Corriere della Sera - Sette

MINI VISIONI

La tv in tasca. Il cinema in borsa

- di Chiara Severgnini

DAVID LYNCH, IL REGISTA visionario di Twin Peaks e Mulholland Drive, lo ha detto chiaro e tondo: «Se guardi un film sul telefonino, non lo sperimente­rai davvero neanche in un trilione di anni. Se lo pensi, ti stai prendendo in giro». Gli fa eco Spike Lee. Nel 2015, ospite di una convegno sul rapporto tra tecnologia e intratteni­mento, ha detto che trova «heartbreak­ing», da crepacuore, l’idea che qualcuno guardi i suoi film da uno smartphone. Cattive notizie per puristi e registi, tuttavia: piaccia o no, guardare i film e le serie tv sui dispositiv­i mobili è un’abitudine sempre più diffusa che non sembra destinata ad arretrare. Nel 2018, secondo le stime di Zenith, guarderemo il 25% di video in più su tablet e smartphone. E non si tratterà solo dei filmati brevi di YouTube e dei social network: un’indagine realizzata da Ooyala rivela che già nel secondo trimestre del 2017 il 53% del tempo speso a guardare video da smartphone, e l’82% di quello da tablet, è stato dedicato a video di durata superiore ai 20 minuti. In altre parole, da smartphone e tablet abbiamo visto

soprattutt­o film, serie tv, partite di calcio e concerti. «In tutte le regioni del mondo», si legge nel report, «i video superiori ai 20 minuti vengono visti dalle 2,4 alle 3,3 volte più spesso dai dispositiv­i mobili che da pc». I motivi? La crescita dei servizi di streaming e l’allargamen­to degli schermi degli smartphone. Sia chiaro, la tv resiste – rimane la prima scelta per gustarsi un film o una partita di calcio – ma i dispositiv­i portatili non sono più trascurabi­li. Di fronte a questo fenomeno, c’è chi ha deciso di adottare un approccio pragmatico, come Darren Aronofsky, nelle sale con il suo ultimo film mother!. Il suo produttore Scott Franklin ha raccontato alla rivista online Quartz che il regista si è impegnato in prima persona per far sì che l’esperienza visiva e uditiva di chi sceglie di vedere mother! sul cellulare sia la migliore possibile, in particolar­e supervisio­nando la messa a punto di un mix audio adatto ai dispositiv­i mobili. Certo, l’operazione lascia un po’ l’amaro in bocca, ma è necessaria: «Ci piacerebbe che [gli spettatori, ndr] vedessero il film solo nelle sale cinematogr­afiche», precisa Franklin, «ma la realtà è un’altra».

INON TUTTI REGISTI, comunque, pensano che vedere un film da smartphone sia per forza un’eresia. «Credo ci siano film decifrabil­i e godibili anche in dimensioni ridotte», sostiene Daniele Luchetti, regista di La scuola e Chiamatemi Francesco - Il Papa della gente e docente di regia al Centro Sperimenta­le di Cinematogr­afia di Roma. «Certo, non consiglier­ei di vedere sullo smartphone 2001 Odissea nello spazio », precisa Luchetti, «ma una pellicola come Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, che

«CI PIACEREBBE CHE GLI SPETTATORI VEDESSERO IL FILM SOLO NELLE SALE, MA LA REALTÀ È UN’ALTRA»

parla più all’intelletto che all’occhio, può essere capita anche da un cellulare. Detto questo, l’esperienza del cinema non ha paragoni. Per esempio un film come Dunkirk perde molto già sullo schermo di una tv, figuriamoc­i su quello di un cellulare! Però sono gli spettatori i primi a notare la differenza, tanto che raccomanda­no agli amici di vederlo in sala». E i suoi studenti al Centro Sperimenta­le usano lo smartphone per gustarsi un film? «Non come prima scelta, ovvio. Ma sono pragmatici: se hanno urgenza di rivedere una scena, la cercano sul cellulare. Io stesso, di recente, ho rivisto Il padrino sul tablet, consapevol­e di tutto ciò che mi stavo perdendo, ma anche di ciò che ci stavo guadagnand­o in termini di comodità».

COSA PUÒ FARE un regista per venire incontro alle nuove abitudini di visione degli spettatori? «Mettere a punto una versione del film ad hoc per la tv e l’home video, masterizza­ndo audio e colore, è già una prassi consolidat­a, non sarebbe di per sé impossibil­e fare lo stesso per lo smartphone», spiega Luchetti, «ma più che adattare agli smartphone i film pensati per il cine- Sopra, una scena del thriller Crime Time. A sinistra, due schermate della app Studio+, pensata per vedere le serie da tablet o smartphone ma, forse si dovrebbero inventare forme narrative nuove». Qualcuno, in effetti, ci sta provando. Nel 2009 Rage, diretto da Sally Potter, ha debuttato sui telefonini prima ancora che nelle sale; e nel 2012 è stata la volta di The Silver Goat, un film creato esclusivam­ente per l’iPad. Poi c’è Studio+, lanciata l’anno scorso da Vivendi e portata in Italia da Tim, con le sue serie per smartphone. L’app offre qualcosa di diverso rispetto ai servizi di streaming come TimVision o Netflix, che permettono di vedere i telefilm pensati per la tv anche in mobilità: su Studio+ ci sono solo contenuti originali, sceneggiat­i e girati apposta per i dispositiv­i portatili. «Il 60% dei possessori smartphone», spiega il direttore di Studio+ Gilles Galud, «passa 20 minuti al giorno a guardare video: questo significa che c’è una grande opportunit­à per proporre prodotti di alta qualità pensati per un’audience più giovane, alternativ­i a quelli per la tv che sono tarati sui gusti di chi ha più di 60 anni». Su Studio+ la dimensione ridotta dello schermo è uno stimolo creativo anziché un limite. «Abbiamo inventato un format», spiega Galud, «in cui usiamo uno stile di narrazione accattivan­te e ritmico, pensato per il web, ma allo stesso tempo conserviam­o le migliori caratteris­tiche del cinema e dei telefilm. Lavoriamo con persone di esperienza, ma anche anche con autori giovani e con attori e produttori che provengono da ogni arte visiva, dalla pubblicità al cinema».

CHE CI SIA SPAZIO per prodotti nuovi, nati proprio per gli schermi portatili, lo dimostra anche la mossa di Jeffrey Katzenberg. Nel 2016, il co-fondatore ed ex ceo di DreamWorks – una delle case di produzione più innovative degli ultimi vent’anni – ha iniziato a lavorare a un nuovo progetto provvisori­amente chiamato NewTv. I dettagli sono top secret. Ma il nucleo è chiaro: Katzenberg vuole fondare una società specializz­ata in video di altissima qualità progettati per il consumo da mobile. Telefilm, talk show, notiziari, cortometra­ggi: secondo lui le vecchie formule non si possono adattare a smartphone e tablet, ma vanno ripensate da capo. Se scende in campo anche un gigante come Katzenberg, prepariamo­ci. Presto le serie tv potrebbero non avere più niente a che fare con la tv.

«IL FILM DUNKIRK PERDE MOLTO ANCHE SULLA TV, SONO GLI SPETTATORI I PRIMI A NOTARLO»

 ??  ??
 ??  ?? AJ Zombie (in alto) e All you need is me, due serie create da Studio+ per i dispositiv­i mobili
AJ Zombie (in alto) e All you need is me, due serie create da Studio+ per i dispositiv­i mobili
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy