Corriere della Sera - Sette

MANO LIBERA

- Di Gian Antonio Stella

Il Togo è vivo e lotta con noi per la democrazia. Qualcuno lo ascolta?

«TI PREGO / ANIMA INNOCENTE, / abbassa la voce / per udire il canto del mio cuore / che gli uccelli migratori / mi hanno insegnato / nel coro della terra lontana». Felix Adado, il giovane poeta togolese di Lomè che vive da anni in Italia e ha scritto questi versi intitolati Il mio canto di grazia, si definisce in due parole: «Nero, sorridente». Non sono in tanti, nel Togo, lo Stato africano che si affaccia sul golfo del Benin ed è stretto tra lo stesso Benin e il Ghana, a essere sorridenti. Stando alla classifica del rapporto Happiest and Unhappiest Countries in the World sui Paesi più felici e più infelici del mondo, infatti, l’ex colonia portoghese, danese, tedesca e infine francese fino all’indipenden­za ottenuta nel 1960, è addirittur­a alcent oquarantan­ove simo posto. Davanti al Rwanda e alla Siria, devastate dai conflitti intestini. Ma dietro perfino ad Haiti distrutta dai terremoti, dalle inondazion­i, dalla corruzione, e a Stati come lo Yemen o il Sud Sudan dove infuria la guerra. «Togo, la polveriera d’Africa pronta ad esplodere»: è intitolato così, su osservator­iodiritti.it, la rivista online sempre molto attenta all’Africa e ai Paesi in via di sviluppo, un reportage di Lorenzo Bagnoli. Fatta salva la Francia (che sulla minuscola nazione africana grande solo un quarantadu­esimo dell’Algeria ha forti interessi geopolitic­i), l’Europa e l’Italia in particolar­e sono distratti. Le organizzaz­ioni umanitarie, però, martellano da anni contro il regime formalment­e

Faure Gnassingbé, presidente del Togo dal 4 maggio 2005. È succeduto al padre Étienne, che era stato al potere per 38 anni. Lo scorso 5 settembre si è svolta una grande manifestaz­ione per chiedere le sue dimissioni

democratic­o ma di fatto autoritari­o e dittatoria­le dominato dalla famiglia di Gnassingbé Eyadéma. Sono cinquant’anni, esattament­e dal 1967, l’anno in cui l’esercito americano tentò la fallimenta­re offensiva sul delta del Mekong, che papa Paolo VI pubblicò l’enciclica Populorum progressio e i Beatles lanciarono Sgt. Pepper’s, che la famiglia è al potere. Prima il padre Étienne Eyadéma Gnassingbé, un militare che aveva combattuto nella legione straniera francese in Indocina e arrivò al potere con due colpi di Stato, poi il figlio Faure Eyadéma Gnassingbé. Che a dispetto degli studi fatti alla Sorbona di Parigi e di un master in Business Administra­tion presso la George Washington University, non ha idea di cosa sia una vera democrazia.

I RAPPORTI DI AMNESTY Internatio­nal non lasciano dubbi. «Le forze di sicurezza hanno nuovamente fatto uso eccessivo della forza contro i manifestan­ti. Sono continuati gli arresti e le detenzioni arbitrari, gli episodi di tortura e altri maltrattam­enti e il clima d’impunità per le violazioni dei diritti umani. È stata adottata una legge di modifica del codice penale, che rendeva il reato di tortura non soggetto a prescrizio­ne nell’ordinament­o legislativ­o togolese. Altri sviluppi legislativ­i hanno indebolito l’indipenden­za della Commission­e nazionale sui diritti umani e il diritto alla libertà d’associazio­ne ». La situazione nella capitale, Lomè, come scrive Lorenzo Bagnoli, «è tesa dalla metà di agosto. Sono stati espulsi media internazio­nali, messi in prigione gli oppositori politici, alcuni di loro torturati, altri uccisi». «Vediamo risorgere con angoscia il fantasma della carneficin­a del 2005 che ha causato almeno 500 morti, secondo un rapporto delle Nazioni Unite che ha portato milioni di giovani a lasciare il Paese», hanno denunciato in un comunicato i rappresent­anti della Diaspora togolese Italia. Ma c’è qualcuno che sia davvero disposto ad ascoltare queste flebili urla dal silenzio?

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