Corriere della Sera - Sette

Le profession­i si trasforman­o Chi non cambia è destinato a essere cambiato

È giusto – anzi, sacrosanto – difendere i posti di lavoro. Ma è illusorio pensare che i lavori rimangano gli stessi. Guardatevi intorno: non esiste un mestiere che non si stia trasforman­do

- Www.cor riere.it/italians

GUARDATE LE VETRINE in questi giorni. Halloween è diventato una stagione estetica. Continuo a pensare che la giornata dei Defunti (oggi, 2 novembre) avesse la stessa forza esorcizzan­te – nel cremasco mangiamo biscotti chiamati “le ossa dei morti” – e un ben diverso senso familiare, morale e religioso. Comunque sia, Halloween s’è imposto. Una festa celtica, esportata negli Usa e reimportat­a in Europa. Tipico: siamo bravissimi a ricomprare quello che era già nostro.

GUARDATE I NEGOZI, dicevo. Non sono solo la prova di un cambiament­o nelle tradizioni; dimostrano quanto stiano mutando le funzioni e le profession­i. Le composizio­ni colorate – zucche e streghe, crisantemi e mostri, gerbere e fantasmi – vengono realizzate dai fioristi, pronti a occupare il nuovo mercato. Non solo spasimanti, matrimoni e funerali: anche commercian­ti e negozianti. I fioristi non sono gli unici capaci di reinventar­si: basta guardarsi intorno.

L’HO FATTO ANCH’IO, e non ho dovuto guardare lontano. Mio figlio Antonio, 25 anni, come molti giovani imprendito­ri agricoli, sta rendendo accoglient­e la campagna lombarda, utilizzand­o verde e acqua (mai visti tre quintali di lucci tuffarsi in un lago?). Mio nipote Carlo, 28 anni, dopo aver studiato in Olanda, conduce un orto comunitari­o a Rovereto (Trento), coinvolgen­do anche migranti in attesa della decisione sulla richiesta d’asilo. Ha installato anche un Hotel per Insetti ( nella foto): “Se gli forniamo un tetto, quelli ci danno in cambio i loro servizi: impollinaz­ione, predazione e parassitis­mo di insetti nocivi”. Mia nipote Eleonora, 30 anni, ha preso un negozio di frutta e verdura a Agricoltor­i e notai, ortolani e insegnanti, fruttivend­oli, e giornalist­i. Tutti devono provare a reinventar­si, con umiltà e fantasia Roma e, con il fidanzato, l’ha trasformat­o in un posto per colazioni, pranzi veloci, estratti e succhi: la coda, in certi orari, arriva nella piazza.

È GIUSTO – ANZI, SACROSANTO – difendere i posti di lavoro. Ma è illusorio pensare che i lavori rimangano gli stessi. Pensate come sono cambiati gli asili: da depositi di bambini a luoghi d’insegnamen­to, dove giovani donne (e qualche uomo) mettono entusiasmo e competenza (il mio amato Montessori l’ha sempre fatto). Pensate quanto poco, invece, sono cambiati i notai (altra profession­e di famiglia). Hanno adottato la tecnologia, certo, ma non sono riusciti a trasformar­si in affidabili consulenti patrimonia­li. Così la profession­e è appesa alla volontà del legislator­e di turno.

CHI NON CAMBIA è destinato a essere cambiato. O a scomparire.

È DIFFICILE IMMAGINARE UN MESTIERE che sia rimasto immutato. Ecco perché ho scritto su 7, due settimane fa, che noi giornalist­i dobbiamo reinventar­ci. Non vuol dire dimenticar­e le cose che sappiamo (e dobbiamo) fare: capire cos’è una notizia e un fenomeno, dar loro il giusto peso, spiegarli e raccontarl­i. Occorrono nuove abilità ( skills, in milanese moderno). Organizzar­e il lavoro, scrivere breve, scrivere lungo, scrivere in un’altra lingua, stare in video (e fare video), parlare in radio, condurre un evento, usare i social in modo profession­ale. Quindi carta e schermo, palco e redazione, studio tv e giornate di studio ( The Economist ne organizza e guadagna parecchio).

TUTTO QUESTO non ci assicura la sopravvive­nza profession­ale. Ma la rende più probabile.

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