MITI A FUMETTI
Tex. Onesto, fascinoso, un po’ populista
TEX WILLER, insieme a Cesare Pavese e P.G. Wodehouse, è stato una mia passione di gioventù. So che non esiste alcun rapporto tra questi personaggi. Che importa? I ragazzi non hanno bisogno di motivi: quelli li trovano gli adulti, se hanno tempo da perdere (di solito, ce l’hanno). Un americano ruvido, un piemontese morbido, un inglese eccentrico. Li vedrei bene insieme, al tramonto, mentre galoppano nel deserto di Yuma. Tex Willer non ha avuto vita facile. Periodicamente è stato assalito da critici, sociologi e semiologi che volevano spiegarlo, scomporlo, trovarvi significati reconditi. A fianco di alcune considerazioni brillanti ( Tex Willer. Analisi
Nato nel 1948 dalla matita di Gian Luigi Bonelli, Tex è stato analizzato (fin troppo) dagli intellettuali, è sopravvissuto allo tsunami digitale, viene letto da nonni e nipoti. Il direttore di 7 ci svela la sua passione giovanile per questo ruvido americano del West
semiseria del più popolare fumetto italiano, di Rudi Bargioni ed Ercole Lucotti), molte interpretazioni forzate, a metà tra la psicoanalisi e il tema in classe. Le leggesse Tex, se ne uscirebbe con una delle sue frasi memorabili: «E ora sparite, cervelloni... Altrimenti vi prendo a calci fino a trasformarvi in tappeti indiani!». Poiché agli intellettuali non piace essere presi a calci (ancor meno esser trasformati in tappeti indiani), da quel momento Tex/Aquila della Notte potrebbe starsene in pace. Capire i motivi del successo del personaggio di Gian Luigi Bonelli, in fondo, non è difficile. Basta intervistare i suoi lettori – ragazzi dagli otto agli ottantotto anni – a