ECCO #ILMIOALBERO
Abbiamo chiesto ai lettori di mandarci le immagini delle loro piante del cuore. Dietro ogni scatto, una storia
I lettori hanno scelto, fotografato e raccontato le loro piante del cuore. E 7 le mette in mostra
GLI ALBERI che vegliano sulle nostre case. Quelli incontrati per caso, in vacanza o durante una passeggiata. Quelli che allietano il viaggio verso l’ufficio o colorano di verde un angolo della nostra città. Tra gli scatti che abbiamo ricevuto su Instagram (@7Corriere) e via mail per l’iniziativa #ilmioalbero ci sono piante di ogni tipo. E, dietro molte di loro, c’è una storia. Alcune dimostrano che radici e rami fanno parte integrante del romanzo di molte famiglie. Raffaella ci manda, per conto di suo fratello Marco, una palma mossa dal vento: è quella della loro casa ad Albenga, «meta di vacan- ze spensierate». Sara ha fotografato l’albero sotto al quale ha passato «meravigliosi momenti di amore» con il compagno, le figlie e il padre acquisito. Anna Rita ci mostra l’innesto dell’ulivo che cinquant’anni fa ha piantato suo padre, a cui lei ha voluto ridare vita. E sarà un caso se Manlio, nel descrivere i colori dell’acero che ha scelto di ritrarre, li definisce «novembrini come me e nostra figlia»? L’altra variabile ricorrente è il tempo. L’antico faggio che cresce nel giardino di Nando è stato «compagno di giochi per tante generazioni» . Il gelso catturato in uno scatto da Tiziana,
invece, è «testimone di un tempo passato», quello in cui veniva coltivato per sfamare i bachi da seta. Il passare degli anni, però, non sempre è indolore. Giuliana ha fotografato solo la cima del suo albero preferito, un pino marittimo abbattuto da una libecciata a Baratti: «Fa troppo male vedere il suo corpo ormai morto». Graziella è andata a cercare la magnolia che sorgeva nel giardino della cascina dove ha passato l’infanzia. È stato «un giorno triste»: la sua casa ormai non c’è più. Ma la magnolia sì, e ci auguriamo che questo le sia di consolazione. Non è una speranza poi così infondata: spesso gli alberi riescono a rassicurarci. Barbara, da bambina, si sentiva «piccola e protetta» dai rami avvolgenti che ha fotografato per 7. La pianta preferita di Zeno è sopravvissuta a un incendio: «Mi trasmette un senso di forza e di perseveranza. È la prova di quanto la natura sia meravigliosamente resilien-
te ». Simonpaci, su Instagram, ci scrive che il pioppo di cui ci ha mandato lo scatto è quello che «protegge» la sua casa. Gli alberi, punti fermi in un mondo a volte caotico, sono capaci di darci sicurezza anche quando siamo lontani. Forse è per questo che Elena, che ci scrive da Helsinki, ha scelto di fotografare quello che vede ogni mattina quando prende l’autobus per l’università. In queste pagine trovate solo una selezione degli scatti che ci avete mandato e delle storie che raccontano. Ma sul sito ( www.corriere.it/sette) abbiamo potuto dare spazio a tutti. Nell’album verde che ci avete aiutato a creare si passa da Nord a Sud, dalla campagna alla città, dal mare alla montagna. Sfogliandolo, si ha la sensazione che se ci piace così tanto fotografare gli alberi non è solo perché sono belli (fatto incontestabile), ma anche perché in qualche modo, pur essendo muti, ci sanno parlare: di noi, di ciò che eravamo, delle persone a cui vogliamo bene. E allora forse catturarli in un’istantanea è un modo per ringraziarli di tutto questo. Eccolo, il fil rouge che lega gli scatti che abbiamo ricevuto: la gratitudine.
Il tempo scorre lungo il tronco nodoso e lo squarcia in devoto silenzio. Orgogliosi, i rami gridano amore al cielo (...) (Maria Antonella D’Agostino, Il vecchio ulivo, da Non sono petali, LuoghInteriori 2014)