Friggere olive è una palestra di rigore morale
Settebello@rcs.it.
Ogni giovedì pubblichiamo il miglior testo d’attualità inviato dai lettori A fine anno, proporrà una collaborazione all’autore dell’articolo più condiviso dalla nostra pagina Facebook A CASA MIA CUCINARE ha un solo sinonimo: friggere. Più specificatamente, friggere olive. Palestra di rigore morale ed esercizio di pazienza, la preparazione dell’oliva fritta all’ascolana segue momenti precisi, davanti ai quali non si può barare. Ogni fase è infatti determinata dalla perfetta riuscita della prima e più complessa tra tutte, lo snocciolamento. Croce e delizia dei puristi dell’oliva fritta, il passaggio del denocciolare è cruciale e segna un vero e proprio spartiacque generazionale: i più anziani continuano a farlo a elica, partendo dalla cima e procedendo a spirale, mentre i neofiti, abituati alla velocità e costretti al multitasking, sono passati al lato oscuro della tecnologia culinaria e utilizzano uno snocciolatore meccanico.
NEI MIEI ANNI da studentessa ho sempre biasimato mia madre per la scelta di dedicare un’intera sera alla pratica del “taglio a mano” ma solo perché non avevo realizzato quale fosse l’effettiva posta in gioco. L’ho capito a Milano, città nella quale viene generato il movimento di rotazione terrestre, tanto camminano velocemente, e continuamente, i suoi abitanti. Qui, la fretta non è una fastidiosa condizione da evitare quanto un simbolo di appartenenza necessario, soprattutto per i forestieri. «Scusa ma non sai che delirio in ufficio», «Palestra? Beata te che riesci ad andarci! Io non so neanche quando fare la spesa». In momenti come questi, quando la cantilena dei workaholic raggiunge l’apice penso a mia madre e alla serata spesa a denocciolare olive, a elica, con un coltello. Alla fiamma lenta, bassissima, che cuoce prima la carne di manzo, poi quella di gallina e infine quella di maiale, per ore, finché non diventano così morbide da poterle sfilettare senza difficoltà. Al gesto meccanico eppure sempre diverso che le mani compiono quando accarezzano la piccola sfera, infarinata e impanata, per rifinirne la forma. Alla cura con cui poi la si immerge nell’olio bollente, simile alla ferma delicatezza dei padri che sollevano bimbi addormentati per portarli a letto, senza svegliarli.
IL TEMPO SPESO per ogni gesto non è tempo perso, ma guadagnato. Oggi provo ad applicare questo insegnamento alla vita di ogni giorno. Percorrendo sempre lo stesso tratto di strada, mi sforzo di osservare ogni cosa con uno sguardo più attento, come mia nonna faceva esaminando le olive verdi, tutte uguali nell’enorme cesto, alla ricerca di quell’imperfezione che solo la seconda occhiata sa cogliere. Archiviando la rassegna stampa provo a non ridurre tutto allo schema del “mese, giorno, titolo” ma cerco nel gesto il suo significato, tendo alla bellezza nascosta della lama che incide la polpa, alla perfezione della sua ripetitività. come sanno perfettamente gli amanti del fritto: nella vita c’è sempre qualcosa da impanare.