MERCATO DELL’ARTE
Ora ti vendo il capolavoro
Chi tiene in pugno i collezionisti? Risposta facile: sono gli art dealers e gli art advisors. Mercanti e consiglieri, esperti e mediatori di un mercato sempre più complesso, ricco e ancora poco regolamentato. Proviamo a spiegarvi come funziona
INVISIBILI, MA NON TROPPO. Riservati, ma non troppo. Sicuramente abbottonati sui loro clienti collezionisti. Ma i volti di questi art dealers nei quali ci s’imbatte nelle più importanti vendite all’incanto e nelle fiere di settore (Art Basel, Tefaf, Armory, Frieze, Fiac…) sono invece ben noti alle case d’asta e ai galleristi. «Molti sono nostri “top clients”, acquistano per sé o su mandato, captano bene le tendenze del mercato, magari comprando a cifre contenute per poi creare opportunità per quell’artista sul quale hanno puntato», dice Cristiano De Lorenzo direttore di Christie’s Italia. La figura dell’art dealer (professione senza albo, codificata in ambito inglese nel secondo dopoguerra e che presume una specializzazione settoriale) si sta via via modificando. I professionisti di spicco non sono più semplici mercanti e intermediari che fanno passare le opere di mano in mano, ma accorpano in sé le competenze dell’art advisor, il consigliere più ascoltato dal collezionista per i suoi acquisti (spesso milionari) e che è anche in grado di ottenere dall’art dealer sconti per il pro-
prio cliente. In una realtà così fluida com’è oggi il mercato dell’arte mondiale, molto attivo anche nel web con siti tipo “artseeker” e “artvisor” (per le vendite, invece, i valori di riferimento sono tutti accessibili nelle banche dati online a pagamento, come “artprice” e “artnet”), il terreno può farsi però scivoloso. Quando improvvisati, faciloni mercanti (magari transfughi dalle compravendite immobiliari) pensano che basti vendere lecitamente un quadro, saltando invece alcune procedure connesse - tra le quali, per esempio, il “diritto di seguito”, la transazione di rivendita di opere di arte moderna e contemporanea, variabile da Paese a Paese, previsto dalla legge - la questione può farsi insidiosa. «L’arte è ancora il più grande mercato non regolamentato del mondo, però questo non esclude che i professionisti abbiano meno responsabilità», afferma Bjorn Stern, mercante londinese alla quarta generazione (bisnonna, nonna e madre erano già professionisti), con notevoli vendite nel suo curriculum (Monet, Picasso) e una visione all’antica, che premia la relazione interpersonale (il suo core business consiste nel favorire le vendite tra collezionisti e importanti istituzioni museali). Dal giugno 2017, il Regno Unito ha però leggi e regolamenti più severi in materia di anti-riciclaggio e anti-corruzione riguardo al commercio d’arte. Ogni mercante o agente che gestisce somme oltre le 10mila sterline dev’essere iscritto in un registro ufficiale come «commerciante di alto profilo per il valore delle vendite». Tanto per dissuadere i professionisti meno seri. «Questa dell’arte è una industria basata sulla conoscenza, in questa professione si deve imparare ad osservare, anziché solo a vedere. Un art dealer ha un proprio stock di opere comprate da rivendere, mentre un art advisor, non avendolo, è più imparziale, può concentrarsi di più sulla qualità del lavoro, sulla ricerca. Oggi però celebriamo e sublimiamo il denaro più dell’arte, al contrario di qualche decennio fa».
BISOGNA POI VALUTARE CON ATTENZIONE le tante piattaforme d’investimento nell’arte che si sono affacciate in internet. Improvvisamente, grazie alle nuove tecnologie, è apparsa una varietà di servizi correlati,
L’arte è un’industria basata sulla conoscenza. In questa professione si deve imparare ad osservare anziché a vedere
con siti e App che promettono di mettere in contatto acquirenti e venditori d’arte, sottoscrivendo canoni di abbonamento. «Oppure siti web che emettono una loro cripto-valuta (tipo Bitcoin) da utilizzare per acquistare centimetri quadrati di famosi dipinti che, in verità, si trovano ancora sulle pareti dei legittimi proprietari», afferma sempre Bjorn Stern. «La maggior parte di questi modelli apparentemente nuovi d’investimento in arte (e che si rifanno un po’ ai social media), ancora risentono della cointeressenza dei mercanti che li hanno creati, ed è questo il problema. Bisogna essere scettici quando si vede l’emergere di derivati d’investimento artistici, acquisizioni parcellizzate di prestiti d’arte collateralizzati, offerte di proprietà frazionate, e che sono l’equivalente di quelle che circolano anche nei classici mercati finanziari».
