SILVIO È TORNATO, E I SUOI ELETTORI?
Il neoberlusconiano deluso non esiste. Vacilla, ma si riprende subito. Ed è sempre pronto a sfoderare alibi in difesa del capo
BERLUSCONI È TORNATO. Tre parole che per una fetta di italiani segnano l’inizio di un incubo; tre parole che per un’altra fetta suonano la sveglia da quello stesso incubo. Ma chi sono questi neoberlusconiani che, come gli orsi sull’Appennino, erano stati dati per spacciati e ora tornano, combattivi, a condizionare gli esiti elettorali? Non è facile indagare la psicologia collettiva di un gruppo tanto variopinto, che sfugge alle generalizzazioni. I neoberlusconiani sono ragazzini al primo voto e vecchi leoni da cabina; signore in tacco dodici scese a Fiuggi per rivedere il capo; silenziosi, preoccupati pensionati. Tutti delle più disparate provenienze sociali, economiche, culturali. Si può tuttavia provare ad abbozzarne un profilo, per quanto sfocato, partendo proprio dal ponte in grado di unire certe distanze altrimenti incolmabili. Lui, Silvio Berlusconi. Ineleggibile per legge, intramontabile di fatto. C’è qualcosa di straordinario nell’affetto che l’ex Cavaliere – scegliete un altro nome, se preferite – riesce a suscitare nei sostenitori. Siano essi benzinai o consulenti finanziari, letterati o nemici del congiuntivo, per tutti Berlusconi è semplicemente
Silvio, con la confidenza che si accorda a uno di famiglia. Del resto, fino dalla “discesa in campo” del 1994, Berlusconi ha lavorato intensamente sull’aspetto empatico, impersonando una sorta di Zelig della politica capace di stimolare nell’elettorato una spontanea immedesimazione. Gli antichi manifesti del presidenteoperaio con tanto di elmetto giallo in testa. La nuova foto bucolica dove, in periodo pasquale, il capo ottantenne allatta col biberon un agnellino chiamato Fiocco di neve. Il recentissimo scatto in autogrill. Berlusconi ha sempre praticato una narrazione emotiva di sé, calibrata sulle sensibilità del momento. Ridicolo? Kitsch? Prevedibile? Forse, ma efficace nel centrare l’obiettivo: sedurre un numero di elettori maggiore di quello che avrebbe conquistato attraverso una dottrina politica. E affascinarli in modo più profondo e duraturo, come la recente resurrezione dimostra. Non è un caso che, nella brochure autopromozionale intitolata Una storia italiana (correva il preistorico 2001), Berlusconi avesse confinato il programma elettorale in poche paginette in coda al volume, favorendo invece il racconto umano, personale, quasi intimo. I capitoli avevano titoli come Il carattere e le passioni e I piccoli segreti di Silvio. Ehi, ma lo sapete che il Cavaliere è un esperto di alberi e cespugli? Ama persino chiamarli
con il nome botanico in latino! E così via. È un elettore emotivamente coinvolto, il neoberlusconiano. In questo senso, è un elettore moderno, pioniere di questa strana epoca in cui sono le spinte emotive a dettare l’agenda politica: non solo in Italia, come sappiamo. Si può discutere della bontà di questo approccio; ma è innegabile che, nell’era della comunicazione, Berlusconi abbia saputo incarnare prima di altri il mutamento che, in pochi e velocissimi anni, ha sconvolto i paradigmi. Non solo della politica, ma della nostra vita. In un mondo dominato dalle dinamiche social, dove la reputazione e l’apprezzamento non dipendono più dal grado di privacy che si riesce a mantenere, bensì dall’esposizione che si è disposti a concedere, Berlusconi non ha esitato a sovrapporre il privato al pubblico. Già ventitré anni fa; e, come imprenditore immobiliare, sportivo e televisivo, anche prima di allora. In un mondo che abolisce la complessità, Berlusconi si è presentato con slogan e simboli a presa immediata, che hanno fatto dell’enfasi il principale modulo espressivo (un esempio? “L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio!”). In una società che ogni giorno ci sbatte in faccia un nemico nuovo, Berlusconi è sempre stato pronto a orientare la rabbia di un vago noi contro un preciso loro (comunisti, magistrati politicizzati, no global, giornalisti, tecnocrati e così via). E ancora: in un mondo che rifiuta la political correctness come una forma di menzogna buonista, Silvio B. non si è mai preoccupato di rispettare forme ed etichette,
