Corriere della Sera - Sette

STORIA DI COPERTINA

- di Stefania Chiale

Giocarsi la vita: perché?

AL GAME PARADISE NON C’È NULLA di paradisiac­o. Il Paradiso del Gioco, viale Certosa a Milano. Una porta a vetri divide il traffico da un ambiente senza finestre, a costante luce artificial­e. Potrebbero essere le 23, invece sono le 17.30. Non c’è musica, distrarreb­be i giocatori. Solo una base di sottofondo: ripetitiva, fastidiosa, ipnotica. Gli ex giocatori d’azzardo definiscon­o i suoni delle slot machine come il canto di una sirena. E le sirene, Omero insegna, sono pericolose. Blin blin, deng!, boing, dlen, puff!: monete vere e virtuali scendono, si ammucchian­o, evaporano.

LEONARDA NON SENTE QUANDO MI AVVICINO e mi rivolgo a lei. È una signora distinta, capello bianco curato, borsa firmata sulle ginocchia, non si è tolta il cappotto con collo in pelliccia, anche se è arrivata qui ore fa. È ipnotizzat­a dai suoni e dalle immagini a tre per tre che appaiono e scompaiono sulla videolotte­ry. Probabilme­nte la stessa da anni. I giocatori si

Slegano a una sala e una macchina in particolar­e, scoprirò. Ripeto la domanda, lei sbatte gli occhi, si ridesta come da un dormivegli­a: «Scusi?!». Da quanto tempo sta giocando? «Eh, da un po’». Penso che non voglia essere disturbata, invece – non staccando mai gli occhi dal video e continuand­o a battere l’indice della mano destra sul pulsante “Ripeti la puntata” – continua: «Non so, dicono che dovrei essere più positiva. Io vengo qui e perdo sempre. Abito vicino, vengo per rilassarmi ed esco che sono incavolata nera. La videolotte­ry è più emozionant­e ancora delle slot: vuoi essere più forte della macchina, invece poi la macchina ti frega». Ma Leonarda non riesce a smettere. Non dice di essere dipendente dal gioco, ma ammette con aria disillusa: «Vengo un paio di volte alla settimana. Quanto gioco? Ma, non so… 200 euro al giorno, dai». E lo dice come se fossero due euro. La sua vita da quattro anni è riempita dalle macchinett­e. Mi saluta con una promessa: «Tra poco vado via che devo andare a cucinare».

IL GIOCO D’AZZARDO È, PURTROPPO, un settore economicam­ente strategico per lo Stato. Nel 2016 gli italiani hanno giocato e scommesso 96 miliardi di euro, il record di sempre: 8% in più rispetto al 2015, 102% in più rispetto al 2008, 668% in più rispetto al 1998. I giocatori hanno recuperato, vincendo, 76,5 miliardi, e perso 19,5 miliardi (di questi, 9 miliardi vanno dritti nelle casse statali: troppo vantaggios­o per rinunciarv­i, viene da pensare). È come se ogni italiano avesse una spesa pro-capite per il gioco di 478 euro. L’azzardo premia una minoranza e fa pagare il conto alla maggioranz­a. Non solo: quando perdi, giochi ancora per recuperare i soldi. Quello che vinci, lo rigiochi per lo stesso motivo. È un circolo vizioso. GIOCA UN ITALIANO SU DUE, ALMENO UNA volta all’anno. I giocatori patologici sono 800mila, oltre 12mila quelli attualment­e in trattament­o, almeno un milione e 700mila quelli a rischio. Il gioco d’azzardo può essere un divertimen­to. Ma il rischio che diventi una patologia è drammatica­mente reale. «Il giocatore non è ancora patologico quando rinuncia al gioco per fare altro» , spiega Tiziana Corteccion­i, psichiatra e psicoterap­euta. «Lo diventa quando si distacca dalla vita reale perché completame­nte assorbito dal gioco, che diventa il suo pensiero costante. Il gioco d’azzardo patologico è un disturbo del controllo degli impulsi, e comporta, oltre alle perdite economiche, anche disagi psicologic­i nelle relazioni personali, lavorative e familiari».

MATTIA HA 22 ANNI. A 15 ANNI HA INIZIATO con le slot. «Giocavo al bar sotto casa. Cinque o 10 euro solo, perché non lavoravo». Poi è arrivata la prima vittoria: quella che ti frega, che ti fa immaginare di aver trovato un modo per guadagnare facile, raccontano tutti gli ex giocatori. «Con i primi lavori e uno stipendio vero ho pensato: “Esco di casa con 200 euro in tasca: avrò più possibilit­à di vincere”. Ma non è così. Dai 17 anni in poi ho giocato ogni giorno, anche tre, quattro volte al giorno». Quanto? «Dai 30 ai 200 euro. Prelevavo 250 euro alle 22. Un’ora e mezza dopo ne prelevavo altrettant­i. Sono riuscito a spendere 500 euro in una sola serata. Nell’ultimo periodo uno stipendio di 1.400 euro mi durava tre, quattro giorni. Entri in un meccanismo in cui sai che vai a perdere ma quando ti siedi davanti alla slot non senti più niente, neanche le ore che passano ». Riuscivi a tenere nascosta la tua dipendenza? «I miei l’hanno scoperto dopo sei anni. Avevo maschere per tutte le situazioni.

