CHI È STATO IL PIÙ GRANDE: BORG O MCENROE?
Il film sui protagonisti della più epica finale di Wimbledon riaccende la sfida tra le doti con cui questi campioni affrontavano lo sport e la vita: la tenacia (Borg) e il genio (McEnroe). Quale vince? In queste pagine si affrontano due giornalisti del Co
Il film sui protagonisti della più epica finale di Wimbledon riaccende la sfida tra tenacia (dello svedese) e genio (dell’americano)
GAIA PICCARDI Breaking news, caro Marco. Esce Borg McEnroe. Dopo sei lustri di conoscenza, gran parte dei quali trascorsi ad accapigliarci se sia stata più leggendaria la Navratilova o la Evert, se Agassi avesse più talento di Pete Sampras, se Mikael Pernfors (mio antico debole, lo sai) abbia il diritto di appartenere al Rotary degli svedesi per cui hai sempre palpitato, il momento è arrivato. Puoi portarmi al cinema e arrenderti all’evidenza: c’era più tennis nell’alluce destro di John McEnroe (paradosso: che fosse mancino lo sanno anche le briccole della laguna) che in tutto l’algido Björn Borg. Game, set, match.
MARCO IMARISIO Gaietta mia, piuttosto game, set, Mats, nel senso di Wilander. E di tutti quelli venuti dopo l’Orso svedese. Chiaro, nessuno ha mai avuto il genio assoluto di Mac. Neppure il tuo Roger Federer, sia detto per inciso. Ma qui stiamo parlando d’altro. Piaccia o no, Björn Borg
non ha solo cambiato i fondamentali dello sport più tradizionale e conservatore. La sua è stata una vera rivoluzione, anche sociale. Con lui è cambiato il nostro modo di guardare, vivere e vestire il tennis. Borg è stato il primo tennista divo o semidio. Fossi in Nadal o Federer, terrei nel giardino una statua dell’uomo a cui devono contratti pubblicitari e conti da capogiro.
GP Mac, invece, è stato la prima popstar del tennis. Anche lui, a suo modo, ha segnato il confine tra un prima e un dopo. Gli Usa avevano trovato Connors, il maestro delle geometrie con la racchetta d’alluminio, e si erano lasciati alle spalle Arthur Ashe. Il mondo veniva da anni di dominio di Borg sull’erba di Londra e sul rosso di Parigi. E poi arriva lui. John Patrick McEnroe Jr. Buona borghesia newyorkese, simpatico
«Borg è stato il primo tennista divo o semidio. Ha cambiato i fondamentali dello sport più conservatore»
«McEnroe invece è stato la prima popstar del tennis. Anche lui ha segnato il confine tra un prima e un dopo»
come un chewing-gum nei capelli, empatico meno di Goebbels. Ma, accidenti, che tennis. Oltre che una damigiana di genio purissimo, Mac ha riversato sul campo il fuoco dei suoi lombi. Come fai a preferire la regolarità robotica di Borg alla lucida anarchia di McEnroe…?
MI Tu prova a cercare un ex bambino di fine Anni 60 che sappia giocare il rovescio a due mani. Non c’è. Prova invece a trovarne uno, oggi, che non abbia cominciato la sua vita tennistica aggrappandosi alla racchetta per riprodurre quel colpo così personale che il bimbo Borg apprese assistendo con il papà Rune alle partite di bandy, un simil hockey. Anche qui sarebbe fatica sprecata. Prima di Borg non esisteva una cosa che si chiama top spin, ovvero spingere la palla dal basso verso l’alto, darle rotazione.
Oggi tutti, ma proprio tutti, tirano così. Se questa non è una rivoluzione. Come l’Ajax e il calcio totale.
GP L’hai detto tu stesso: dopo Borg hanno cominciato a giocare tutti come lui. Capisco la portata della novità, però non posso non notare la differenza: dopo McEnroe, nessuno. Hanno buttato lo stampino, cioè, mentre nel caso dell’Orso svedese lo stampino ha prodotto cloni a ripetizione, come le borsette di Prada taroccate. La rivoluzione di Borg è stata di massa, quella di John autarchica. Dove lo trovi un altro che serve spalle alla rete, che gioca dritto e rovescio senza apertura, che riscrive le leggi della fisica con un corpo da (brutto) ranocchio e nessun talento atletico…?
