MANO LIBERA
Il Togo è vivo e lotta con noi per la democrazia. Qualcuno lo ascolta?
«TI PREGO / ANIMA INNOCENTE, / abbassa la voce / per udire il canto del mio cuore / che gli uccelli migratori / mi hanno insegnato / nel coro della terra lontana». Felix Adado, il giovane poeta togolese di Lomè che vive da anni in Italia e ha scritto questi versi intitolati Il mio canto di grazia, si definisce in due parole: «Nero, sorridente». Non sono in tanti, nel Togo, lo Stato africano che si affaccia sul golfo del Benin ed è stretto tra lo stesso Benin e il Ghana, a essere sorridenti. Stando alla classifica del rapporto Happiest and Unhappiest Countries in the World sui Paesi più felici e più infelici del mondo, infatti, l’ex colonia portoghese, danese, tedesca e infine francese fino all’indipendenza ottenuta nel 1960, è addirittura alcent oquarantanove simo posto. Davanti al Rwanda e alla Siria, devastate dai conflitti intestini. Ma dietro perfino ad Haiti distrutta dai terremoti, dalle inondazioni, dalla corruzione, e a Stati come lo Yemen o il Sud Sudan dove infuria la guerra. «Togo, la polveriera d’Africa pronta ad esplodere»: è intitolato così, su osservatoriodiritti.it, la rivista online sempre molto attenta all’Africa e ai Paesi in via di sviluppo, un reportage di Lorenzo Bagnoli. Fatta salva la Francia (che sulla minuscola nazione africana grande solo un quarantaduesimo dell’Algeria ha forti interessi geopolitici), l’Europa e l’Italia in particolare sono distratti. Le organizzazioni umanitarie, però, martellano da anni contro il regime formalmente
Faure Gnassingbé, presidente del Togo dal 4 maggio 2005. È succeduto al padre Étienne, che era stato al potere per 38 anni. Lo scorso 5 settembre si è svolta una grande manifestazione per chiedere le sue dimissioni
democratico ma di fatto autoritario e dittatoriale dominato dalla famiglia di Gnassingbé Eyadéma. Sono cinquant’anni, esattamente dal 1967, l’anno in cui l’esercito americano tentò la fallimentare offensiva sul delta del Mekong, che papa Paolo VI pubblicò l’enciclica Populorum progressio e i Beatles lanciarono Sgt. Pepper’s, che la famiglia è al potere. Prima il padre Étienne Eyadéma Gnassingbé, un militare che aveva combattuto nella legione straniera francese in Indocina e arrivò al potere con due colpi di Stato, poi il figlio Faure Eyadéma Gnassingbé. Che a dispetto degli studi fatti alla Sorbona di Parigi e di un master in Business Administration presso la George Washington University, non ha idea di cosa sia una vera democrazia.
I RAPPORTI DI AMNESTY International non lasciano dubbi. «Le forze di sicurezza hanno nuovamente fatto uso eccessivo della forza contro i manifestanti. Sono continuati gli arresti e le detenzioni arbitrari, gli episodi di tortura e altri maltrattamenti e il clima d’impunità per le violazioni dei diritti umani. È stata adottata una legge di modifica del codice penale, che rendeva il reato di tortura non soggetto a prescrizione nell’ordinamento legislativo togolese. Altri sviluppi legislativi hanno indebolito l’indipendenza della Commissione nazionale sui diritti umani e il diritto alla libertà d’associazione ». La situazione nella capitale, Lomè, come scrive Lorenzo Bagnoli, «è tesa dalla metà di agosto. Sono stati espulsi media internazionali, messi in prigione gli oppositori politici, alcuni di loro torturati, altri uccisi». «Vediamo risorgere con angoscia il fantasma della carneficina del 2005 che ha causato almeno 500 morti, secondo un rapporto delle Nazioni Unite che ha portato milioni di giovani a lasciare il Paese», hanno denunciato in un comunicato i rappresentanti della Diaspora togolese Italia. Ma c’è qualcuno che sia davvero disposto ad ascoltare queste flebili urla dal silenzio?