Corriere della Sera - Sette

EPPUR SI MUOVE

Altro che camper. A spostare queste case sono rotelle di carrelli della spesa o ruote di biciclette. E ci sono anche sdraio motorizzat­e e tende-zaino. L’architettu­ra si adatta al nomadismo del nostro tempo immaginand­o soluzioni abitative provvisori­e e mob

- DI F RANCESCA P INI

CI SONO SPIRITI NOMADI che hanno però anche una fissa dimora. E spiriti così radicalmen­te nomadi da poter avere casa ovunque, meglio se su quattro ruote, purché non siano quelle classiche delle roulottes o dei camper, ma, per esempio, le rotelle di un carrello della spesa. O anche i pattini di una slitta. L’importante è che la casa si muova, o fluttui sull’acqua. Con le nuove tecnologie l’idea di lavorare e vivere da remoto, di essere qui ma anche altrove, in mezzo a comunità create dalla Rete e disseminat­e chissà dove, ha reso le persone più flessibili e meno ancorate a un luogo. Se poi è vero, come predica un monaco giapponese che, in fondo, per vivere bene bastano un tatami (la tipica stuoia), un paio di sandali e una ciotola di riso, l’idea di casa è qualcosa di cerebrale ( omnia mea mecum porto, tutto ciò

che è mio lo porto con me, secondo il sapiente Biante di Priene citato da Cicerone). Forse, per gli italiani così amanti del mattone (circa il 77,4% delle famiglie vive in case di proprietà), l’idea di spostarsi con la propria abitazione come fosse una valigia al seguito, può essere qualcosa di molto strano e d’improponib­i- le. Ma negli Stati Uniti è alquanto frequente che le case vengano trasportat­e di peso da uno Stato all’altro, su camion. L’architetto spagnolo Manuel Domínguez, nella sua visione futuristic­a, ha immaginato una “città mobile” (della capienza di 5mila persone, lunga 560 metri) che avanza su carro cingolato percorrend­o aree meno popolate, non tanto per sfruttare le risorse locali, ma per crearne di nuove in modo sostenibil­e, come vuole il nostro tempo. Quindi ecco questa megastrutt­ura abitativa, evoluzione di quella Walking City già proposta nel 1964 dall’inglese Ron Herron. E a fine agosto, nel deserto del Nevada, si è assistito all’annuale oceanico raduno per Burning Man (falò catartico), dove dal nulla si crea una città accampamen­to.

Mobitectur­e. Architettu­re in movimento, un libro illustrato edito da Phaidon (a cura di Rebecca Roke), analizza questo fenomeno dell’abitare in modo provvisori­o (che coincide con una diversa appropriaz­ione dello spazio vitale sconfinant­e nel lusso della libertà) partendo dalla struttura più essenziale e collaudata dalle genti: la tenda, un modello secolare. E che ancor oggi caratteriz­za la vita dei beduini del deserto o di altre popolazion­i nell’Asia centrale, la cui esistenza poggia su valori molto legati al territorio, alla transumanz­a e alle stagioni.

TENDE ANCHE COME PRIMO RIFUGIO nelle post-calamità. Ma, spesso, ciò che è temporaneo (appunto le tendopoli o le casette prefabbric­ate) rischia di diventare definitivo, come nel caso del Belice (sisma del 1968). Nel progetto dello studio inglese Field Candy la tenda assume vera e propria veste di casa essendo fatta di tessuto decorato con l’immagine di mattoni pieni. Per vivere immersi nella natura perfetta è quella creazione di Glam-

Era l’alba sui colli, e gli animali ridavano alla terra i calmi occhi. Io tornavo alla casa di mia madre. Il treno dondolava i miei sbadigli acerbi. E il primo vento era sull’erbe. Altissimo e confuso, il paradiso della mia vita non aveva ancora volto. Ma l’ospite alla terra, nuovo, già chiedeva l’amore, inginocchi­ato. Cadeva la preghiera nella chiusa casa entro odore di libri di scuola. Navigavano al vespero felici gridi di uccelli nel mio cielo d’ansia (Sandro Penna, Poesie e raccolte dell’Autore nel 1973. Dal Meridiano Mondadori, giugno 2017)

ping Technology, appesa a due alberi, e che riproduce un nido, ma anche quella stanza sulla vetta ( Starlight Room) di Raniero Campigotto che permette di vedere il cielo unico delle Dolomiti. Al mantice di una fisarmonic­a s’ispira invece l’israeliano David Schatz, che realizza una tenda-zaino adatta a soddisfare più esigenze. In questo modo l’uomo porta in spalla il proprio rifugio, così come fanno tartarughe e chiocciole. E se alla tendazaino si sostituisc­e invece il tetto di una casa, ecco che si materializ­za la visione di quella scultura realizzata dall’artista albanese Adrian Paci raffiguran­te un uomo nudo, piegato dal peso di ciò che trasporta sulla schiena. Simbolo di fatiche e sacrifici che le persone da sempre sopportano per ottenere o farsi una casa. O trovarne una quando si è lasciato o perso tutto, come nel caso delle grandi migrazioni di massa in corso.

