Ritratto di famiglia con tempesta digitale
Francesco e Rossana 20 e 17 anni, figli dell’editorialista del Corriere Aldo Cazzullo, discutono con il padre di smartphone, internet e rapporti familiari. E si confidano con una giornalista poco più grande di loro
CATTIVA MAESTRA TELEVISIONE, recita il titolo di un saggio del filosofo Karl Popper. Dalla sua pubblicazione sono trascorsi 23 anni. Oggi l’accusa di essere una cattiva maestra ricade sulla Rete. O almeno, così la considera Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera classe 1966. I suoi figli, Francesco e Rossana (rispettivamente 20 e 17 anni), non sono d’accordo. I tre si sono confrontati sui principali temi della rivoluzione digitale, che Cazzullo senior definisce «il più grande rincoglionimento di massa nella storia dell’umanità». Ne è nato un libro, Metti via quel cellulare. Un papà. Due figli. Una rivoluzione (Mondadori).
HO INCONTRATO FRANCESCO E ROSSANA, che hanno solo qualche anno meno di me, un lunedì di ottobre a casa loro, a Roma. «Con questo libro papà ci ha fatto venire qualche dubbio...», confessano. «Anche se in famiglia quello che usa di più il cellulare è lui. Senza sarebbe perduto», puntualizza Francesco, al secondo anno di Scienze Politiche. «Gli adulti sono più ossessionati dal cellulare di noi», osserva Rossana. «Spesso lo usano per intrattenere i figli piccoli. Esattamente come un tempo i loro genitori per tenerli buoni li mettevano davanti alla Tv».
CON LA DIFFERENZA – sottolineano – che grazie allo smartphone e al web si possono svolgere attività differenti. I rischi, è vero, sono maggiori, ma non perché la Rete sia di per sé cattiva: si tratta di un mezzo, in grado di amplificare le voci. «L’anonimato online, per esempio, ha dato a molti il coraggio di esporsi: e così si è rafforzata la
comunità Lgbt», spiega Rossana. «Ma nello stesso tempo alimenta il cyberbullismo: ci si può comportare in modo crudele senza subirne le conseguenze». E infatti sui social network insulti e minacce contro chiunque abbia un’opinione diversa dalla propria sono abituali. «È da ammirare il centrocampista del Milan Riccardo Montolivo, che dopo un infortunio ha scritto su Facebook: “Una carezza a quelli che mi hanno augurato la morte”. In questo modo ha disarmato gli odiatori, li ha sconfitti», osserva Francesco. E poi c’è il tema dello strapotere di coloro che loro padre chiama i «padroni delle anime»: sono le grandi aziende hi-tech, le quali a partire dall’analisi dei dati che generiamo navigando ci mostrano prodotti di nostro gradimento e utenti simili a noi. «Secondo me la possibilità di entrare in contatto con persone che la pensano come te è una cosa positiva», dice Rossana. «Sulla Rete si formano movimenti che lottano per rovesciare regimi totalitari, che si battono per i diritti delle minoranze e per la difesa dell’ambiente. Grazie a Snapchat e a Instagram ho amici in altri continenti».
ECCO, INSTAGRAM. I ragazzi sono piuttosto critici nei confronti del social network che, in termini di popolarità tra i giovani, ha spodestato Facebook. «Instagram esalta il narcisismo e favorisce l’omologazione», sostiene Francesco. Rossana ribatte: «Beh, io ce l’ho. Ma solo perché mi piace fare e condividere foto (in cui non compaio). Certo, chi posta selfie ogni giorno e usa decine di hashtag per ottenere maggiore visibilità è un po’ ridicolo. Per quanto riguarda l’omologazione, non penso che il rischio sia così alto: i social sono frequentati da categorie di persone diversissime fra loro». I fratelli concordano sul fatto che la Rete semplifichi parecchio le loro vite, di cui fa parte a pieno titolo. «La settimana scorsa con i miei amici abbiamo organizzato un viaggio nei Paesi Bassi attraverso il web»,