esprimendosi a suon di corna, battute e barzellette. Berlusconi e i suoi sostenitori, piaccia o no, hanno saputo intuire la trasformazione sociale. Qualcuno protesta: « Ne sono stati la causa! » . Non è così: un mutamento tanto dirompente può essere intuito, forse favorito, ma non provocato. Certo, Berlusconi e i neoberlusconiani non si sono preoccupati che la trasformazione fosse positiva o meno. Si sono comportati come coloro che, di fronte a un cielo che minaccia pioggia, si limitano a prendere l’ombrello. Che senso ha discutere col cielo? Il fenomeno, sebbene ridotto nei numeri, continua. Questa è l’impressione, a pochi mesi dalle prossime elezioni politiche. Il senso di intimità che lega i neoberlusconiani al loro capitano – dargli del tu, usarne le espressioni, imitarne i vezzi – da un lato ha cementato una fedeltà capace di far dimenticare vent’anni di promesse mancate e passi falsi. Dall’altro, ha fatto sì che, a ogni nuova sconsideratezza del leader, i seguaci reagissero con indulgenza, seguita da un’alzata di spalle: « Lo conosciamo, è fatto così! » . Una frase che ricorda la strategia dei consiglieri di Donald Trump nel 2016, alla vigilia delle elezioni presidenziali. Il candidato insultava, esagerava, mentiva, parlava senza rispetto delle donne? « Let Trump be Trump » , lasciate che Trump sia Trump, rispondevano. Nessuno sarebbe riuscito a rialzarsi dopo i capitomboli – politici, giudiziari, personali, familiari – di cui Berlusconi si è reso protagonista. Nessuno, tranne lui. Perché – dicono i suoi – il Silvio è il Silvio, è fatto così! Lasciatelo stare, lui almeno è una persona vera! In qualche caso sembra quasi che i neoberlusconiani provino gusto nel vedere fin dove il loro paladino è capace di spingersi. Fagliela vedere tu, Silvio! Ai politicanti di mestiere, ai radical chic, ai sinistri che non vogliono il bene dell’Italia, fagliela vedere tu! In questo lui è fatto così! non è difficile riconoscere un noi siamo fatti così! Silvio: uno di noi! L’uomo che ci assolve dai nostri peccati (sociali, fiscali, morali). Noi. Badate bene: questo non significa che i neoberlusconiani siano come Berlusconi. Ma lo capiscono. S’immedesimano. Lo ammirano. E, soprattutto, lo giustificano. È buffo: il renziano deluso si smarca; il grillino deluso si indigna; il leghista deluso si infervora; l’alfaniano deluso… oddio,
Il neoberlusconiano deluso non esiste. Vacilla ma si riprende subito È sempre pronto a sfoderare alibi in difesa del capo
qualcuno ha mai riposto fiducia politica in Alfano? Il neoberlusconiano deluso non esiste. Vacilla, ma si riprende subito. È testardo, un Don Chisciotte incapace di scorgere ombre sul viso a lungo amato, lavorato negli anni dal chirurgo estetico. È sempre pronto a sfoderare alibi in difesa del capo. I deludenti risultati politici? L’avessero lasciato lavorare! . Evasione fiscale? Chi non s’è mai sentito vessato? . Una vita privata anomala? A casa sua ognuno è libero di fare come crede . Pose da giullare, intemperanze? Una risata non ha mai fatto male a nessuno . Le condanne?
I soliti magistrati! . E avanti così, con l’ottimismo anacronistico rivolto a un eterno 1994. O all’eroico 2001. Illusi? Ingenui? Cosa sono i neoberlusconiani? Torna in mente la storiella del bunga-bunga. Non i discutibili festini e la saga giudiziaria che ne è seguita. Restiamo alla barzelletta da cui la vicenda ha preso il nome. Ricordate? La raccontava proprio Berlusconi. Tre esploratori si perdono nella giungla e vengono catturati da una tribù ostile. Il capo-tribù offre loro una scelta: « Bunga-bunga o morte? » . Il primo risponde: « Non so cosa sia questo bunga-bunga, ma è pur sempre meglio che morire » . La folla esulta, poi lo assale e ne abusa per ore, lasciandolo privo di sensi. Il secondo, stessa sorte. Il terzo, no. Malgrado il desiderio di vivere, sente di non avere le forze per reggere le sevizie subite dai compagni, per cui sceglie la morte. « Una scelta saggia » , dice il capo-tribù alla folla ammutolita. « Che gli sia data la morte per bunga-bunga! » . (Ah ah ah) Ecco, viene da pensare che il segreto del più longevo leader politico italiano stia qui. Nel disincanto che ci ha regalato la politica italiana, dove è facile persuadersi che la scelta si riduca a questo: bunga-bunga o morte per bunga-bunga. Il primo è meglio. E allora, pensa il neoberlusconiano, che bunga bunga politico sia.
Viene da pensare che il segreto del più longevo leader politico italiano stia nel disincanto che ci ha regalato la politica italiana