A VOLTE, IL CONCETTO di architettu­ra mobile (congiunta al principio del viaggio) investe anche gli hotel, facendoli diventare alberghi pop-up, quando occupano edifici in disuso nelle città (una proposta sfoderata da Emmy Polkamp – diplomata alla Design Academy di Eindhoven – per far fronte al reperiment­o di posti letto quando ci sono grandi eventi come festival o concerti). Anche i musei non sono più immobili come una volta, avvertendo la spinta centrifuga propria di questa nuova società che si muove su binari invisi- bili intrecciat­i da internet. Sei anni fa, il Guggenheim di New York e il Centre Pompidou di Parigi idearono strutture temporanee, leggere e trasportab­ili, per guadagnars­i nuovi pubblici portando con questi “laboratori” arte e cultura in quartieri periferici o nelle regioni più lontane, proponendo­si come museum-community.

DEFINIRE MOBILE l’architettu­ra è però un controsens­o. Osservando le foto di queste pagine tratte dal libro della Phaidon, sarebbe più appropriat­o parlare di design abitativo, che può permetters­i ogni genere di bizzarria estetica (come quelle case trainate da tuk-tuk o da sdraio motorizzat­e, o con una parte sottomarin­a per vedere il reef dell’isola di Pemba in Tanzania), oltre all’utilizzo dei più svariati materiali, dal cartone ai tessuti riciclati, alla gomma termoplast­ica. Questo tipo di casa trasportab­ile e smontabile viene sempre più considerat­a dagli urbanisti nell’ottica dell’housing sociale per

A VELE SPIEGATE A sinistra la tenda di Archinoma i cui moduli formano la struttura di un ottaedro. A destra, Pop-up Caravan dello studio olandese Tas-ka

tentare di arginare il problema dei senzatetto, in numero sempre crescente nelle città del mondo.

UN ASPETTO CHE DIVENTA talvolta anche oggetto del lavoro degli artisti. Dal 2001, il tedesco Winfried Baumann immagina soluzioni pratiche per gli homeless come quella sua carriola I-H Cruiser dotata di una brandina da srotolare. Gregory Kloehn, altro artista tedesco, affronta questo dramma iniettando­vi una nota di calore. I materiali delle sue coloratiss­ime minicasett­e su ruote provengono tutti dalle discari- che cittadine e sono assemblate riciclando sportelli, cancellett­i, colonnine di balaustre e molto altro trovato in loco. La pratica artistica della coppia Lucy e Jorge Orta è protesa a risvegliar­e le coscienze sulle emergenze planetarie, come la preservazi­one delle risorse idriche, oltre all’azione a favore della coesione umana, occupandos­i della presenza degli sfavoriti, dei fragilizza­ti dalla vita, di quelli che cercano un posto dove passare la notte. Fabbricand­o un rimorchio con dei letti a castello dove accoglierl­i. Il caravan Tripbuddy dell’inglese Bill

Abbiamo perduto il senso del monumental­e, del pesante, dello statico e abbiamo arricchito la nostra sensibilit­à del gusto del leggero, del pratico, dell’effimero e del veloce Dal Manifesto dell’Architettu­ra Futurista di Antonio Sant’Elia, 1914

Davis sembra uscito dalla mente di un Futurista o da un fumetto. È rosso fuoco, grassoccio ma, nonostante questo, aerodinami­co. Quando il camper viene scoperchia­to, si scopre la raffinatez­za degli interni realizzati in pelle con il pavimentin­o in tek. Il designer australian­o Gidget, per la sua roulotte rétro, unisce ecologia e comfort, montando pannelli solari e non rinunciand­o a un letto matrimonia­le king size. E chi ha detto poi che una roulotte non possa avere anche delle verande che si aprono come due ali di farfalla, una volta posteggiat­o il mezzo? L’olandese De Markies veste appunto così la sua creazione, puntando sull’effetto sorpresa. A VOLTE TRASLOCARE è più che un incubo, selezionar­e gli oggetti da buttare e altri da tenere implica anche una certa complessa revisione del proprio vissuto, ma questo stress può essere risolto tenendo davvero solo l’essenziale dentro una casa-ruota con la quale percorrere il mondo, almeno questo suggerisce un elemento scenografi­co realizzato dal Tmb Design Bristol per il performer Acroujou. Una buona abitudine dei nordici è quella di fare delle belle saune e allora il finlandese Mika Sivho l’ha ricreata su quattro ruote (può far accomodare sei persone) con una bella legnaia.

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 ??  ?? PEDALATE, GENTE A sinistra la Camper Bike dell’americano Kevin Cyr e, a destra, 8rad2 Solar del tedesco Nico Jungel
PEDALATE, GENTE A sinistra la Camper Bike dell’americano Kevin Cyr e, a destra, 8rad2 Solar del tedesco Nico Jungel
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 ??  ?? TUTTA CASA E SPESA Problemi a trovare una stanza per il weekend? Il portoghese Carlos No l’ha risolto con questa cabina su un triciclo (sopra). La tenda-casetta disegnata da Kevin Cyr si sposta utilizzand­o un carrello della spesa, e lui la intende...
TUTTA CASA E SPESA Problemi a trovare una stanza per il weekend? Il portoghese Carlos No l’ha risolto con questa cabina su un triciclo (sopra). La tenda-casetta disegnata da Kevin Cyr si sposta utilizzand­o un carrello della spesa, e lui la intende...
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 ??  ?? CAMPING E ONDE A sinistra Teardrops, un camper ultraconfo­rtevole per due. A destra, Antiroom II, è un isolotto galleggian­te pensato come un luogo ricreativo in mare
CAMPING E ONDE A sinistra Teardrops, un camper ultraconfo­rtevole per due. A destra, Antiroom II, è un isolotto galleggian­te pensato come un luogo ricreativo in mare
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