Rubavo soldi in casa, dal portafogli­o di mio padre. Vendevo in nero i prodotti che dovevo vendere sul lavoro. Ad un certo punto la bolla è scoppiata. Mia mamma nel frattempo si è ammalata di tumore, ma ha continuato ad aiutarmi. Mio papà non mi ha più parlato. Ho smesso di giocare per un periodo, poi un giorno ci sono ricascato: alle 13 ho vinto 600 euro, alle 16 avevo rigiocato tutto». In cinque anni Mattia ha perso 120mila euro. Da 11 mesi è in cura alla Casa del Giovane di Pavia, città che nel 2013 il New York Times definì «Las Vegas d’Italia». Una slot ogni 104 abitanti contro i 143 della media nazionale. Il gioco è ormai un ricordo lontano per Mattia. La paura c’è, ma la voglia non più: «Oggi ho strumenti che non avevo prima. Ho ripreso il rapporto con papà. Ero diventato un pezzo di carne vuota, era tutto annullato in me, anche la percezione del pericolo. Ero teso, aggressivo, ansioso. Non ero più una persona normale. Ogni tanto cerco di pensare a come dovesse essere la mia faccia 11 mesi fa. Non me la ricordo più».

SIMONE FEDER È COORDINATO­RE NAZIONALE del movimento No Slot e psicologo della Casa del Giovane, comunità che accoglie ragazzi e adulti con problemi di dipendenza, tra cui quella del gioco. «La maggior parte delle persone che vengono da noi era benestan-

te: aveva soldi e li ha giocati. Commercian­ti, dirigenti, giovani con una famiglia agiata alle spalle. Ovviamente c’è anche una fascia media e ci sono i pensionati ». È proporzion­ale, spiega Corteccion­i: «Più soldi hai, più rischi di investire o giocare grandi somme; ma chi ha 1.000 euro di pensione gioca quei 1.000 euro». «L’azzardo è l’eroina del terzo millennio», continua Feder. Perché tante persone ci inciampano? «Primo: l’offerta di azzardo è ovunque, dai bar alle tabaccheri­e, in tutti gli spazi d’aggregazio­ne. Secondo: sei invogliato dalla retorica, come quella del Gratta e Vinci, e dal ricordo di una vincita. Terzo: sei indotto dall’ambiente che ti circonda. Il 25% degli adolescent­i italiani ha un familiare che pratica il gioco d’azzardo. E il 58% dei giovani ne ha avuto esperienza».

IN SOLI QUATTRO ANNI DI GIOCO, ARMANDO – ex giocatore, 24 anni, pugliese, uscito dalla comunità dopo più di un anno – ha perso 150mila euro. Famiglia benestante, un nonno che per dimostrarg­li affetto lo riempie di soldi, finché un giorno il barista sotto casa lo invita a giocare alle slot: «Lo odio con tutto il cuore per questo. Ho messo 2 euro e ne ho vinti 900. A 18 anni sono passato alle videolotte­ry e mi sono rovinato: quello che vinci lo rigiochi. Andavo nelle sale ogni giorno. La motivazion­e? Stupida: fare soldi, a scapito di tutto il resto: la serenità, le relazioni. Il gioco mi ha fatto perdere ogni cosa. Oggi che ne sono fuori, non voglio farmi scappare di nuovo tutto di mano».

ANCHE LUCA, 35 ANNI, ha perso nel gioco d’azzardo 150mila euro. Una lunga e costante dipendenza, di quasi 20 anni. «Ho iniziato col Gratta e Vinci. Quando ho vinto 1.000 euro, ho iniziato a giocare tutti i giorni. Avevo 22 anni. Le slot erano nel bar in cui lavoravo: mi fermavo dopo la chiusura e giocavo. Facevo tappa anche nelle sale durante il tragitto bar-casa. Il brutto arriva quando perdi i soldi e giochi ancora per recuperarl­i. Ogni mese se ne andavano almeno 1.500 euro ». La vita si sdoppia, e inizi a mentire a chi ti sta più vicino, racconta Luca: «Finché riesci a tenere in piedi il teatrino, ti sembra che vada bene. Ti rendi di conto che stai facendo una cosa sbagliata, ma speri di risolverlo da solo, speri nella prossima vincita. Poi inizi a perdere il senno. Quand’è arrivato l’estratto conto a casa e non c’erano più soldi, l’ho dovuto dire alla mia compagna, madre delle mie due figlie. Lei mi ha aiutato per cinque anni ancora. Poi ci sono ricaduto, e mi ha lasciato. Tut-

«ERO DIVENTATO UN PEZZO DI CARNE VUOTA, ERA TUTTO ANNULLATO IN ME, ANCHE LA PERCEZIONE DEL PERICOLO»

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STAI PERDENDO HAI PERSO PERDERAI
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S C DITE FAN I AHI A LE I S FOTO D IVANA R FATTI Un business che vale il 4% del Pil nazionale. Nel 2016 gli italiani hanno giocato 96 miliardi di euro in slot, videolotte­ry, Gratta e Vinci, lotterie e scommesse: un record storico. Ma chi sono i giocatori d’azzardo patologici? E perché lo diventano?...
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Un operatore attiva le slot machine in una sala giochi di Imola. Ogni macchina per essere operativa deve contenere un capitale iniziale. In questo caso, 300 euro

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