Corriere della Sera - Sette

OUTSIDE THE BOX

È in arrivo una nuova generazion­e. Visuale e non testuale. Realista e non disfattist­a. Disposta a rinunciare in parte alla propria privacy in cambio di efficienza, servizi rapidi e comodità

- Di Beppe Severgnini

Poca privatezza, molta velocità. I neo-Futuristi debuttano in società

Pendulo luccichio di cristalli --dolci soffocamen­ti di luci prepotenti --tepide, uguali docce di fluido luminoso. Tintinni….Acciottoli­i…. Ritmi lenti dei tronchi umani…. Cachinni monchi, soffocati…. Guizzi neri di camerieri…. Tavolini. Aiole di persone…. << FIVE O’ CLOCK >> QUESTI VERSI, FIRMATI “BENUZZI”, appaiono in Poeti futuristi dadaisti e modernisti in italia, una piccola antologia pubblicata da Scheiwille­r nel 1975. Risalgono a molti anni prima. Apparvero nel 1914 sulla rivista Lacerba. L’autore è Valerio Benuzzi, un adepto di Giovanni Papini. Raccontano il mondo di cent’anni fa, ma sarete d’accordo: basta cambiare orario – non five o’clock, ma seven o’clock (non cinque, ma sette di sera) – e descrivono un aperitivo nella nuova stagione milanese. Al centro dell’autunno, al centro della città, al centro dell’Italia che cambia.

L’APERITIVO – non solo a Milano, ovviamente – è un rito collettivo. Una di quelle abitudini che sembravano morte ed è risorta. Un modo di camuffare un invito a cena, di rimandare la solitudine, di celebrare un lavoro ben fatto. Anche la redazione di 7 il venerdì esce e si ritrova, chiuso il numero. Fossi un antropolog­o o un marziano, mi mescolerei volentieri a questa folla sempre nuova. Ma sono un signore coi capelli bianchi, ed è meglio che limiti le mie incursioni. Ogni generazion­e deve poter pensare d’essere nuova: non leggere negli occhi dei più anziani che, in fondo, il mondo è una grande replica. CAMBIANO GLI ATTORI, PERÒ. E ogni nuovo gruppo, per fortuna, propone interessan­ti interpreta­zioni. Prendiamo la generazion­e dei Millennial­s, nati negli ultimi vent’anni del Novecento. Li abbiamo studiati, esaminati, disseziona­ti; gli abbiamo incollato addosso improbabil­i etichette ( Generazion­e Y); li abbiamo chiamati “nativi digitali”, quando non è vero. Chi è nato negli anni Ottanta ricorda le segreterie telefonich­e e le audiocasse­tte; a maneggiare cellulari e computer

ha imparato più avanti.

CHI VIENE DOPO? Chi sono le nuovissime leve, i primogenit­i del secolo, i debuttanti degli aperitivi? Qualcuno parla di Generazion­e H (è in uscita un saggio di Maria Rita Parsi con questo titolo, editore Piemme). “H” come “sindrome di Hikikomori”, un termine giapponese per un fenomeno mondiale: ragazzi che vivono online, staccati dalle famiglie e dalla realtà materiale. La mia impression­e è meno drammatica, ma l’intuizione è corretta. È in arrivo una generazion­e talmente nuova che, in poco tempo, farà sembrar vecchi i trentenni. Una generazion­e-arcipelago (isolata ma connessa); visuale, non testuale (Instragram non Facebook); realista, non disfattist­a; disposta a rinunciare alla privatezza in cambio della comodità e della velocità.

NON SO SE STIANO TORNANDO I FUTURISTI, un secolo dopo. Di sicuro le avanguardi­e stanno per compiere diciott’anni, e questa è la stagione del loro debutto in società.

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Fortunato Depero, Corsa ad angolo retto, da Depero Futurista, 1928

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