1987-2017
Per Paolo Pietroni è il segreto dei giornali di successo. Qui racconta come inventò il suo giornale e spiega perché la carta stampata – e le fotografie – saranno sempre importanti
L’ideatore del primo svela il suo principale ingrediente: l’arte di emozionare
PER PROGETTARE 7, ho optato per un metodo drammaturgico. Mi sono chiesto: chi è il vero regista? . Nel corso di una chiacchierata sul terrazzo di casa sua Paolo Pietroni, demiurgo del primo supplemento illustrato del Corriere della Sera, ci lascia di stucco. Per ideare Amica mi ero calato nei panni di una donna. Dietro Max ci stavo io. La nuova iniziativa, che Rcs accostava a un quotidiano che mi sovrastava con le parole, da subito mi suggerì una nuova maschera: il fotografo. Questo personaggio avrebbe raccontato ciò che succede con un altro mezzo e diverso vigore. Ho sempre ritenuto il lettore un animale annoiato alla ricerca di energia: il successo di un giornale dipende dalle emozioni che sa suscitare, quello che appaga la curiosità è solo passatempo. La fotografia con un punctum, ovvero che sa pungere e colpire come un proiettile il lettore ( parafrasando il concetto di Roland Barthes, ndr), le trasmette più velocemente. La fisica definirebbe il punctum una scossa elettromagnetica che sprigiona dalla foto e ci investe quando entriamo nel suo campo. Per questo mi ero ripromesso di non pubblicare mai fotografie che non l’avessero. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa Einstein pensava della fotografia .
IL RIFERIMENTO AL PALCOSCENICO è tutt’altro che casuale. Pietroni si è diplomato alla Filodrammatici di Milano dopo aver sfiorato la laurea in filosofia. Agli inizi tentenna tra giornalismo e la scena, alla fine sceglie la prima opzione senza mai abbandonare la seconda. L’ideatore del primo 7 è anche colui che ha importato in Italia la figura del photo editor. Indimenticabile il reportage sui cacciatori di miele di Eric Valli. Per questa pubblicazione, 7 fu invitato a Glasgow a proiettare tutte le copertine e spiegare la sua filosofia. Nel corso della mia carriera ho conosciuto molti fotografi e mi ha sempre stupito la loro capacità di mantenere una dimensione fanciullesca anche in tarda età. Credo che sia il forte legame con l’essere che li accomuna. Penso a Gianni Berengo Gardin o Helmut Newton che una volta mi disse: ‘Tu Pietroni sei come me: siamo due porci’. Non so cosa lo induceva a ritenere che condividessimo la stessa natura. Anch’io ho fotografato: le mie fotografie del terremoto a Gibellina sono state pubblicate su Epoca e The Times. Ho ritratto Gina Lollobrigida e il fidanzato George Kaufman sull’aereo svizzero mentre stappano una bottiglia e sgorga lo champagne. Un’immagine fortemente erotica .
LE SUE PAROLE SONO SPECULAZIONI ad alta voce che attraversano varie discipline e impegnano l’interlocutore. Gli chiediamo se si riconosce qualche errore. L’unico della mia vita è stato lasciare 7. Mi dà un’emozione ogni settimana quando esce, ancora adesso. Sarà per il ritorno del numero. È l’unica cosa rilevante che ho fatto sul piano culturale. Non me ne sono reso conto subito. Attraverso 7 ho scoperto l’amante ideale della fotografia: la poesia, che unisce immagine, musica e parole. Chiedevo commenti sui fatti di attualità ai maggiori poeti: Leonetti, Cucchi, Merini, Viviani... Oggi la fotografia è sfregiata ogni volta che Photoshop la deturpa e le toglie la sua natura di massa. È stuprata ogni volta che è scelta a supporto di un titolo bugiardo. Viviamo in un momento barocco (uso il termine nell’accezione negativa), incapace di trasmettere emozioni, dove tutto per essere comunicato è forzato. Ma finirà. E certamente si ritornerà al neoclassico. Tutto ciò che è falso e virtuale è destinato a morire. I giornali di carta sono in crisi perché sono massa stuprata. Per la legge della fisica ciò che sopravvive sono le masse. I giornali come le fotografie sono sostanza destinata a tornare .