di altri classici del macabro genere letterario – un incidente d’auto con autista ubriaco è materiale infinitamente meno fecondo rispetto a, per dire, il delitto Kennedy con tanto di spaventoso filmino super 8. E quello che ha reso così speciale, mediaticamente, la figura
di Diana, è stato reso obsoleto da tutto quello che è successo dopo
di lei. Il 1997, visto dalle nostre città che vivono nella paura degli attentati con le barriere di cemento a sbarrare le aree pedonali, ora ci pare un’era straordinariamente serena, il divorzio reale una cosa assolutamente normale, la figura tra nobiltà, beneficenza e moda di Diana da rivoluzionaria è ormai straordinariamente classica – il destino dei rivoluzionari veri: Elvis Presley messo al bando negli Anni 50 per oscenità è ora patrimonio globale anche dei più tradizionalisti (e nei 70 visitò Nixon, del quale era fan, alla Casa Bianca).
RICORDARE DIANA, e la sua vita da madre indipendente che ha scontato una sola scelta sbagliatissima fatta da ragazzina, è difficile ma non inutile. Un corrispondente straordinariamente bravo e scomparso tragicamente da pochi giorni, Alessio Altichieri, raccontò così il funerale della principessa sul
Corriere della Sera, ed è il modo più elegante per riparlare di lei vent’anni dopo: «…alle 12.05 (e 26 secondi) ogni uomo e donna s’alzò in piedi, e ripensò a Diana, ai sogni che aveva incarnato, allo scontro aperto fra nuovo mondo e antica monarchia. Per un eterno minuto d’immobilità, si sentì alitare il destino. E, da quel minuto, alita ancora per le vie di Londra: è questa l’eredità di Diana, principessa del Galles».