MI L’epopea di Mac comincia davvero dopo la finale di Wimbledon ’80, che è il cuore del film. A prescindere dalla finzione, è stata una rivalità breve, definita da quel match. Due anni, ‘79-‘81. Ma il vero Borg finisce ancora prima. In quel 1980, forse proprio con quel match. Nello Slam seguente, Us Open, sempre contro Mac, sul 4-3 del quinto set venne derubato da una chiamata assassina del giudice arbitro, che non contento gli rifilò pure un decisivo penalty point, l’unico della sua carriera. Sfumò un possibile Grande Slam, all’epoca in Australia si giocava a dicembre. E si spensero le luci. Già nell’81 non era più lui. Si ritirò a 26 anni. A quel tempo Mac però non era un beniamino, era solo odioso. Tra i suoi lasciti non ti scordare Fognini e Kyrgios che mandano a quel paese arbitro, pubblico e avversari. Mac ha fatto entrare il tennis nell’era dell’isteri-
«Prima di Borg non esisteva una cosa che si chiama top spin, ovvero spingere la palla dal basso verso l’alto. Oggi tutti tirano così»
«Ecco: la rivoluzione di Björn è stata di massa, invece dopo McEnroe non c’è stato più nessuno come lui»
Sopra, Borg con Loredana Bertè. I due sono stati sposati dal 1989 al 1993. A fianco, a Londra nel 2012 con Patricia Ostfeldt, l’attuale moglie. A destra, Borg in ginocchio dopo la conquista dell’ultimo punto nella finale di Wimbledon nel 1980 contro lo stesso McEnroe smo e della maleducazione.
GP Argh! Tu quoque, amico mio, commetti l’impudicizia di avvicinare il nome di Mac a quello di pallidissime controfigure contemporanee: Fognini (tennista sopravvalutato) e Kyrgios (tennista senza meningi), due scellerati che non saranno mai, con tutti i suoi pregi e i difettacci (tanti, hai ragione), John. È il raggio di luce con cui, nei suoi anni di produzione fatata, Mac ha squarciato il tennis ad essere arrivato - intatto - ai posteri. È come se, in quel breve ma intenso periodo, a scuola ai ragazzini avessero insegnato il teorema di Pitagora ubriaco, il pi greco uguale 3,15, la legge di Archimede Pitagorico. Tutto sbagliato, insomma, eppure tutto meravigliosamente funzionante. Borg, nel frattempo, si era ritirato. Annoiato, forse, da se stesso.
MI Borg è l’unica vera rivoluzione vissuta da questo sport. Mac è un geniale assolo sullo spartito scritto dai padri fondatori, con gesti tecnici così personali da essere unici e non riproducibili. Il loro duello è stato classico contro moderno, un po’ come oggi è Federer contro Nadal. Lo so,
«Mac è un geniale assolo, con gesti tecnici così personali da essere unici e non ripetibili»
«Il duello con Borg è stato classico contro moderno. Come oggi è Federer contro Nadal»
oggi Mac è il vincitore assoluto. È diventato lo zio bizzarro della famiglia tennistica. Borg invece non è stato all’altezza della sua leggenda. La cocaina, i fallimenti umani e commerciali. La vendita dei suoi trofei per fare cassa. Che tristezza. Ma le scelte importanti si fanno da bambini. E se chiudo gli occhi per un attimo, la Donnay nera è ancora una spada e lui l’Eroe silenzioso. Wimbledon, sabato 5 luglio 1980, 7-6 al quinto, servizio Mac, 15-40. La più grande partita della storia. L’ultimo colpo d’ascia, un passante di rovescio. E lui che si inginocchia, in estasi, per l’ultima volta. Il mio Borg rimarrà quello. Ieri, oggi, per sempre.
GP Come discutere del sesso degli angeli: non se ne esce. E se ciascuno restasse della sua idea e andassimo al cinema?
MI Con piacere. Non sono d’accordo con la tesi del film, che i due erano facce della stessa medaglia. Ma tanto alla fine vince Borg.