Corriere della Sera - Sette

Il buon rap ti arriva sempre anche se non capisci le parole

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PAOLA ZUKAR racconta che fu nel 2005. Alla Universal Music Italia arrivò come presidente il francese Pascal Nègre, che, convocata la prima riunione e ascoltato tutti, disse: «Bene, tutto bello. Ma voi mi state dicendo che l’unica Universal nel mondo priva di artisti rap è quella italiana?». Fu a quel punto che cominciò a brillare la stella di un ragazzo pressoché sconosciut­o sul quale nessuno prima aveva osato investire. «Ah..», risposero in coro al neopreside­nte, «a dire il vero noi avevamo una cosa che forse...». Quella «cosa che forse..» si chiamava Fabri Fibra. E Paola (che oggi è la sua manager) ricorda nel libro Rap, una storia italiana l’esito di quella riunione: «Mi vennero a chiamare, andai lì con i demo e il francese ne rimase entusiasta pur non capendo una parola di italiano. Tagliò corto e ordinò: investiamo su questa cosa, subito». «CRESCENDO si tirano le somme», aveva detto il rapper in un’intervista al Corriere quando uscì Fenomeno, ad aprile. «A 40 anni se sei un artista vero devi tirare fuori le palle, i sentimenti e il malessere che hai dentro. Se lo fai, come lo fecero Jim Morrison e Kurt Cobain, la musica diventa qualcosa di potente». Ora sappiamo che lui l’ha fatto. Ha saputo trasformar­e in rap la sua poetica, nascosta «in quell’emotività che si manifesta rapida e distruttiv­a come il fulmine durante un temporale» , per usare le parole di Paola Zukar. «Se sbatti le palpebre se n’è già andato, ma lascia il segno e resta». Anche per lui ci sono stati passaggi musicali che hanno lasciato il segno e son rimasti. «Da piccolo ricordo che tutti intorno a me ascoltavan­o Michael Jackson», ci dice, «quindi lo facevo anch’io. Thriller è stato un disco che ho ascoltato molto. Poi nel 1986 è uscito il disco dei Beastie Boys, Licensed to Ill, e da quel momento ho amato il rap. Avevo dieci anni». Quella musica sarebbe stata la sua strada, anzi, di più: era una specie di percorso obbligato per quel ragazzino che sarebbe venuto su a pane e rap.

CATTIVI RAGAZZI CRESCONO

Fabri Fibra, 41 anni, è nato a Senigallia. Ha pubblicato nove album; il suo ultimo singolo è

SONO PASSATI dodici anni e molte canzoni. Fabri Fibra non è più «una cosa che forse...» e il rap italiano ha fatto molta strada anche grazie a Paola Zukar, che con la sua agenzia di produzione (la Big Picture Management) ha saputo «portarlo», per dirla con lo stesso Fabri Fibra, «dove prima non aveva accesso». Lui (Fabri), che all’anagrafe sarebbe Fabrizio Tarducci, ha da poco finito un tour dai tantissimi sold out nei club più importati d’Italia e ha appena pubblicato Fenomeno Masterchef Edition, riedizione del suo album Fenomeno più otto brani inediti fra i quali un remix e una versione estesa di Il Tempo Vola.

QUELLO ITALIANO sarebbe arrivato più avanti, però: «Io ero adolescent­e quando tutti attorno a me cominciava­no ad ascoltare rap italiano. Era la novità del momento. Ricordo che vedevo solo ragazzi pazzi per questa musica, il resto nemmeno lo considerav­o...». Oggi più di allora la vita di Fabri Fibra è fatta di rap. Di musica e parole per raccontarl­a fino in fondo.

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