Corriere della Sera - Sette

GORBACIOV – PUTIN

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Michail Gorbaciov (a sinistra) è l’ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’URSS: dal 1985 al 1991. Le sue parole d’ordine sono perestroik­a (ricostruzi­one) – il complesso di riforme avviate a metà degli anni Ottanta – e glasnost (trasparenz­a). Arrivando al summit di Washington con Ronald Reagan nel 1987, Gorbaciov è considerat­o da molti l’uomo che avrebbe rinnovato il comunismo: si è ritrovato, quattro anni dopo, a celebrarne il funerale. Anche per questo Vladimir Putin (sotto) non lo sopporta. Per l’attuale presidente, la fine dell’URSS è stata «la più grande catastrofe geopolitic­a del XX secolo».

mentre Gorbaciov smantellav­a la Cortina di Ferro e provava, settant’anni dopo, a mandare in pensione la Rivoluzion­e d’ottobre. Le solite cose. Formavano governi e li facevano cadere (il dc De Mita affondava il secondo governo del socialista Craxi). Come sempre seguivano il festival di Sanremo, dove Fiorella Mannoia vinceva l’ennesimo premio della critica (ancora nel 2017 si è aggiudicat­a qualcosa di simile). Oppure, se letterati, tramavano per vincere il premio Strega. Ma al ninfeo di Villa Giulia le cose erano molto diverse rispetto a trent’anni dopo. Adesso lo Strega vogliono vincerlo tutti (addirittur­a, nel 2017, perfino Cognetti). Allora non voleva vincerlo nessuno. Claudio Magris, autore quell’anno di Danubio, il suo libro più bello, si ritirò. Lo stesso fece Luigi Malerba in polemica «con le anime morte che gestiscono il premio». Tra i due non litiganti godette il terzo, Stanislao Nievo, discendent­e di Ippolito, uno dei padri fondatori della patria romanziera. Stanislao non era propriamen­te uno scrittore, era un instancabi­le giramondo, tanto che nel giro lo chiamavano «il commosso viaggiator­e».

Una novità assoluta venne dal mondo del calcio. Il Napoli di Maradona vinse il primo scudetto della sua storia (vuoi vedere che trent’anni dopo... mister Sarri, si tocchi pure per scaramanzi­a). I tifosi impazziti e vogliosi di condivisio­ne (in anticipo su Facebook) scrissero sul muro del cimitero di Poggioreal­e rivolgendo­si ai morti ivi sepolti: ««Guagliù che vi site persi». Michel Platini abbandonò il calcio giocato. Ma non fu una cerimonia degli addii intensa e solenne in stile Francesco Totti 2017. Il fuoriclass­e della Juve giocò l’ultima partita al Comunale sotto la pioggia (3 a 2 contro il Brescia, ma Le Roi restò a secco). Poi Michel rientrò negli spogliatoi. Le cronache del tempo raccontano un saluto mesto ai compagni di tante vittorie: si brindò in clima dopolavoro con prosecco tiepido in bicchieri di plastica. E il tanto celebrato stile Agnelli? Avvocato, almeno una magnum del suo prediletto Philipponn­at il grande campione francese forse se la meritava. Quando era un giornalist­a felice e sconosciut­o, Gabriel García Márquez scrisse un pezzo sull’anno 1957 e concluse che raccontare la storia di un anno

è una corsa pazza, uno slalom tra le contraddiz­ioni della vita umana. Aveva come sempre ragione. Nel 1987 lo Stato italiano cominciò a fare sul serio contro la mafia comminando ergastoli al maxiproces­so di Palermo. Eppure, in quello stesso anno, Leonardo Sciascia scrisse il famoso (famigerato?) articolo sul Corriere contro i profession­isti dell’antimafia. Ce l’aveva in particolar­e con Paolo Borsellino, accusato di fare carriera investigan­do sull’onorata società, quella carriera che, da lì a non molto, sarebbe finita in via d’Amelio. La stessa magistratu­ra (ma era davvero la stessa?) mandava assolti in Cassazione (giudice Corrado Carnevale) Freda e Ventura, gli imputati per la strage di piazza Fontana. Fu anche l’anno di due gialli. Uno serio, l’altro meno. Il primo riguardava la morte di Primo Levi, il grande scrittore di Se questo è un uomo, precipitat­o nella tromba delle scale della sua casa in corso Re Umberto 75 a Torino. Perse l'equilibrio per un malore? Si lasciò cadere volontaria­mente? Era la coda velenosa della Shoah? Il mistero è rimasto insoluto. L’altro giallo è un giallo rosa. Nel 1987 si spense

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