I MERCANTI D’ARTE CI SONO DA SEMPRE, dal tempo dei Greci, dei Romani. Nei secoli passati le corti europee avevano veri e propri agenti (tra questi anche Rubens) che compravano capolavori, specialmente in Italia. Anche gli storici dell’arte, i curatori, i critici hanno fatto e ancora fanno del commercio. Chiunque abbia il sapere sulla punta delle dita esercita un potere non solo pubblicando un quadro, ma anche collegando il potenziale venditore all’acquirente. Il grande esperto e carismatico Bernard Berenson, noto come BB (1865-1959), comprava per i collezionisti americani (nel caso della signora Gardner con una provvigione del 5%) e per i dealers inglesi. «Quello di Berenson è stato un caso esemplare. Gli storici dell’arte sono l’olio fisiologico che unge il meccanismo del mercato e, certamente, una perizia positiva o un’attribuzione possono cambiare le sorti di un dipinto, facendone lievitare il prezzo», dice l’esperto di arte antica Marco Riccomini. «Il dealer nell’accezione moderna nasce in Inghilterra, dove si sono formate figure specializzate sulla scorta dei diversi dipartimenti delle case d’asta, mentre la scuola italiana era allora quella dell’antiquario vecchia maniera, che s’intendeva un po’ di tutto». E siccome è anche il denaro che muove il mondo, ecco la differenza tra art dealer e art advisor. «Il primo può avere dei margini di guadagno molto elevati comprando e rivendendo, oppure può bloccare il quadro con un acconto in attesa di trovare il cliente. L’art advisor
Un art dealer possiede un proprio stock di opere comprate da rivendere. Mentre un art advisor, non avendolo, è più imparziale e può concentrarsi sulla qualità del lavoro, sulla ricerca
ha una visione più curatoriale, segue un collezionista nella continuità, agendo su suo mandato (e con una percentuale di guadagno stabilita dal suo mandatario, che varia dall’1 al 5% a secondo degli importi)», dice Michele Casamonti uno dei maggiori player nell’arte moderna italiana con la sua galleria Tornabuoni Art. Principio inderogabile per Johan Bosch van Rosenthal ( broker olandese di disegni antichi e art advisor) è agire con la massima trasparenza. «Il cliente deve sapere esattamente quant’è stato il realizzo. Noi ci avvaliamo di una fondazione e di un notaio, il quale versa il ricavato al venditore, scorporando la parcella della nostra consulenza». Annette Hoffmann (una lunga collaborazione con la Lisson Gallery di Londra e un proprio business nell’arte contemporanea) preferisce invece definirsi art mediator. «Mi sto dedicando all’art real estate development, progetto insieme all’artista e al cliente nuove opere d’arte pensate per l’architettura, per un luogo. Vengo dal mercato dell’antico (e mi ci sono anche rituffata), snobbato perché perdente rispetto ai risultati finanziari del contemporaneo, così le opere antiche oggi costano meno ma valgono molto molto di più» . Patricia Wengraf, inglese, milita da sempre su quel fronte, e il genere che studia e vende da decenni sono le sculture, folgorata in gioventù da una mostra sui bronzi del Giambologna. Ha comprato e rivenduto pezzi museali che ora troneggiano al Metropolitan, al Louvre, Getty, Bode, British Museum. «Ma fu gra-
zie a Sir John Pope-Hennessy, che incoraggiò il mio interesse per i bronzi, che conobbi Claudia Quentin nel 1982, per la quale formai una collezione di bronzi rinascimentali e modelli in terracotta, poi esposti alla Frick Collection di New York nel 2004. Dieci opere di questa raccolta sono state recentemente concesse in prestito al Metropolitan Museum of Art di New York, dove sono ora visibili. Nel 1998 incontrai Tom Hill e iniziai a lavorare con lui per creare la sua collezione di bronzi rinascimentali e barocchi un paio di anni dopo. L’opera più straordinaria che ho scoperto? La figura in marmo Fata Morgana scolpita dal Giambologna». Chiusa l’attività della galleria (tradizione di famiglia), Rizziero Di Sabatino si è dedicato alla clientela in privato. «Sono passato dagli artisti alle opere, la grande differenza è che un gallerista fa mercato primario e rappresenta gli artisti (i miei erano Kounellis, Zorio, Ontani..), mentre il dealer fa mercato secondario. Spesso per la galleria Zwirner ricerco opere storiche sul mercato italiano, come nel caso di Franz West». Forte delle sue relazioni costruite in anni di giornalismo attivo nel mercato dell’arte, Milo Goj, background bocconiano, famiglia nell’arte, ha optato per operare in proprio, dapprima realizzando progetti di comunicazione e di marketing legati all’arte. Per poi arrivare a vendere opere. «A un’asta di Sotheby’s di un anno fa, il secondo miglior risultato è stato un Fontana blu, due tagli ( Attese) aggiudicato a quasi un milione, portato da me e appartenuto a un imprenditore genovese».
Storici dell’arte, curatori e critici fanno commercio d’arte. Il loro potere si esercita non solo pubblicando un quadro, ma anche collegando il potenziale venditore all’acquirente